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Il famoso rapporto sui 162 mafiosi

Il famoso rapporto sui 162 mafiosi

Il dr. Alberto Di Pisa (ud. 31/3/1999) ha riferito che il c.d. “rapporto dei 162” era stato presentato da organi investigativi congiunti e riguardava sia i gruppi “perdenti” che i “vincenti”, precisando che si trattava della prima grossa indagine concernente direttamente la fazione di “cosa nostra” dei c.d. corleonesi” e che il dr. Chinnici fino alla morte era stato l’unico interlocutore della Procura per quel processo; l’istruttoria fu chiusa nel 1985, dopo la sua morte.

Il col. Angiolo Pellegrini (ud. 15/6/1999), ufficiale da sempre a stretto contatto con l’Ufficio Istruzione penale, quale comandante della I sezione del Nucleo Operativo Carabinieri, ha riferito che il dr.Chinnici “…aveva ereditato dal dott. Terranova una gran voglia di fare qualcosa di concreto nei confronti della criminalità organizzata, un fenomeno unico da combattere in maniera organica e anche se aveva istituito il pool antimafia di magistrati dell’Ufficio istruzione, egli continuava a dirigere le più importanti indagini, tenendo anche la titolarità di alcuni processi” ed ha ricordato il processo per i fatti-reato connessi con la ricostruzione del Belice, il processo per l’omicidio del giornalista Mario Francese, e quelli relativi agli omicidi dell’on. Piersanti Mattarella, dell’on. Pio La Torre e del Prefetto Dalla Chiesa.

L’ufficiale ha aggiunto che il consigliere istruttore “Aveva l’idea che tutti questi omicidi fossero legati da un qualcosa e sicuramente tutti riconducibili alla criminalità organizzata e proprio per questa idea aveva approfondito indagini che riguardavano uno dei killer delle famiglie mafiose, Prestifilippo Mario”.

 

Quanto alla genesi del “rapporto dei 162”, consegnato alla Procura il 13 luglio 1982, il col Pellegrini ha precisato che il rapporto era nato “dall’emergenza determinata dalla guerra di mafia” ed era “il frutto dell’intuizione degli investigatori di ricostruire non più il singolo delitto e di individuare il singolo autore, ma di elaborare la situazione complessiva di cosa nostra esistente nei primi mesi dell’anno 1982; si concluse con la denuncia di 161 persone tra le quali Michele Greco che fino a quel momento era un personaggio particolarmente rispettato anche nella Palermo bene” ed ha aggiunto: “possiamo dire che il dott. Chinnici con la sua attività di lavoro aveva posto le basi del primo maxi processo perché da quel rapporto scaturirono poi altri successivi rapporti importanti e iniziò la collaborazione di Tommaso Buscetta il quale, oltre a confermare la ricostruzione della situazione criminale mafiosa operata dalle forze di Polizia, forniva ulteriori decisivi elementi che conducevano alla scoperta dall’interno di questa organizzazione e che inchiodavano alle proprie responsabilità i cugini Salvo; da quel rapporto, e dal sacrificio della vita del giudice e degli altri servitori dello Stato, nacquero ottocento richieste di rinvio a giudizio e tre maxi processi”.

 

Le concordi dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia consentono di ritenere che “cosa nostra” sapeva di quelle indagini e temeva quel rapporto; sul punto è appena il caso di ricordare che il Mutolo ha definito il Palazzo di Giustizia un colabrodo e che egli stesso aveva avuto diretta conferma dell’esistenza del rapporto da una conversazione con Riccobono Rosario dell’esistenza del rapporto.

Anche il collaboratore di giustizia Cancemi ha più volte ribadito le molteplici possibilità per l’organizzazione di acquisire informazioni riservate

Significative sono anche le dichiarazioni rese dall’imputato Brusca Giovanni (ud. 1/3/1999) che appare opportuno riportare testualmente:

P.M. – Lei ha detto: “Per ”cosa nostra” Chinnici era un individuo da eliminare, anche perchè in quel periodo stava facendo delle indagini sul famoso rapporto”, etc. Come voi eravate a conoscenza? Erano già stati emessi i provvedimenti restrittivi?

Brusca – Non mi ricordo se già erano stati emessi, siccome… sa perchè non mi ricordo? Perchè io non ero imputato, erano stati emessi, però forse li doveva firmare e poi non li ha firmati più, perchè su questo rapporto 162 c’è stata una lotta all’interno della Procura…

P.M. – E voi come eravate di queste… che erano poi dei segreti all’interno dell’Ufficio?

Brusca – Dottoressa, allora se crediamo, chiedo scusa, ai segreti di Pulcinella, senza offesa per nessuno. Ne conoscevano i Salvo, ne conosceva Salvatore Riina tramite altri canali.”

