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.Una situazione che ci addolora e non poco e che ci vede tutti moralmente coinvolti .Un nostro appello accorato: limitiamoci a fare nostro un modello di antimafia dell’INDAGINE E DELLA DENUNCIA,NOMI E COGNOMI, aiutando magistratura inquirente e forze dell’ordine e rifiutando gestione di beni e quant’altro comporti commistioni con il Potere .Solo così si evita che opportunisti ed affaristi vengano ad inquinare e a coprire di fango il nostro ambiente.

 

Sono passati 30 anni e un’infinità di polemiche da quando Leonardo Sciascia ‘sfidò’ i «professionisti dell’antimafia», quegli «eroi della sesta» che agiscono solo per fini personali e per accaparrarsi consenso.
E cos’è cambiato? Praticamente nulla.
«SCIASCIA AVEVA RAGIONE». «C’è che Sciascia aveva ragione», ammette a Lettera43.it Pino Maniaci direttore di Telejato, l’emittente del Palermitano da sempre in prima linea contro la mafia.
Lo dimostrano le parole dure di Franco La Torre figlio di Pio segretario siciliano del Pci ucciso dalla mafia nel 1982 nei confronti di don Luigi Ciotti, numero uno di Libera. «Sono stato cacciato dall’associazione con un sms», ha spiegato La Torre all’Huffpost dopo aver criticato apertamente la gestione dell’associazione che non è riuscita a intercettare il fenomeno di Mafia Capitale, per esempio, o il caso Saguto a Palermo, la giudice, militante dell’antimafia, indagata per corruzione, induzione e abuso d’ufficio dalla procura di Caltanissetta nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei beni confiscati a Cosa nostra.
IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI. Uno scandalo, quello legato ai beni confiscati, accompagnato dal silenzio assordante delle istituzioni. Che quando si sono decise a parlare, dice arrabbiato Maniaci, «l’hanno fatto troppo tardi».
«Solo ora qualcuno comincia a rilasciare dichiarazioni», aggiunge. «Ma sono in ritardo. Da Raffaele Cantone a Piero Grasso».
Proprio il presidente del Senato il 27 novembre aveva lanciato un appello per «un’antimafia che sappia guardare al proprio interno e abbandoni sensazionalismo, protagonismo, pretesa primazia di ogni attore, e corsa al finanziamento pubblico e privato».
Ma, insiste Maniaci, «finora se ne è stato muto come un pesce. E dire che nel 2010 Saguto era alle sue dipendenze…».
LE DENUNCE INASCOLTATE. Con Telejato da tempo il giornalista aveva denunciato delle irregolarità, anche al presidente del Tribunale di Palermo Leonardo Guarnotta. «Non volevo buttare merda, ci mancherebbe altro. Gli dissi solo che all’interno del tribunale c’era un verminaio», ricorda.

 

  • Pino Maniaci, direttore di Telejato.

 

DOMANDA. E quale è stata la risposta?
RISPOSTA. Mi sentii rispondere che così prestavo il fianco agli altri, cioè ai mafiosi.
D. Quale è la situazione dell’antimafia oggi?
R. Ha perso credibilità. Ed è doloroso non credere nelle istituzioni. Tutta l’antimafia dovrebbe fare pulizia al suo interno, ormai è diventata una holding perfetta per fare affari. Se decontestualizziamo siamo di fronte a due mafie. 
D. Tutto da buttare?
R. No, assolutamente. C’è una vera antimafia che non è quella delle holding, ma quella delle onlus che si autofinanziano, della gente comune, dei ragazzi. E che è nel cuore delle persone.
D. Una critica a Libera?
R. Il messaggio di Libera è meraviglioso. Ci sono migliaia di giovani in tutta Italia che lavorano e ci credono.
D. Ma…
R. Ma deve rivedere la sua gestione. Ormai non è più un club come all’inizio ma una holding.
D. Però sostiene di essere in prima fila nella trasparenza dei bilanci.
R. Lo dicono loro. La trasparenza è fondamentale.
D. I soldi rovinano tutto?
R. A mio parere così si mortifica l’antimafia vera. Ripeto ormai non parliamo di un club ristretto ma di un’associazione nazionale. E anche a livello territoriale dovrebbero essere scelte persone capaci e competenti.
D. Quindi è d’accordo con La Torre?
R. Se uno come La Torre, e stiamo parlando del figlio di Pio, sostiene che non c’è democrazia e altri membri del consiglio nazionale lasciano l’associazione…
D. Un’altra accusa è di non essere a passo con i tempi. Cosa ne pensa?
R. Le mafie sono cambiate, sono quelle dei colletti bianchi. Anche l’antimafia deve aggiornarsi, cambiare pelle e guardare il fenomeno per quello che è. Però don Ciotti si incazza. Vabbè che lui è uno che si incazza facilmente… io però avrei un paio di domande da fargli.
D. Prego.
R. Perché i ragazzi che da tutta Italia arrivano in Sicilia per partecipare a progetti come ‘Liberarci dalle Spine’ non solo lavorano gratis nei terreni confiscati ma devono pure pagare 150 euro per vitto e alloggio? Manodopera gratuita?
D. La seconda domanda?
R. Perché la pasta di Libera fatta col grano di Corleone viene venduta a 6 euro al chilo? Non sarebbe un messaggio bellissimo fare sì che questa pasta sia accessibile anche a chi è meno abbiente?
D. In attesa delle risposte, non crede che questa gara ad accapparrarsi un patentino antimafia stia diventando una farsa?
R. Ci sono politici antimafia, commissioni antimafia, la Dda, la Dna. Manca solo il Ddt. Farsi fotografare accanto al Don è diventato trendy. Il fatto è che ormai la normalità non esiste, è paradossale. Suggerisco a Camilleri di rivedere anche il suo Montalbano…