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Scacco al clan, il boss dei Gionta resta al 41-bis

Ciro Formisano

Per l’Antimafia la sua pericolosità sociale non è stata scalfita dagli anni trascorsi in carcere. Anzi, informative e documenti riservati dimostrerebbero – sostengono gli inquirenti – la centralità che ancora oggi riveste, la sua famiglia, negli equilibri criminali di Torre Annunziata. Elementi sufficienti per far scattare la proroga del 41-bis a carico di Gennaro Longobardi, 58 anni, ritenuto figura di primo piano del clan Gionta. Longobardi, in cella da anni, è stato sottoposto al regime del carcere duro perché ritenuto tra i luogotenenti della cosca all’epoca della sanguinaria guerra di camorra che ha visto contrapposti i Valentini di Palazzo Fienga e i Gallo-Cavalieri. Proroga firmata, il 15 giugno del 2019, dall’allora ministro della Giustizia. Un atto che Longobardi ha però deciso di impugnare presentando un ricorso al tribunale di sorveglianza di Roma. I magistrati capitolini però hanno ritenuto adeguato e inattaccabile il decreto sottoscritto dal Ministro e il caso è finito in Cassazione. A maggio scorso i giudici ermellini si sono espressi sull’ennesimo ricorso del capoclan che ancora una volta ha chiesto di poter uscire dal carcere duro. Le motivazioni della sentenza emessa dalla Cassazione sono state depositate nei giorni scorsi. E nelle 4 pagine del provvedimento i giudici – riprendendo alcune considerazioni del tribunale di sorveglianza di Roma – hanno sottolineato come Longobardi avesse svolto «un ruolo decisivo per le dinamiche» del clan Gionta-Chierchia. Dato che sarebbe confermato, scrive la Cassazione, «dalla sua partecipazione al duplice omicidio De Angelis-Genovese». Nel provvedimento vengono anche citati alcuni passaggi di informative trasmesse sia dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che della Direzione Nazionale Antimafia. Documenti dai quali emergerebbero due dati importati: il fatto che alcuni familiari del capoclan sarebbero stati oggetto di «attentati» nel 2019 e soprattutto «la persistente pericolosità sociale di Longobardi». Elementi sufficienti, sostiene la Cassazione per respingere il ricorso. Il nome del boss di Torre Annunziata, tra l’altro, era finito al centro delle pagine di cronaca anche nei mesi scorsi. Un’inchiesta condotta dalla guardia di finanza e coordinata dalla Procura di Torre Annunziata vede indagata sua moglie, accusata di aver indebitamente percepito il reddito di cittadinanza. Secondo quanto riportato nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato nei mesi scorsi, la donna avrebbe incassato 12.000 euro dallo Stato omettendo, nella domanda d’accesso al bonus, la presenza nel suo nucleo familiare del capoclan al 41-bis già condannato in via definitiva per il reato di associazione per delinquere.

Fonte:https://www.metropolisweb.it/2021/06/25/scacco-al-clan-boss-dei-gionta-resta-al-41-bis/