Come si avrà modo di precisare più avanti i Salvo erano a conoscenza di quelle indagini tanto che cercarono di “avvicinare” il consigliere istruttore.

Né lo stato di detenzione poteva costituire un ostacolo per “cosa nostra” all’acquisizione di informazioni riservate tanto che l’imputato Madonia Francesco informò il Mutolo dell’esistenza di quel rapporto e che sarebbero stati emessi i mandati di cattura.(cfr.Mutolo,ud.cit.).

Quanto poi alla irreprensibile dirittura morale del dr.Chinnici nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, va rilevato che qualificate fonti probatorie hanno riferito circostanze probatoriamente rilevanti, facenti parte del personale patrimonio conoscitivo dei dichiaranti in quanto direttamente acquisite.

Di Carlo Francesco (ud. 15.2.1999), il cui profondo radicamento nella realtà mafiosa palermitana e la lunga militanza in “cosa nostra” ne conclamano la sicura affidabilità – in ordine alla quale si rinvia alle considerazioni che saranno svolte più avanti – ha riferito che “cosa nostra” sapeva bene che il dr. Chinnici era “irremovibile nelle cose, almeno aveva questa reputazione già da anni” e che egli stesso era stato incaricato personalmente di contattare il prof. Bonanno, originario di Misilmeri, padrino di battesimo o di cresima del magistrato, radiologo con studio nei pressi della stazione ferroviaria di Palermo.

Il collaboratore ha riferito che il medico fornì la seguente risposta: “guardate che conosco mio figlioccio, mi rispetta, lo voglio bene, ma quando si tratta di lavoro non c’è”; il Bonanno era andato comunque a trovare il dr. Chinnici il quale aveva risposto che avrebbe chiesto il proscioglimento soltanto se si fosse convinto dell’inesistenza delle prove a carico della persona raccomandata.

Il Bonanno era un vecchio e caro amico del consigliere Chinnici, anch’egli originario di Misilmeri ed effettivamente, come ha riferito il figlio del giudice, Chinnici Giovanni, (ud. 31/3/1999), era padrino di battesimo o di cresima del padre, precisando che tra le famiglie vi era stata una certa frequentazione con visite, come quelle che solitamente si fanno alle persone anziane.

Ciononostante i tentativi di avvicinamento, anche in epoca piuttosto recente rispetto all’attentato, non erano venuti meno, e sul punto l’imputato Brusca Giovanni (ud.1/3/1999) ha testualmente riferito : “In quel momento hanno detto: “Finalmente è arrivato il momento di romperci le corna”, però sapevo che i Salvo avevano il problema con il dottor Chinnici, che lui indagava su di loro. Loro avevano fatto tanti tentativi di poter avvicinare il dottor Chinnici, ma non ci sono mai riusciti, cioè politicamente. …. me lo dicono i Salvo stessi; i Salvo, mio padre, Salvatore Riina. Capito? Al sud non c’è bisogno di… di fare tanti argomenti, cioè loro dice: “Abbiamo fatto tanti tentativi di poterlo avvicinare, ma non ci siamo mai riusciti”.

 

Alla luce di quanto sopra esposto appare evidente l’interesse dell’organizzazione di eliminare un magistrato determinato e professionalmente preparato come il dr. Chinnici i cui innovativi metodi di lavoro potevano costituire un più efficace sistema di contrasto della criminalità organizzata, come risulta dalla deposizione resa dal dr. Accordino il quale ha riferito che il consigliere istruttore “aveva incoraggiato, aveva portato avanti la necessità di un sistema di indagine congiunta, di pool investigativi….con riferimento a magistrati e con riferimento a forze dell’ordine, in quanto giustamente lui sosteneva che di fronte a un fenomeno unitario gerarchico piramidale come la mafia occorre che lo Stato si organizzi in maniera analoga e non in maniera frammentaria con mille rivoli di indagine ognuno nelle mani di un magistrato che non sa quello che fa l’altro”(cfr.ud.1/6/1999).

La circostanza è stata confermata anche dal teste dr. Aldo Rizzo, all’epoca parlamentare, con il quale il giudice Chinnici, in occasione degli incontri nei fine settimana, aveva avuto modo di parlare dei propri orientamenti sul piano organizzativo.

A conferma del convincimento del consigliere istruttore in ordine alla matrice unitaria dei c.d. omicidi politici va rilevato che lo stesso magistrato lo aveva manifestato apertamente a colleghi ed investigatori, tanto che intendeva disporre una perizia balistica comparativa tra le armi utilizzate per l’esecuzione dei vari delitti.

Fonte:https://mafie.blogautore.repubblica.it/