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L’esecuzione dei carabinieri di Taurianova

L’esecuzione dei carabinieri di Taurianova

7 Aprile 2020

a cura di Alice Feltre

Stefano Condello e Vincenzo Caruso, carabinieri, vengono uccisi il primo aprile del 1977 dalla ‘Ndrangheta, a Taurianova, in provincia di Reggio Calabria. A loro è dedicato questo racconto.

Il senso di giustizia non è innato e nemmeno immortale, nasce dall’esempio di persone che percorrono la corretta via del bene comune.

Racconterò, così, una storia vera, una storia che vide la morte di due grandi uomini: Stefano Condello e Vincenzo Caruso. Stefano Condello nacque il 12 aprile del 1930 a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, sposato e con due figlie. Vincenzo Caruso nacque il 6 ottobre del 1950 a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, sposato da pochi mesi e in attesa di diventare padre. Entrambi erano al servizio della compagnia dei carabinieri di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria. Era il primo aprile del 1977 quando vennero uccisi con un colpo di pistola alla nuca e morirono rispettivamente all’età di quarantasette e ventisette anni. Quel giorno erano usciti in perlustrazione con un’auto del nucleo radiomobile della compagnia dei carabinieri di Taurianova. Al volante vi era Stefano Condello, assieme a lui vi erano Vincenzo Caruso e Pasquale Giacoppo, di Messina, ventiquattro anni. Durante la vigilanza, avvistarono un’auto che apparteneva al pregiudicato Giuseppe Avignone, scappato dall’isola dell’Asinara dove stava scontando il soggiorno obbligato. Decisero di avvicinarsi salendo su un’altura nella contrada Razzà di Molochio.

Videro una serie di auto parcheggiate davanti ad un casolare. Decisero di fare un sopralluogo, ci andarono Condello e Caruso mentre Giacoppo rimase a controllare l’auto. Poco dopo Giacoppo udì una serie di spari e decise di chiamare in aiuto i rinforzi.

Quando questi arrivarono, alcuni dei criminali erano già scappati e oltre a trovare i corpi dei due carabinieri uccisi, vennero segnalati anche quelli di due esponenti della famiglia Avignone: Rocco e suo nipote Vincenzo. I tre carabinieri si erano trovati nel mezzo di un summit mafioso con tema “spartizione di appalti pubblici e traffico droga”.

È giusto riconoscere il grande gesto di questi due uomini, che hanno sacrificato la loro vita nella lotta contro la mafia. È sempre meglio conoscere che ignorare, perché solo la conoscenza permette di non dimenticare e di mantenere vivo il ricordo di chi, come Caruso e Condello, credeva nella forza della giustizia.

Fonte:https://mafie.blogautore.repubblica.it/