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Le ecomafie non conoscono crisi

Intervista a Sergio Cannavò di Legambiente

A fronte di un numero di illeciti ambientali in continua crescita, in Italia non esiste ancora una legislazione adeguata per contrastare il fenomeno. E la legge sulle intercettazioni non migliorera’ il lavoro investigativo.

Lodi – Non conosce crisi il business dell’ecomafia: questa è la sconcertante realtà che emerge dal Rapporto Ecomafia 2010 di Legambiente, edito anche quest’anno da Edizioni Ambiente.

Un business silenzioso e perciò ancor più pericoloso perché i reati ambientali possono non manifestare immediatamente le loro conseguenze, ma persistere a lungo nel tempo. Come hanno spiegato bene i curatori del Rapporto durante l’incontro dello scorso 4 giugno, nel 2009 sono aumentati gli arresti e gli illeciti accertati; i più diffusi sono legati al ciclo dei rifiuti (il settore più redditizio dell’ecomafia perché sfrutta le debolezze civiche della societ civile, ndr) e a quello del cemento; in crescita anche i reati contro la fauna e contro l’ambiente marino e costiero.

Un giro di affari pari a 20,5 miliardi di euro, frutto di un’intensa attività criminale, ma anche della crisi economica che sfrutta le necessità delle imprese di limitare i costi e propone, o impone, i propri servizi di smaltimento di rifiuti e scorie a prezzi fuori mercato e in maniera illecita.

Per capire meglio questi numeri e il loro impatto sulla società abbiamo intervistato Sergio Cannavò, vicepresidente di Legambiente Lombardia.

Domanda: Cosa è cambiato, se qualcosa è cambiato, rispetto al 2009 per quanto riguarda i reati ambientali in Italia? La situazione è migliorata o l’ecomafia è ancora un fenomeno in espansione?
Sergio Cannavò: Nell’ultimo anno si è registrato in Italia un consistente aumento del fenomeno: +43% degli arresti, +33,4% le persone denunciate, +11% gli arresti per reati contro l’ambiente. Di sicuro la situazione non è affatto migliorata, ma continua a mantenersi su livelli preoccupanti, sia in termini quantitativi che “qualitativi”, cioè la pericolosità delle attività illegali. Si conferma anche la presenza sempre più frequente di soggetti affiliati alla criminalità organizzata o che svolgono una funzione di collegamento tra questa ultima e la “zona grigia” composta da imprenditori e colletti bianchi che fanno affari violando la normativa ambientale.

D.: Quali sono i settori principali nei quali le mafie fanno più affari, violando le norme a tutela dell’ambiente?
S.C.: Lo smaltimento illegale di rifiuti, soprattutto quelli speciali,  costituiti dagli scarti di lavorazione delle industrie; il ciclo illegale del cemento, dalla movimentazione terra alle infiltrazioni negli appalti pubblici. Ma anche la cosiddeta “zoomafia”, con i traffici di specie animali protette, le corse e i combattimenti clandestini tra animali.

D.: Quali sono le regioni maggiormente interessate dal fenomeno ecomafia?
S.C.: Come sempre le 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa: Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Ma quest’anno si registra un preoccupante balzo avanti del Lazio, che si colloca addirittura al secondo posto della classifica generale dell’illegalità ambientale. La Lombardia è più o meno stabile a metà classifica come negli scorsi anni, ma con una forte presenza di imprese e soggetti dediti ai grandi traffici di rifiuti.

D.: La legislazione italiana è adeguata per contrastare il fenomeno? Quello attualmente in vigore è un sistema di leggi più orientato alla prevenzione o alla repressione dei crimini ambientali?
S.C.: La nostra legislazione non è affatto adeguata alla gravità del fenomeno. Da anni attendiamo l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel nostro codice penale, speriamo che l’obbligo di applicare entro la fine del 2010 la Direttiva Europea 2008/99/CE induca il nostro legislatore a provvedere in tal senso e anche ad introdurre la responsabilità amministrativa, con pesanti sanzioni pecuniarie, per quelle aziende che si avvantaggiano della condotta criminosa dei dirigenti o dipendenti che violano la normativa ambientale. L’approvazione di una riforma della legge sulle intercettazioni che le limiti fortemente nel campo delle inchieste in materie ambientali rischia di sottrarre alle forze dell’ordine, che già oggi sono costrette ad operare con pochissime risorse, un efficace e prezioso strumento di indagine. Attualmente, quindi, Il nostro un sistema a bassa efficacia sia sul fronte della prevenzione sia su quello della repressione.

D.: I cittadini spesso non sembrano avere la percezione dei crimini ambientali che si verificano quotidianamente sotto i loro occhi o di cui loro stessi sono protagonisti. Si tratta di mancanza di cultura ambientale, di informazione o di coscienza civica?
S.C.: Tutti questi 3 elementi giocano un ruolo importante nella bassa percezione del fenomeno, anche se è da sottolineare come negli ultimi anni l’attenzione è sempre maggiore, soprattutto da parte degli organi di informazione e dei semplici cittadini. Il giornalismo di inchiesta, a fianco degli approfondimenti sulla criminalità organizzata, è sempre più attento ai fenomeni di ecomafie.

Mario Pasquali

28/6/2010
(Tratto da La Voce)