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  Calabria, nuova intimidazione a don Panizza, il prete anti-’ndrine
Il Corriere della Sera, Martedì 5 luglio 2016

Esplora il significato del termine: LEGALITÀ NEL MIRINO
Calabria, nuova intimidazione a don Panizza, il prete anti-’ndrine
Dato alle fiamme un appezzamento della cooperativa «Le agricole» di Lamezia Terme. Il sacerdote bresciano: «Perché non la smettono? Noi continuiamo a denunciare»

di Antonio Ricchio

Nuova intimidazione a don Giacomo Panizza, il sacerdote anti-ndrangheta impegnato da lungo tempo in Calabria. Ignoti la notte scorsa hanno dato alle fiamme a Lamezia Terme un terreno presso «l’erbaio», all’interno di un appezzamento a coltivazione biologica della cooperativa «Le agricole» che fa capo alla Comunità Progetto Sud del sacerdote bresciano. Il rogo ha provocato danni al perimetro del terreno dove sono posizionati alcuni fari e un frutteto. Distrutta anche una serra per la coltivazione di pomodori. A denunciare l’accaduto ai carabinieri, che hanno avviato le indagini, è stato lo stesso don Panizza. «Ormai sono decenni — spiega il prete — che in Calabria sanno che denunciamo, perché non la smettono? Certo che atti come questo — aggiunge — fanno cadere le braccia, non solo per il danno economico, ma anche per il fatto che ci sentiamo nel mirino».

Un prete nel mirino delle cosche
Non è la prima volta che le attività portate avanti dal religioso sono oggetto di intimidazioni e avvertimenti. Il prete bresciano è nel mirino delle cosche dal 2002, quando spezzò il cerchio della paura prendendo in gestione un palazzo confiscato al clan di ‘ndrangheta dei Torcasio, che per decenni ha seminato terrore a Lamezia Terme. Per lui da tempo è scattato un programma di protezione ma ciò non ha intimorito le cosche sempre pronte a far sentire la loro «presenza». Negli anni passati un colpo di pistola fu sparato contro una finestra della comunità mentre la notte di Natale del 2011 un ordigno fu fatto esplodere davanti all’ingresso del centro per minori creato dallo stesso sacerdote. Nel 2009, addirittura, ignoti manomisero due vetture in uso alla comunità Progetto Sud (che si occupa di assistenza a disabili, migranti e tossicodipendenti) e, solo per un caso, si evitò la tragedia.