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Scomunica ai mafiosi e ai corrotti, ecco il documento del Vaticano

 

Scomunica ai mafiosi e ai corrotti, ecco il documento del Vaticano

Pubblicate le conlcusioni del “Dibattito internazionale sulla corruzione”. La Chiesa di Francesco definisce il suo ruolo contro il crimine organizzato e traccia le linee guida per passare “a gesti concreti”

di PAOLO RODARI

CITTÀ DEL VATICANO. “La Consulta non si ridurrà a pie esortazioni, perché occorrono gesti concreti”. E, in particolare, lavorerà per “definire il ruolo della Chiesa e del laicato contro la corruzione, le mafie e il crimine organizzato”. Inoltre, per “approfondire lo studio sulle possibilità di estendere a livello globale – attraverso le conferenze episcopali e le chiese locali – la scomunica ai mafiosi e alle organizzazioni criminali affini. Approfondire, inoltre, la questione relativa alla scomunica della corruzione, attraverso il confronto con le conferenze episcopali e le chiese locali”.

Recita così il documento finale del “Dibattito internazionale sulla corruzione” e obiettivi della “Consulta internazionale sulla giustizia, la corruzione e il crimine organizzato, le mafie” riunita in Vaticano lo scorso 15 giugno per volere del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

Esponenti della Chiesa, della magistratura, di associazioni e vittime di crimini avevano messo in piedi una task force per una battaglia culturale contro la corruzione, una piaga che è prima di tutto un modo di essere e di pensare, linguaggio di mafie e organizzazioni criminali. Lo scopo della Consulta era ed è quello di creare sinergie per contrastare questo fenomeno.

Il documento finale è il frutto di un lavoro non facile, con la conferma ineludibile della necessità di lavorare anche a livello della dottrina giuridica della Chiesa sulla questione relativa alla scomunica per corruzione e associazione mafiosa. Il compito è affidato alle singole conferenze episcopali che sul territorio dovranno trovare le modalità giuste d’azione, fino ad arrivare a quella scomunica già auspicata dal Papa nella spianata di Sibari a Cassano all’Jonio, nel 2014: “I mafiosi sono scomunicati”, aveva detto.

La scomunica è la pena più grave nella Chiesa. Comporta l’allontanamento dalla comunità dei fedeli e la conseguente esclusione dai sacramenti. È riservata a chi viola i segreti del conclave; oppure chi profana le ostie o attenta alla vita del Papa. È sempre possibile chiedere perdono, confessarsi, ma ci sono diversi gradi: se, infatti, generalmente una scomunica può essere tolta dal prete durante la confessione, alcune sono riservate al vescovo o, persino, alla Santa Sede, cioè alla Penitenzieria apostolica, il competente ufficio della Curia romana.

La corruzione è un tema che ricorre spesso nelle parole di Francesco, che ha più volte avvisato quanto sia pericolosa e come uno che corrompe sia molto più che un peccatore: “Il peccatore, se si pente, torna indietro; il corrotto, difficilmente”, ha spiegato qualche mese fa in una delle omelie a Casa Santa Marta. E nella prefazione al libro “Corrosione” (Rizzoli), scritto dal cardinale Peter K. A. Turkson, prefetto del Dicastero dello Sviluppo, con Vittorio V. Alberti, il Pontefice l’ha definita un “cancro” da estirpare.

La Repubblica, Martedì 1 Agosto 2017