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La solidarietà dell’Associazione Caponnetto ai giornalisti minacciati dalle mafie, a cominciare dai nostri Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola

DA “IL TEMPO” DEL 1° GIUGNO 2014.

A TUTTI QUESTI ONESTI E CORAGGIOSI

GIORNALISTI, FRA I QUALI ANDREA

CINQUEGRANI, VICE SEGRETARIO

DELL’ASS. CAPONNETTO E RITA

PENNAROLA, NOSTRO CAPO UFFICIO

STAMPA, LA SENTITA VICINANZA ED

AFFETTUOSA SOLIDARIETA’ DI TUTTA

L’ASSOCIAZIONE CAPONNETTO

Tutti gli altri (che non hanno scritto

Minacciati per i loro articoli spesso scritti per pochi spiccioli, privi della scorta, al contrario di

altri che legittimamente ce l’hanno, sempre a rischio di svegliarsi la mattina e trovarsi la

macchina bruciata, il negozio saltato in aria, la cassetta della posta piena di lettere di minacce.

Sono quei cronisti, sconosciuti al grande pubblico, che scrivono di camorra, nella terra dei

Casalesi e non solo, impavidi e armati di sola penna. Che non chiedono né pretendono nulla,

che non danno lezioni di morale e non pretendono di essere “gli oracoli”. Giornalisti giovani e

meno giovani che non mollano la presa e smentiscono quello che Roberto Saviano disse anni

fa, accusando i quotidiani locali di essere troppo teneri coi boss. Balle. Arnaldo Capezzuto, ad

esempio, scrivendo per Epolis e Napoli Più, quando il boss Salvatore Giuliano uccise per

sbaglio Annalisa Durante, una ragazzina, cominciò a indagare senza sosta, calpestando i

piedi a persone pericolose. Per questo subì minacce, avvertimenti e pedinamenti. Ma non si

scoraggiò. Divenne più determinato fino a raccontare che i boss intimidivano i testimoni nei

processi. E in aula minacciarono anche lui, che però mantenne la testa alta e li denunciò. Ci

sono poi Andrea Cinquegrani e Rita Pennarolo, che a La Voce delle voci, un mensile

d’inchiesta con un incredibile numero d’intimidazioni, per anni hanno scritto di appalti, traffico

di rifiuti e riciclaggio. La camorra li ha “ringraziati” bruciandogli le macchine, minacciandoli e

inviandogli messaggi di morte. E non vanno dimenticate le decine di “disavventure” capitate a

Gigi Di Fiore, cronista in prima linea del Mattino. Oppure a Roberto Paolo del Roma, che

insieme al collega Raffaele Sardo ha messo nero su bianco le inchieste sullo scarico dei rifiuti

tossici. Qualcuno andò in redazione per sparargli alle gambe. Si salvò nascondendosi in

bagno. Il cronista Enzo Palmesano detiene invece il record degli attentati. Con le sue inchieste

ha dato un contributo spesso determinante per svelare gli affari dei casalesi, come anche i pm

hanno riconosciuto. E c’è Marilena Natale, che per la Gazzetta di Caserta ha scritto migliaia di

articoli sulla camorra. I boss si sono vendicati adottando le solite tecniche intimidatorie:

minacce continue, proiettili nelle buste, automobili bruciate. E molti altri. Ma non vogliono

essere chiamati eroi.