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La relazione della Direzione investigativa antimafia relativa al primo semestre 2016

 

Il Mattino di Padova, 30 gennaio 2017

La relazione della Direzione investigativa antimafia relativa al primo semestre 2016

di Gianni Belloni

VENEZIA. La “ricetta” della ndrangheta per riuscire a fare business ed insediarsi fuori dalle aree tradizionali è presto detta: “la commistione tra le professionalità maturate, soprattutto nel Nord del Paese, da affiliati di nuova generazione – diretta espressione delle famiglie – e professionisti attratti consapevolmente alla ‘ndrangheta”.

E’ così che la nuova relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) – relativa al primo semestre 2016 e uscita in questi giorni – descrive la capacità della mafia calabrese di operare nelle aree di nuovo insediamento. E i professionisti del nord “consapevoli di collaborare con la criminalità” operano soprattutto “nei settori ad alta redditività come la grande distribuzione, l’immobiliare e quello turistico-alberghiero”.

Scarica o leggi qui la relazione semestrale della DIA

Nella geografia criminale delle presenze ndranghetiste nella nostra regione è Padova che fa il suo ingresso accanto a località in cui la presenza mafiosa è oramai ampiamente consolidata come l’ovest veronese e il basso vicentino.

Nella relazione degli investigatori antimafia si parla di “qualificate presenze di soggetti ‘ndranghetisti riconducibili ad aggregati criminali di Cutro, Delianova, Filadelfia ed Africo Nuovo”. L’operatività di questi soggetti si sarebbe fatta evidente, secondo la Dia, in settori abbastanza rodati come la ristorazione, il turismo, l’edilizia oltre al classico al traffico di stupefacenti. Si sono fatti notare sul litorale veneziano, nell’area compresa tra San Donà di Piave e Jesolo, gruppi camorristici provenienti da Napoli e dal casertano.

Secondo gli investigatori avrebbero assunto comportamenti minacciosi e vengono segnalati come “autori di incendi dolosi ai danni di imprenditori locali”. Una presenza tutt’altro che silente, insomma, ma tendente a riprodurre modalità tipiche dei territori di provenienza. La relazione ricorda l’arresto – definito “rilevante” – avvenuto nel marzo 2016 a Chioggia del capo del gruppo napoletano Cimmino, Luigi Cimmino, latitante da un paio di mesi.

Un arresto che ha confermato il Veneto come terra di destinazione dei latitanti data, evidentemente, la presenza di importanti appoggi logistici ed economici. Una novità del nuovo rapporto riguardo al Nordest è l’attenzione riservata a Cosa nostra, negli ultimi anni un po’ in ombra rispetto al protagonismo delle altre mafie. Secondo il rapporto “ nel Veneto si sarebbero registrate presenze di soggetti legati a cosa nostra, che tenderebbero innanzitutto a radicarsi economicamente sul territorio con una presenza stabile, ma non tale da assumere le connotazioni tipiche della Regione di provenienza”.

Obiettivo dell’operatività di Cosa nostra in questi territori sarebbe “il riciclaggio e il reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l’acquisizione di attività commerciali ed imprenditoriali, sfruttando, se del caso, l’opera di gruppi delinquenziali locali”. Ma il campanello d’allarme suona, vista la drammatica crisi del sistema creditizio nelle nostre zone, quando gli investigatori sottolineano la tendenza degli appartenenti a Cosa nostra a “a sostituirsi al sistema del credito legale e a praticare l’usura”. Leggiamo nel rapporto come anche in Veneto le organizzazioni criminali sono attive nella “gestione” della forza lavoro dato che “i fenomeni del “lavoro nero” e del “caporalato”, sono molto diffusi non solo nelle aree a vocazione agricola del sud, ma anche in quelle più floride del centro e del nord”.

NDRANGHETA IN VENETO

“La criminalità organizzata calabrese, in specie catanzarese e reggina, seppure non radicata nel Nord Est del Paese, continua a far emergere, soprattutto in Veneto, chiari segnali di operatività.

Si sono registrate, infatti, qualificate presenze di soggetti ‘ndranghetisti su Padova, nell’ovest veronese e nel basso vicentino, riconducibili ad aggregati criminali di Cutro, Delianova, Filadelfia ed Africo Nuovo.

“Queste manifestazioni sarebbero diventate palesi con riferimento, oltre che al traffico di stupefacenti, anche alla ristorazione, al turismo e all’edilizia, come emerso con riferimento a quest’ultimo settore, nel corso di un’operazione conclusa nel mese di aprile dalla Guardia di Finanza, con l’arresto, per bancarotta fraudolenta, di tre imprenditori attivi nella fabbricazione di infissi metallici in provincia di Treviso.

