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Per un’azione efficace contro le mafie.

Nessuno, ad oggi, ha saputo illustrare la situazione criminale nel Lazio meglio di quanto hanno fatto i Magistrati della DDA di Napoli in una delle più recenti ordinanze di custodia cautelare.

Essi, infatti, l’hanno così descritta:

I Casalesi esercitano”un massiccio controllo del territorio con la sottoposizione ad estorsione di tutte le principali attività economiche, un controllo sistematico del sistema degli appalti pubblici e dei subappalti ed il tentativo, spesso riuscito, di controllare le attività politiche ed istituzionali, infiltrandosi anche nelle forze dell’ordine e nelle amministrazioni pubbliche”.

Il riferimento è chiaramente alla situazione riscontrata qualche anno fa nel Commissariato della Polizia di Stato di Formia (ed anche in quello di Fondi, con un agente eletto, peraltro, consigliere comunale anche con il sostegno di elementi legati alla ‘ndrangheta) – dove è stato individuato personale collegato con le organizzazioni camorristiche – e – per quanto riguarda le infiltrazioni nelle amministrazioni pubbliche – ai comuni di Formia (v. inchieste “Formia Connection” della Polizia di Stato che ha intercettato telefonate fra un noto esponente politico della provincia di Latina ed un appartenente ad una famosa famiglia camorristica nelle quali il primo chiedeva i voti al secondo e di Fondi “Damasco” del Comando Provinciale Carabinieri di Latina).

L’azione della magistratura inquirente pontina è stata finora assolutamente inadeguata.

Utile è ricordare come si sono pronunciati a proposito delle inchieste “Damasco” su Fondi i PM Diana De Martino e Francesco Curcio, la prima, all’epoca, della DDA di Roma ed il secondo di quella di Napoli, entrambi ora in forza alla DNA:

“ Nella stragrande maggioranza dei casi si è proceduto da parte delle diverse autorità giudiziarie di questo distretto (di Latina, ndr) rubricando la massa dei fatti oggetto di indagine, in realtà di stampo mafioso, in fatti di criminalità comune”.

Un giudizio, questo, lapidario, tranciante che, meglio di ogni altra affermazione, offre il quadro desolante dell’assenza di un’adeguatezza assoluta delle strutture giudiziarie del Lazio per quanto attiene all’azione di contrasto delle mafie.

Un quadro desolante messo in evidenza anche dai servizi-inchiesta pubblicati dal quotidiano “ La Repubblica”-cronaca di Roma- il 27 e 28 luglio 2012, nei quali vengono denunciate le drammatiche deficienze della magistratura giudicante della Capitale che finora, pur di fronte alla gravissima situazione criminale esistente a Roma e nel suo distretto giudiziario, non ha mai applicato nelle sentenze da essa emesse l’art.416 bis del CP.

Nemmeno a carico dell’ex banda della Magliana che vide i suoi affiliati condannati solamente per il reato di associazione a delinquere comune e non per quella mafiosa.

Lo stesso quotidiano, inoltre, ha riportato le dichiarazioni drammatiche di uno degli investigatori della Polaria che indagava sui clan del narcotraffico – investigatore che da tempo ha abbandonato l’Italia rifugiandosi in uno dei paesi del Sudamerica – che ha denunciato:

“ Ad un passo dai capi della cupola, fermati e poi trasferiti d’ufficio”.

A rendere ancor più vischioso ed incomprensibile il comportamento di taluni vertici istituzionali del Lazio per quanto riguarda sempre la volontà reale di combattere con efficacia le mafie hanno contribuito l’atteggiamento ed anche alcune dichiarazioni pubbliche di qualche Prefetto che ha sempre negato l’esistenza del fenomeno mafioso.

Giova ricordare al riguardo la polemica divampata anche sui giornali fra l’ex Procuratore Nazionale antimafia Pier Luigi Vigna e l’allora Prefetto di Roma Achille Serra a proposito della mancata osservanza da parte di questo ultimo e di altri Prefetti del Lazio – la situazione rimane inalterata anche oggi – di una vecchia circolare dell’ex Ministro dell’Interno ed ora Capo dello Stato on. Giorgio Napolitano che invitava i Prefetti ad integrare i Comitati Provinciali per la Sicurezza e l’ordine Pubblico con i magistrati delle DDA, in quanto sono questi ultimi, per legge, gli unici magistrati inquirenti competenti –e quindi informati nei dettagli- a trattare i reati di natura mafiosa.

I Prefetti del Lazio, fatta qualche eccezione, non hanno mai attuato quella direttiva del Ministro dell’Interno.

E ciò ha fatto sì che sia mancata e manchi tuttora, da parte delle Prefetture del Lazio, la capacità di elaborare un quadro dettagliato e completo delle situazioni esistenti nei territori della regione, quadro che solamente gli organismi centrali investigativi e giudiziari competenti – DNA e DIA – sono in grado, pertanto, di proporre.

Per ovviare a tali gravi carenze e dare concretezza e dignità al lavoro dei Comitati Provinciali per la Sicurezza e l’ordine pubblica per quanto attiene al problema della presenza e delle attività delle mafie e della relativa azione di contrasto nei territori di competenza, è assolutamente indispensabile che si tiri fuori dai cassetti e dagli armadi impolverati delle Prefetture del Lazio la circolare Napolitano e la si applichi immediatamente.

Altro provvedimento urgente da adottare riguarda l’applicazione dell’articolo 51 bis – comma 3- del CPP che prevede la codelega da parte della Procura Generale di Roma alle varie Procure della Repubblica ordinarie in materia di procedimenti per reati di natura mafiosa, alla stregua di quanto è stato fatto da anni in Campania, dove le Procure di Santa Maria Capua Vetere, di Nola e di Torre Annunziata cooperano efficacemente con la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nell’azione di contrasto della camorra.

E’ necessario ed urgente, insomma, fare in modo che si crei fra i vari organismi giudiziari ubicati nella regione quel rapporto e quella sinergia assolutamente indispensabili per dar vita ad un’azione efficace contro le mafie.

Come pure non va sottovalutata la necessità di istituire, almeno nei Comuni più importanti ed aggrediti maggiormente dalle organizzazioni mafiose di ogni provincia del Lazio, gli Osservatori Comunali sulla criminalità.

Tali Osservatori, però, debbono essere costituiti, per essere efficaci, sul modello di quello che hanno fatto da anni il Comune di Somma Vesuviana in Campania ed altri ancora e, cioè, debbono essere presieduti dai Sindaci, ma composti, a costo zero, non da consiglieri comunali, come comunemente si fa, ma da rappresentanti provinciali delle forze dell’ordine e della magistratura inquirente e da esponenti del mondo imprenditoriale e sindacale, oltre che delle associazioni antimafia effettivamente operanti sui territori.