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‘Ndrangheta stragista, Pulito: ”Gelli mi chiese 4mila voti, mi fece parlare con Andreotti”

‘Ndrangheta stragista, Pulito: ”Gelli mi chiese 4mila voti, mi fece parlare con Andreotti”

Ascoltato l’ex boss pugliese che ha raccontato dell’incontro con il “Venerabile” per “aggiustare” un processo

di Davide de Bari

A Roma, in un albergo in via Veneto vicino l’ambasciata americana, incontrai Licio Gelli per aggiustare il processo Marotta. Lui mi chiese una cortesia di procurarli 4mila voti in Calabria per appoggiare il suo progetto che riguardava la Lega meridionale. Dopo le nostre rassicurazioni, per dimostrare il suo impegno, Gelli prese il telefono e chiamò il senatore Giulio Andreotti e gli disse se ‘si può far qualcosa per questi ragazzi’. Dopo poco mi passò il telefono e Andreotti mi disse: ‘Ci vediamo con Gelli a villa Wanda’. Pur non avendolo mai visto in faccia, riconobbi la sua voce al telefono”. E’ questo il racconto dell’ex boss pugliese, Mariano Pulito che questa mattina, davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, presieduta da Ornella Pastore, ha ricordato l’incontro che avrebbe avuto con il Maestro venerabile della Loggia P2, Licio Gelli. Un incontro che sarebbe servito per aggiustare un processo a carico dei fratelli Modeo. Ascoltato come teste assisto, Pulito ha risposto alle domande del pubblico ministero Giuseppe Lombardo all’interno del processo ‘Ndrangheta stragista, in cui sono imputati il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e il boss calabrese Rocco Santo Filippone, con l’accusa di essere, i mandanti degli attentati contro i carabinieri (in cui morirono anche i militari Fava e Garofalo), avvenuti in Calabria tra la fine del 1993 ed il 1994.
L’ex boss di origine tarantina non è a conoscenza di fatti che riguardano direttamente le stragi del biennio ’92-’93 ma la sua testimonianza è importante per la ricostruzione dei fatti che riguarderebbero il progetto delle Leghe Meridionali intrapreso agli inizi degli anni ’90 da Gelli e condiviso anche da alcuni vertici di Cosa nostra come il super boss corleonese Leoluca Bagarella, cognato del
‘capo dei capi’Salvatore Riina.
Dunque il raccontato di Pulito è partito da quando cercò di
“darsi da fare per aggiustare un processo in cui erano stati condannati i fratelli Modeo che era in arrivo in Cassazione”. Il teste ha ricordato che per ottenere la revisione “avevamo provato diverse strade, eravamo andati anche dai Cordì in Calabria, ma senza avere risultati”. Il testimone ha spiegato che l’unica speranza di poter aggiustare il processo sarebbe arrivata da Vincenzo Serraino, un amico di Pulito, conosciuto nell’organizzazione dello Zecchino d’oro a Taranto. A detta del teste, Serraino “non era vicino ad ambienti mafiosi” ma “mi mise in contatto con Licio Gelli in quanto lui faceva parte di questo progetto delle leghe meridionali”. Sempre grazie a Serraino vi fu anche un incontro a Roma, in un alberto in via Veneto. Al centro dell’incontro di quel colloquio vi sarebbe stato un “do ut des” che vedeva da una parte la richiesta di Pulito di aggiustare il processo e dall’altra Gelli con la richiesta di 4 mila voti. L’ex boss ha poi ricordato che a prendere parte all’incontro con Gelli ci sarebbe stato anche il calabrese della Piana di Gioia Tauro Salvatore Sigillo detto “Il professore”. Secondo il teste la presenza de “Il professore” sarebbe servita a “garantire” a Gelli l’impegno elettorale nella ricerca del pacchetto dei voti per la Lega Meridionale.“Sigillo era una persona buona ed educata. – ha detto – Mi rivolsi a lui perché era ben inserito in ambienti di ‘Ndrangheta”.
Pulito, così come aveva fatto in passato, ha anche riferito che in quell’occasione Gelli avrebbe chiamato al telefono Andreotti e di aver parlato lui stesso con il sette volte Presidente del Consiglio. Al termine dell’incontro presero accordi per un secondo appuntamento a cui avrebbe dovuto prendere parte anche il Senatore presso la residenza del Maestro venerabile. Il testimone ha poi anche detto che prima di quell’incontro, Sigillo si sarebbe “incontrato più volte con Gelli”. L’ex boss pugliese ha poi raccontato che si sarebbe subito messo a lavoro per ottenere i voti e per questo attivandosi per fare avere prima un permesso, e poi la libertà, a uno della cosca Mammoliti della ‘Ndrangheta che sarebbe stato detenuto a Lecce. Il “do ut des” sarebbe saltato al momento dell’arresto di Pulito che fu posto al 41 bis.
Alla prossima udienza, prevista per il 25 ottobre, le parti faranno il punto sul processo e sulla possibilità di rinunciare a qualche teste.

