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La lotta alle mafie non si fa con le chiacchiere

La Storia, quella vera che, forse, mai nessuno ci ha

insegnato e ci insegna, ci dice che nel nostro Paese

corruzione e potere rappresentano, purtroppo, due elementi

inseparabili, quasi connaturali.

E’, questo, il “vizio” letale che caratterizza il nostro Paese e

lo rende diverso da tanti altri.

Le classi dominanti sono riuscite nei secoli a dar vita ad un

“sistema” che è il loro “sistema”.

Un sistema delle classi dominanti, vessatorio e talvolta

violento ab origine, ai danni di quelle subalterne.

Il costituirsi in “classi sociali” del tessuto sociale nel Paese

é servito, nei decenni trascorsi, ad accendere uno scontro

che, al di là del giudizio che ognuno può dare al riguardo, è

servito a ridurre il predominio degli uni sugli altri e ad

attenuare le violenze.

I decenni immediatamente successivi all’ultimo conflitto

mondiale hanno rappresentato, infatti, con le grandi lotte

sindacali e civili, uno spartiacque rispetto ad un periodo

infinito in cui le classi meno agiate hanno dovuto subire la

violenza di quelle dominanti ed hanno – quel che più è

importante -, in certo qual modo, modificato un tantino il

“sistema” rendendolo più accettabile da parte di tutti.

Meno vessatorio, meno sgradevole diciamo.

Con la ricchezza, però, sempre concentrata nelle mani di una

classe e con la subalternità, di conseguenza, di coloro che

non detenevano il dominio dell’economia rispetto a quella

che non ha mai, però, voluto mollare quel dominio.

Un dominio assoluto che ha sempre rifiutato la logica della

compartecipazione.

Possiamo dire che il “Potere “si è dato una nuova forma, si è

riorganizzato, si è ammodernato al punto da diventare meno

violento, almeno sul piano dell’immagine.

E’, a questo punto, che esso si è fuso quasi con la mafia che

ne è diventata lo strumento di difesa rispetto alle

rivendicazioni delle classi storicamente subalterne.

Il grande merito del partito comunista, al di là del giudizio

che ognuno può dare sulla sua connotazione e sulla sua

metodologia, è stato quello di aver assunto le vesti ed il

ruolo, in quel periodo, di una sorta di contropotere, di lotta

dei poveri contro i ricchi, degli operai contro il “padrone”, un

“padrone” che intanto non disdegnava di utilizzare a sua

difesa anche la mafia.

La vicenda di Portella della Ginestra e dell’eccidio dei

contadini che manifestavamo per rivendicare il diritto al

possesso di una parte della grande proprietà.

Il resto è storia.

Storia dei nostri tempi.

Una storia di rapporti e di collusioni, fino a diventare

contiguità sistematica, se non sovrapposizione talvolta, che

si sono andati cementificando.

Il “sistema”, un “sistema” che, con la scomparsa delle classi

sociali e con le mutazioni genetiche che hanno interessato il

vecchio impianto politico tutto intero, a cominciare dalla

scomparsa del partito comunista, non trova più strutture

organizzate di contrasto, come una volta, ai livelli politico e

sociale.

Oggi noi ci vediamo costretti ad assistere a fenomeni

continui ed innumerevoli di scioglimento per mafia di

amministrazioni di destra come di sinistra, senza più alcuna

differenza.

Un trionfo della corruzione, del “potere”, della mafia.

Delle mafie!!!

Abbiamo voluto fare questa ricostruzione non per

improvvisarci storici, sociologi o economisti, ma solo per far

comprendere a chi non l’avesse ancora compreso o,

peggio, facesse finta di non averlo compreso, che, oggi, il

fare antimafia vera, pratica, reale esige l’autonomia più

assoluta da tutto e da tutti.

Non che tutti sono mafiosi, per carità, perché ci sono nei

partiti persone, singoli, che sono onesti e puliti.

Ma se io, Associazione o che altro, prendo un euro da un

partito, da un ente, da un’istituzione, perdo la mia autonomia

e non sono più libero nel combattere le mafie

militari, politiche, economiche che sono annidate proprio in

quegli ambienti e spesso li condizionano e li controllano.

Un’antimafia vera DEVE essere autonoma e non

condizionata da chicchessia nello scovare e

DENUNCIARE, con tanto di nomi e cognomi, tutti quei

fenomeni di corruzione e di mafiosità che trovano la loro

sorgente proprio nella politica e nelle istituzioni.

E a quegli idioti o persone in malafede che vanno

dicendo, pur riempendosi la bocca dei nomi di

Borsellino, Falcone e delle altre vittime di mafia, che “non

spetta a noi fare le indagini!!! ” (sic)… , rispondiamo

che proprio Borsellino sosteneva con forza che il peso della

lotta alla mafia non può e non deve essere accollato sulle

sole spalle di magistrati e forze dell’ordine!!!

I cittadini perbene debbono imparare a collaborare con esse.

E la lotta alla mafia, considerati ormai l’altissimo livello di

penetrazione che essa ha raggiunto nelle articolazioni dello

Stato e la conseguente urgenza di combatterla, si fa, per

essere efficace, con l’INDAGINE e la DENUNCIA e senza

compromissioni con nessuno!!!

Non la si può e deve fare con le chiacchiere.