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Un commento del dr. Arturo Gnesi, Sindaco di Pastena, al Convegno antimafia del 9 febbraio scorso indetto dalle Associazioni Caponnetto e I Cittadini contro le mafie e la corruzione.

Formia 9 febbraio 2013: come contrastare le mafie?
Di nuovo a parlare di mafia come dei monaci che per non scordare la propria missione ogni giorno intrecciano il rosario tra le dita e innalzano la preghiera al cielo.
Parlare di organizzazioni criminali per non dimenticare che la nostra costituzione per essere efficace ed efficiente deve necessariamente riconoscere, arginare e sconfiggere la mafia.
Parlare e discutere di legalità, trasparenza e democrazia perché oggi nessuno può indicare un luogo preciso dove la mafia cresce, si rafforza e domina lo Stato. Non esiste un posto definito dove si può isolare il mafioso, identificarlo e costringerlo alla resa perché il mafioso può essere ovunque, può allearsi con chiunque e fare affari comunque.
E’ questa diffusione su tutti i livelli sociali, in tutte le strutture organizzative, è questa sovrapposizione con i ceti dirigenti, la classe media, il mondo della finanza, della sanità, dell’imprenditoria, delle banche, della scuola che rende sempre difficile il perimetro del fenomeno mafioso, la sua delimitazione temporale e la sua circoscrizione spaziale entro confini e limiti predefiniti e ben determinati.
Ovunque e con chiunque è questa la regola che sorregge la logica mafiosa, è questo il motivo che deve spronare la magistratura, le forze dell’ordine ma anche le associazioni e le forze politiche ad opporsi quotidianamente alle collusioni e alle connivenze mafiose. E’ certo tuttavia che con o senza la nostra lotta e a prescindere dalla nostra opposizione, comunque la mafia persegue i suoi obiettivi e tende ad occupare sempre più lo Stato, a farsi sempre più impresa e ad essere sempre più economicamente forte ed autonoma, ad essere presente laddove si decidono le sorti del paese, si decidono come spendere i soldi pubblici e anche a chi assegnarli e come farli gestire. Una mafia liquida come è stata definita dal magistrato Giovanni Conzo che nella sua relazione ha fatto intravedere la tenacia che caratterizza il suo lavoro e la sofferenza del cittadino che vede l’illegalità e la collusione incunearsi nelle più comuni vicende umane.
Coniugare la riscossa morale e l’indignazione civile con la denuncia penale, trovare il coraggio di ribellarsi all’appiattimento culturale che giustifica il furto, il sopruso e la prevaricazione politica, avere gli strumenti per smantellare le clientele che generano corruzione, voto di scambio e comitati di affari.
La politica deve preparare le istituzioni per tutelare e difendere i diritti dei cittadini e per opporsi a coloro che vogliono trasformare la costituzione in un moderno galateo da tenere a mente e rievocare nei banchetti di corte per poi essere ritenuta assolutamente inutile nelle scelte pragmatiche e concrete di tutti i giorni. La politica se non diventa strumento di partecipazione e di democrazia, mezzo per affermare la giustizia e la libertà, rimane solo un’ alchimia per consentire alla ricchezza di impadronirsi del potere e ai potenti di impossessarsi dello Stato. Potere e ricchezza al servizio delle caste, privilegi e favori a danno di una società con non riuscirà mai ad essere migliore di quella che oggi conosciamo.
Ecco perché limitati, insufficienti, accademici e fuorvianti appaiono alcuni interventi che demonizzano e colpevolizzano qualsiasi esperienza politica, anche quella nata dalla polvere dei sobborghi e in mezzo alla povertà sociale. La mafia si vince se dapprima si supera la schizofrenia etica che geneticamente ci rende discendenti dei più alti principi e valori costituzionali ma materialmente e quotidianamente ci fa agire come ignari e colpevoli barbari che resuscitano il primato dell’interesse personale a cui sacrificare il bene comune. Il sistema oggi è malato e culturalmente impreparato a questa grande sfida, ci vorrà ancora molto tempo ma se ognuno comincia a fare il proprio dovere e non rinuncia al suo diritto di cittadinanza forse non dovremo aspettare le calende greche. Dott. Arturo Gnesi