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Guidonia, arsenali e appalti “sporchi”

Guidonia, arsenali e appalti “sporchi”

10 OTTOBRE 2017

di Federica Angeli

A Guidonia, negli anni, è stata una corsa tra camorra e ‘ndrangheta. I tentacoli dei clan hanno piantato radici nell’edilizia e nella conquista degli appalti. Nello spaccio, a sporcarsi le mani, sono le mafie straniere, albanesi soprattutto, sempre in affari però con le ‘ndrine che da tempo in quella cittadina ventidue chilometri a nord est di Roma hanno destinato parte dei loro soldi sporchi. L’ultima relazione annuale della procura di Tivoli racconta che “la diffusa e feroce criminalità del territorio emerge anche dai plurimi delitti in materia di armi, con sequestro di armi clandestine e da guerra”. Arsenali.

Armi – scrive il procuratore capo Francesco Menditto – spesso utilizzate per commettere rapine, come già segnalato in precedenza.. Va sottolineata la presenza e disponibilità sul territorio di veri e propri depositi clandestini a disposizione della criminalità più varia per il compimento di successivi gravi illeciti”.

Sono stati 90 nel 2016 i procedimenti aperti per possesso e porto illegale di armi. Gli arsenali ritrovati, i cui custodi erano per lo più albanesi, non hanno permesso di risalire al vero “proprietario” ma è un fatto che una delle organizzazioni del territorio, racconta sempre la relazione annuale della procura, era “capeggiata da un pregiudicato di origine siciliana, che si avvaleva di cittadini rumeni e albanesi per compiere i vari reati scopo, e che poteva contare sulla “collaborazione” di due carabinieri. È stato accertato il collegamento con un pregiudicato siciliano e con ambienti criminali ben più qualificati”. Anche Cosa Nostra, quindi.

Un’inchiesta che ha mostrato la fotografia di una Guidonia terra-satellite per le organizzazioni di stampo mafioso è stata battezzata “Babylonia”. E’ stata la Direzione distrettuale antimafia a di Roma, coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, a portarla a dama, smantellando due diversi clan romani i cui affari si sono spinti fino a quell’angolo di 90 mila anime alle porte della Capitale.

Il particolare dalle indagini è emerso, appunto, il canale di riciclaggio che a Guidonia si è aperto e consolidato. Gaetano Vitagliano, narcotrafficante internazionale, ha immesso diversi milioni di euro di provenienza illecita, giustificandoli come “finanziamento soci”, in una società di un imprenditore romano ritenuto appartenente al sodalizio, per la realizzazione di un’imponente opera edilizia a Guidonia Montecelio. L’imprenditore, dopo aver realizzato il progetto immobiliare, ha poi riconosciuto a Vitagliano, contiguo al clan camorrista degli “scissioninisti” Amato-Pagano la titolarità di decine di appartamenti tra i 200 edificati. Alcuni di questi sono stati anche utilizzati come corrispettivo “in nero” nella compravendita delle attività commerciali rilevate dal gruppo filo-camorrista.

Il “mondo di sopra” naturalmente non poteva non essere contaminato dall’invasione della mala. Così in aprile i finanzieri del comando provinciale di Roma, con “l’operazione Ragnatela” hanno arrestato 15 persone. Si tratta di dirigenti e amministratori comunali, imprenditori e professionisti ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata a corruzione, peculato e falso.

Nell’ordinanza emessa dal giudice delle indagini preliminari, la rete di corruzione è stata definita come “una mafia bianca” che “ha espugnato le istituzioni ergendosi a soggetto regolatore della vita pubblica ed economica di uno dei più importanti comuni della regione Lazio”. Gli accertamenti effettuati hanno permesso di scoprire come alcuni dirigenti e funzionari comunali, ora indagati, avrebbero praticato affidamenti diretti di opere inferiori al valore di legge a imprenditori compiacenti, e pilotando le varie gare d’appalto ponendo motivazioni “d’urgenza”.

«Un’organizzazione criminale – si legge nell’ordinanza – si è insediata all’interno del Comune di Guidonia Montecelio e, profittando della copertura offerta da ruoli amministrativi e politici di rilievo, ha depredato le risorse pubbliche e la fiducia dei cittadini, in un clima di connivenza e di omertà che ha offerto protezione ed impunità per anni ai partecipi del gruppo».

L’ultima operazione che porta a Guidonia è appena di una settimana fa e coinvolge i boss Rinzivillo, “famiglia” di Cosa Nostra di Gela. Un imprenditore nel ramo ortofrutticolo faceva pesare la sua ostentata amicizia con i boss nei suoi rapporti al Car (Centro agroalimentare romano) della città Guidonia. Il clan cercava di penetrare nel mercato imponendo forniture e prezzi.

 

Fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/