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Si parla solamente ed esclusivamente di mafia “militare”, quasi mai di quelle “politica ed “economica” e non si denuncia. Nomi e cognomi e fatti specifici

DI MAFIE SI PUO’ E SI DEVE PARLARE SOLAMENTE IN TERMINI “CRIMINALI” MA QUANDO SI PASSA AGLI INTRECCI CON LA POLITICA E LE ISTITUZIONI SI ALZA LA CORTINA DEL SILENZIO E DELL’OMERTA’

La più grande campagna di disinformazione e di manipolazione della realtà.

E’ un vezzo quasi generale:

di mafie si può parlare solamente in termini “criminali”.

Quando qualcuno si azzarda a parlare di mafia come di organizzazione inserita nel “sistema Italia” si alza la cortina del silenzio generale e dell’isolamento.

Qualche giornale ne parla, qualche associazione e qualche sito web ne parlano, ma la stragrande maggioranza tacciono, come se il fenomeno non esistesse.

Ed invece il fenomeno esiste, è diffuso e si espande sempre di più.

L’intreccio fra mafia, politica ed istituzioni è sempre più forte, a livello centrale e, con maggiore evidenza, a quello locale.

Di fronte all’evidenza dei fatti che emergono in continuazione dalle indagini delle forze dell’ordine e di magistrati solerti sull’esistenza di tale intreccio, l’elenco delle amministrazioni comunali che vengono sciolte per mafia si allunga sempre di più.

E, se si indagasse di più e meglio, il numero aumenterebbe sicuramente in maniera vertiginosa.

Il livello “ militare” delle mafie, quello che viene combattuto, è quello più basso.

Non ci stancheremo mai di sottolinearlo.

Esistono quelli “politico” ed “economico”, che spesso non vengono nemmeno sfiorati da molte indagini e che sono quelli più insidiosi.

I famosi “colletti bianchi”, le cosiddette “ persone perbene”, gli insospettabili, il professionista, l’alto funzionario dello Stato, il dirigente di banca, l’esponente politico, il parlamentare, talvolta anche il magistrato o il rappresentante delle forze dell’ordine.

E la cosiddetta “società civile”, quella parte di questa che non vede, non sente, non parla, quei “cretini” di cui parla Nando dalla Chiesa nel suo ultimo saggio.

L’area grigia, zuccherosa, contigua alla mafia e che finisce per essere essa stessa mafia, parte integrante del “sistema mafioso”.

Un’area corrotta moralmente ed intellettualmente alla quale è inutile andare a parlare di valori e di legalità.

E’ l’area di quella parte del Paese che ragiona con la pancia, costituita da truffatori, reali o potenziali, che non ha senso dello stato, delle istituzioni, orgoglio civile, senso di appartenenza.

E’ l’area del Paese costituita da uomini e donne i cui organi vitali sono dalla cintola in giù, senza cervello e senza cuore.

Oggi fare antimafia è una cosa seria.

Fare antimafia, combattere contro queste realtà, comporta conoscenza continua dei fatti oltre che nazionali soprattutto del proprio territorio, delle dinamiche sociali, politiche, economiche, del funzionamento degli organi dello Stato.

C’è l’antimafia delle parole e quella del fare.

E’ in certo qual modo come il giornalismo: c’è quello di cronaca e quello di inchiesta.

Questo ultimo richiede coraggio, consapevolezza del rischio. onestà intellettuale e morale, senso dello Stato, quello con la S maiuscola.

Oggi le mafie difficilmente sparano.

Ti denunciano e trovano talvolta il magistrato che ti condanna.

E’ riduttivo e deviante, pertanto, andare in giro a raccontare la storia dei clan ed a parlare di cose generiche.

In un Paese in cui la cultura mafiogena è diffusissima, a tutti i livelli e soprattutto nella politica, nelle istituzioni e nella società, bisogna passare alla fase dell’indagine sui fatti specifici, sui comportamenti dei singoli e denunciare, denunciare, denunciare, stando anche attenti a chi si denuncia.

Questa è antimafia.