“Uno dei citati imprenditori, originario della provincia di Parma, sarebbe risultato in contatto con esponenti della cosca GRANDE ARACRI. Sempre ad aprile, come accennato nella descrizione delle dinamiche criminali dedicate alla provincia di Crotone, il Centro Operativo D.I.A. di Padova ha concluso l’operazione Amaranto 2, con l’arresto di alcuni soggetti facenti parte di un’associazione criminale di matrice ‘ndranghetista insediatasi in Veneto – in particolare a Padova e Vigonza (PD) – diretta da soggetti collegati alla cosca GIGLIO ed attiva prevalentemente nel traffico di sostanze stupefacenti.

CAMORRA IN VENETO

Nella Regione si segnalano presenze di gruppi camorristici casertani, in particolare del clan dei CASALESI e del capo-luogo campano. Tali presenze sarebbero concentrate soprattutto sul litorale veneziano, nell’area compresa tra San Donà di Piave e Jesolo, con soggetti che oltre ad aver assunto, in alcuni casi, comportamenti minacciosi tipici degli ambienti malavitosi, sono stati segnalati quali autori di risse nella zona del sandonatese e di incendi dolosi ai danni di imprenditori locali. Con riferimento al semestre, appare rilevante l’arresto, avvenuto a Chioggia (VE) nel mese di marzo, del capo del gruppo napoletano CIMMINO: il pregiudicato si era reso latitante dopo che la Cassazione, a febbraio 2016, aveva ripristinato il provvedimento cautelare a suo carico.

MAFIA IN VENETO E FRIULI

Come emerso, negli anni, dagli esiti di varie attività di polizia giudiziaria, nel Veneto si sarebbero registrate presenze di soggetti legati a cosa nostra, che tenderebbero innanzitutto a radicarsi economicamente sul territorio con una presenza stabile, ma non tale da assumere le connotazioni tipiche della Regione di provenienza.

Lo scopo principale di tali sodalizi va, infatti, individuato nel riciclaggio e nel reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l’acquisizione di attività commerciali ed imprenditoriali, sfruttando, se del caso, l’opera di gruppi delinquenziali locali. A ciò si aggiunga la forte disponibilità di liquidità, che spinge l’organizzazione a sostituirsi al sistema del credito legale e a praticare l’usura.

Questa ingerenza di cosa nostra nelle attività produttive del nord est ha trovato una importante evidenza anche in Friuli Venezia Giulia, come dimostrato dalle attività condotte nel corso del semestre dalla D.I.A.. Nello specifico, il Centro Operativo di Palermo ha eseguito, nel mese di febbraio, anche in provincia di Pordenone, una confisca nei confronti di un imprenditore edile palermitano, le cui possidenze immobiliari e le transazioni finanziarie effettuate su conti personali e societari sono risultate, in realtà, riconducibili a cosa nostra palermitana.

Le società di riferimento avevano, infatti, assunto il ruolo di interfaccia e di collegamento con il mondo economico legale, riciclando il denaro proveniente dalle attività delittuose di cosa nostra, anche fuori dalla Sicilia.

È della Guardia di Finanza, invece, il provvedimento di sequestro eseguito anche ad Udine, con riferimento al patrimonio di un altro imprenditore, sempre palermitano e sempre collegato a cosa nostra.

Con riferimento al territorio in parola, vale la pena di segnalare che nel mese di maggio si è spontaneamente costituito un pregiudicato domiciliato ad Udine ed organico alla famiglia BRANCACCIO, condannato per il reato di trasferimento fraudolento di valori, aggravato dal metodo mafioso.

Sebbene non immediatamente riconducibile ad un contesto di tipo mafioso, si registra un certo attivismo di criminali di origine siciliana, inseriti in associazioni per delinquere autoctone dedite a reati di tipo predatorio o inerenti agli stupefacenti. Nel semestre, il fenomeno è documentato da più operazioni di polizia che hanno condotto all’arresto di pregiudicati coinvolti in rapine ad istituti di credito e nel traffico internazionale di droga.

Tra queste, vale la pena di richiamare le operazioni collegate “ Vecchio Borgo ” e “Apocalisse”, concluse nel mese di maggio dalla Guardia di Finanza di Trieste e Venezia ed a seguito delle quali è stata smantellata un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di stupefacenti, attiva tra la laguna veneta e Milano. Le indagini hanno portato all’arresto di 25 responsabili e all’esecuzione una misura interdittiva dell’esercizio della professione forense nei confronti di un avvocato di Chioggia.

Dalle investigazioni è emerso il coinvolgimento di soggetti siciliani e di alcuni marocchini, con quest’ultimi che gestivano l’acquisto,

nel proprio Paese, di ingenti carichi di stupefacenti, il successivo stoccaggio in Spagna ed il conclusivo trasporto in Italia. Ai vertici dell’associazione, operante nell’area di Chioggia, due noti fratelli pregiudicati, uno dei quali aveva avuto in passato legami con la “Mala del Brenta”.

http://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/semestrali/sem/2016/1sem2016.pdf