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La stanchezza di Nicola Cosentino e quella tentazione di collaborare con la giustizia

La stanchezza di Nicola Cosentino e quella tentazione di collaborare con la giustizia
21 marzo 2018

di Arnaldo Capezzuto

Non mi arrendo. Combatto” poi cede e con un filo di voce sussurra : “Sono stanco e pago per tutti”. Nicola Cosentino, non è più il potente ex sottosegretario all’Economia dell’ultimo governo Berlusconi e nonché coordinatore regionale campano di Forza Italia.

Nik ‘o mericano, è un ex imperatore. Il suo sistema è imploso. Da solo deteneva la quota del 12 per cento del partito azzurro. Nel suo nome eleggeva deputati e senatori, sindaci, consiglieri regionali e decideva posti di sottogoverno.

Sembrano passati secoli di quando Nicola Cosentino, il mancato calciatore originario di Casal di Principe, dettatava e imponeva il proprio verbo. Tronfio, potente, un ras a Caserta e in Campania. Bastava un cenno, un ragionamento, un pollice all’insù o all’ingiù per decretare la vita o la morte politica.

Nicola Cosentino oggi è un uomo solo. Pochi giorni fa ha incassato l’ennesima condanna giudiziaria: 10 mesi nella vicenda P3 e il pagamento di un euro di risarcimento in favore dell’ex presidente della Regione Campania Stefano Caldoro.

Cosentino, da poco più di un mese, ha ritrovato la libertà dopo aver trascorso gli ultimi 4 anni in regime di carcerazione preventiva e ai domiciliari. Quotidianamente però deve recarsi al commissariato di polizia e firmare.

E’ un momento difficile. Riflette, ragiona, cerca di capire quegli anni travolgenti della sua inarrestabile ascesa politica ai massimi livelli e quel rapporto ravvicinato con Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri e con il potere vero.

Nicola Cosentino ne è convinto e lo dice a mezza bocca : “Sono stanco e pago per tutti”. L’ex sottosegretario ha collezionato numerose condanne giudiziarie.

L’orizzonte è segnato: trascorrere gli ultimi anni della sua vita in una cella. E’ questo il punto delicato: cambiare atteggiamento con i giudici. Insomma, dopo aver incassato molte condanne di primo grado e qualcuna in appello potrebbe cominciare ad ammettere alcune colpe. Parlare e descrivere quegli anni.

Spiegare e svelare dei meccanismi. Dirsi una ruota di un ingranaggio di una macchina infernale che macinava consenso e potere. Questa potrebbe essere la possibile svolta.

Nicola Cosentino potrebbe salire sul banco degli imputati e cominciare a rispondere alle domande dei magistrati. Raccontare la sua verità, abbandonare l’Aventino giudiziario, delineare un nuovo spazio e ricostruire dall’interno la storia del ventennio berlusconiano.

Si, perchè Cosentino – anche alla luce della ricandidatura e della rielezione di Luigi Cesaro – vive sulla propria pelle una grossa ingiustizia. E la memoria ritorna al 2013 e alla vicenda del suo depennamento dalle liste.

Rabbia, rancore e delusione che lo portarono a caldo a dire : “Berlusconi ha subito una specie di mutazione genetica, io non l’avrei ritenuto capace di calcoli miseri. Io ho sempre risolto problemi, ma non ne ho mai creati al Pdl”.

Cosentino è stato condannato in quattro differenti processi. Nel più importante, gli è stata inflitta una pena di nove anni per il reato di concorso esterno in associazione camorristica, confermando l’ipotesi della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che riteneva Cosentino il referente politico nazionale del clan dei Casalesi poi c’è la condanna a 4 anni di carcere dal tribunale di Napoli Nord, per la corruzione di un agente del carcere di Secondigliano (Napoli); condanna confermata in appello.

Poi altre due condanne subite invece nel 2017, entrambe al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: a marzo 2017 è stato condannato a sette anni sei mesi nell’ambito del processo cosiddetto Carburanti.

Ad aprile dello stesso anno, è arrivata un’altra condanna a 5 anni nel processo noto come “Il Principe e la scheda Ballerina“, in cui era imputato per tentativo di reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante mafiosa in relazione al finanziamento da cinque milioni di euro per la costruzione di un centro commerciale a Casal di Principe, voluto secondo l’accusa dal clan dei Casalesi, ma mai realizzato. Ultima, la condanna per la P3, a dieci mesi.

Da qui l’amara riflessione di questi giorni dell’ex potente Cosentino, un pensiero, un proponimento: illustrare, dialogare, ammettere all’interno dei processi alcune vicende, allargare la prospettiva, non chiudersi e spiegare anche quali sono quei tanti problemi risolti all’ex premier Silvio Berlusconi.

Fonte:il24.it