18 Ottobre 2019

fonte:http://www.antimafiaduemila.com

 

‘Ndrangheta stragista, parla il pentito Pulito: «Voti in Calabria per Gelli»

L’ex boss della Sacra Corona Unita è stato ascoltato nel processo per gli attentati messi a segno dai clan negli anni Novanta: «Parlai al telefono con Andreotti per “aggiustare” un processo»

18 ottobre 2019

di Alessia Candito

REGGIO CALABRIA È stato il giorno dell’audizione di Marino Pulito al processo “’Ndrangheta stragista” che si celebra a Reggio. Boss della Sacra Corona Unita e storico luogotenente dei fratelli Modeo ma storicamente in ottimi rapporti con i calabresi, il collaboratore è stato un testimone diretto di quella fase, ancora non del tutto raccontata della storia d’Italia, che ha visto mafie, servizi, massoneria ed eversione nera fare dell’eversione un metodo, pur di non perdere neanche un grammo del potere accumulato nei decenni dello scontro fra i due blocchi.
Una strategia passata anche per la stagione degli attentati continentali, inclusi quelli di Reggio Calabria costati la vita brigadieri Fava e Garofalo e gravi ferite ad altri quattro militari, per i quali oggi i boss Giuseppe Graviano e Rocco Filippone sono a processo come mandanti.

IL METODO DELL’EVERSIONE La fase di cui può in parte parlare Marino è precedente alla stagione di sangue oggi al vaglio della Corte d’Assise di Reggio Calabria. Ma ne è stata la necessaria premessa. E soprattutto mette bene in chiaro quali fossero gli attori che si muovevano sulla scena. All’epoca – racconta il pentito – «mi stavo dando da fare per aggiustare un processo in cui erano stati condannati i fratelli Modeo». Un testimone era stato avvicinato e convinto ad accusare un boss già passato a miglior vita dell’agguato, ma era necessaria una “spinta” per ottenere la revisione del processo. «Avevamo provato diverse strade, eravamo andati anche dai Cordì in Calabria, ma senza successo».

L’AIUTO ESTERNO Una speranza a Pulito la da Vincenzo Serraino, «uno che non aveva a che fare con la criminalità, ma che era diventato mio amico. L’avevo conosciuto perché era uno degli organizzatori dello Zecchino d’oro». Ma anche un piduista, in contatto con il Maestro Venerabile della P2, Licio Gelli. «Non sapevo cosa fosse quest’organizzazione e non mi interessava. Volevo solo trovare una strada per aggiustare quel processo» dice il pentito. Tramite Serraino, Gelli chiede aiuti per reperire quattromila voti in Calabria e Pulito propone un patto: voti in cambio di una mano con i giudici.

IL CONVITATO DI PIETRA Se ne è discusso a Roma, racconta, nel corso di un incontro con Gelli in persona. «Lo abbiamo raggiunto in un hotel a via Veneto». A due passi dall’ambasciata Usa, convitato di pietra che rimangono ingombranti testimoni ombra in tutta questa storia. «Gli spiego la situazione e lui fa una telefonata, parla con uno che chiama più volte “Giulio” e me lo passa, dicendomi che si tratta di Andreotti. Non l’ho visto in faccia, ma la voce sembrava proprio la sua», racconta.

DO UT DES All’incontro era presente anche il professore Salvatore Sigillo, calabrese della Piana di Goia Tauro, chiamato a fare il “garante” dell’arrivo delle preferenze dei calabresi. E per questo – racconta Pulito – più volte avrebbe incontrato Gelli. «Noi ci siamo messi a disposizione per la raccolta dei voti in Calabria, insistendo con Sigillo, dal quale avevo assicurazione per l’elezione di Gelli». In cambio, i pugliesi si erano attivati per fare avere prima un permesso e poi la libertà ad un Mammoliti che era detenuto a Lecce. «Tuttavia, alla fine non credo si sia fatto nulla più, perché sono stato arrestato e posto al 41 bis e non ho saputo più nulla». (a.candito@corrierecal.it)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/