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Immondizia. La discarica di Borgo Montello, il clan dei Casalesi, l’assassinio di Don Boschin e le responsabilità di politic

E’ perlomeno dalla fine degli anni ‘80 che la camorra dei casalesi interra rifiuti pericolosi nel Lazio. Alle porte di Roma ed esattamente nei terreni di Borgo Montello,una località tra i comuni di Latina, Cisterna, Nettuno ed Anzio,sede del sito archeologico della pre-romana Satricum, sono state sversate, in discariche legali e non, tonnellate di rifiuti pericolosi con il consenso ed il guadagno di imprenditori , politici nazionali e locali. Perché i boss hanno deciso di “smaltire” i rifiuti nel Lazio?

La spiegazione è semplice: le discariche abusive in Campania erano già allora colme di mondezza ed i terreni nell’hinterland di Napoli e Caserta avevano raggiunto costi elevati. Inoltre, le Forze di Polizia e la Magistratura avevano avviato azioni di contrasto e repressione del fenomeno.

Nel Lazio ed in particolare in aree non intensamente popolate i terreni agricoli venivano e vengono tuttora acquistati a prezzi concorrenziali da acquirenti, spesse volte, con curriculum criminali di elevato spessore e con poca propensione alle attività agresti.

Già nel marzo del 1996, l’allora comandante provinciale dei Carabinieri di Latina, colonnello Vittorio Tomasone, attuale comandante dei Carabinieri di Roma, ascoltando il pentito di camorra Carmine Schiavone, cugino del più famoso Francesco Schiavone detto“sandokan” apprese da questi che: «Il clan dei casalesi da moltissimi anni ha avviato nella provincia di Latina un’opera di infiltrazione e di investimento degli introiti illeciti…

Non era solo il mio gruppo ad avere interessi in terra pontina perché parlando con i capi zona nostri avevo notizia della presenza di esponenti di tutte le mafie nazionali che fungevano da referenti locali dei gruppi da cui provenivano.

Il clan dei casalesi aveva nel basso Lazio un referente Antonio Salzillo,nipote del boss  Antonio Bardellino ,a quel tempo alleato degli Schiavone.

Racconta ancora  ai Carabinieri il collaborante  Carmine

Schiavone:  «La provincia di Latina non può dirsi immune dal problema dei rifiuti smaltiti illecitamente. Mi diceva Antonio Salzillo che lui operava con la discarica ufficiale di Borgo Montello.

Da tale struttura lui prendeva una percentuale sui rifiuti smaltiti lecitamente e in tale struttura lui faceva occultare bidoni di rifiuti tossici o nocivi per ognuno dei quali lui mi diceva che prendeva 500mila lire. Il Salzillo mi diceva pure che smaltiva rifiuti tossici pure sul lungomare di Latina in delle buche dalle quali era stata estratta sabbia o in luoghi adibiti ad allevamento di animali. Non mi diceva quale sistema usava per falsificare la documentazione dei rifiuti o come riuscivano gli imprenditori del settore a dimostrare l’avvenuto smaltimento.

Ma chi era questo Antonio Salzillo?

Era stato sicuramente ” l’ambasciatore dei casalesi” nel Lazio sino a  quando non ci fu la caccia ai bardelliniani, verso la fine degli anni ’80,che segnò la supremazia degli Schiavone.

Salzillo si rifugiò nel basso Lazio cosi come tutti gli esponenti dei clan perdenti la guerra di camorra.

Da alcuni anni Salzillo era rientrato nel casertano, dopo un lungo soggiorno a Milano. A Cancello Arnone aveva aperto un bar e una concessionaria d’auto. Qui lo scorso 6 marzo, con la volontà esplicita di colpire definitivamente la camorra storica napoletana, i killer spietati di “gomorra” hanno ucciso in un agguato  Antonio Salzillo, 50 anni e Clemente Prisco di 45 anni, nipoti dei due boss più ”blasonati” della camorra campana, Antonio Bardellino e Raffaele Cutolo.

Antonio Salzillo quindi non potrà più parlare in quel processo sugli Anni 90,che si sta tenendo presso la Corte d’Assise del Tribunale di Latina. Non potrà confermare quanto detto dal pentito Carmine Schiavone sui rifiuti tossici interrati in chissà quante località del Lazio.

E pensare che a soli due chilometri da quella discarica così cara alla camorra, a cui tanta politica della Regione Lazio ha attinto fondi per finanziare megagalattiche campagne elettorali e fortune economiche personali, è stata confiscata ai casalesi un’azienda agricola di dieci ettari. Nel 2003, al momento della consegna del fondo agricolo ai rappresentanti della Cooperativa sociale che ha avuto in assegnazione il bene, la polizia municipale del Comune di Cisterna di Latina ha rinvenuto, interrati sotto i filari del vigneto, a margine del fiume Astura, innumerevoli sacchi contenenti quintali e quintali di residui ferrosi delle vecchie monete in lire.

Come è potuto accadere che  questi rifiuti tossici, contenenti nichel, e che quindi dovevano essere smaltiti in sicurezza e sotto la vigilanza della Banca d’Italia, siano stati sversati  su un bene confiscato ai casalesi ,a ridosso della via Pontina ,a pochissimi chilometri da Roma ?

Come è possibile che dopo anni dal fatto non siano emerse responsabilità giudiziarie a carico di soggetti istituzionalmente preposti allo smaltimento delle vecchie monete metalliche in lire?

E’ alle porte della Capitale che le mafie diventano nebbia incolore e si confondono con gli affari e la mala politica.

E’ forse nel Lazio che la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta si mescolano con i comitati d’affari e con i poteri occulti, per corrompere e  divenire “quinta mafia”.
Antonio Turri

(Tratto da Articolo 21)