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I Borsellino contro l’Antimafia Carnival

di Saverio Lodato – 11 luglio 2015
Manfredi e Lucia Borsellino hanno il sacrosanto diritto di manifestare un profondo disagio di fronte all’Antimafia Carnival che da oltre un ventennio si è inesorabilmente appropriata di date, cerimonie, anniversari, commemorazioni, scopertura di lapidi, fasce tricolori, partite del cuore, navi, treni, pullman della legalità, t-shirt, centri studi, fondazioni, docu-fiction TV, gadget di ogni tipo, fondi e finanziamenti.
Se gente di ceppo antico, come sono i Borsellino, si è stufata al punto da annunciare che il 19 luglio di quest’anno preferirà starsene chiusa in famiglia ricordando Paolo, il capostipite, nel raccoglimento in una piccola cappella di una chiesetta di Pantelleria, ciò significa che quel profondo disagio assomiglia molto alla nausea e al disgusto per ciò che è diventata, anno dopo anno, l’Antimafia Carnival. I Borsellino, di natura loro, non sono mai stati estremamente loquaci, avendo la preoccupazione costante che ogni parola pronunciata possa dare adito a strumentalizzazioni interessate, a letture “politiche” di scelte che loro chiedono, invece, che rimangano l’espressione di un doloroso percorso personale. E sia chiaro che non tutti i Borsellino reagiscono allo stesso modo, visto che invece Salvatore, il fratello di Paolo, anche quest’anno parteciperà al ricordo della strage di via D’Amelio. E allora?
Diciamo subito che a noi piace la scelta di Manfredi e di Lucia di “non andare”, la scelta di Salvatore di “andare ancora una volta”, e persino il silenzio di Rita sull’argomento, e che ci appare altrettanto eloquente dei pensieri che le staranno passando per la testa.
No, no.
Non siamo diventati cerchiobottisti.
Non vogliamo tenere il piede in due scarpe.
Non ci va bene tutto e il contrario di tutto.
Ci vanno bene – dicendola in maniera un po’ grossolana – i Borsellino così come sono, presi in blocco, non essendo noi giudici o esegeti del pensiero di ciascun membro della famiglia, e non avendo, oltre che titolo, alcun interesse a strattonare questo o quello per finalità che con la lotta alla mafia non c’entrano un fico secco. Spieghiamo meglio.
In questi ultimi mesi si è assistito a una gazzarra indegna attorno alla presenza di Lucia, in qualità di assessore alla sanità, nel governo regionale di Rosario Crocetta.
Fu liberissima di entrare in quel governo, ritenendo che si fossero finalmente aperti degli spazi per un cambiamento della politica siciliana, dopo il Decennio Orribile dei Cuffaro e dei Lombardo.
Fu liberissima di uscirne, come ha fatto, essendosi a un certo punto resa conto che purtroppo neanche con Crocetta i siciliani avevano dove andare. A molti piacque quando Lucia scese in politica – primo fra tutti proprio il Crocetta che intendeva fortificare facile facile “l’immagine” antimafia del suo governo – e ora sono dispiaciuti perché se ne sia andata.

A molti, al contrario, la sua nomina non andò giù, mentre ora sono felicissimi del “gran rifiuto” di Lucia.
Andrebbe qui aperta una lunghissima parentesi per affrontare la fulminea degenerazione del “fenomeno Crocetta” passato anche lui, dai tempi in cui era sindaco a Gela, da un’antimafia intesa come spirito di servizio all’Antimafia Carnival che oggi va in scena nei baracconi dei Luna Park. Il che c’entra non poco con i due fuochi concentrici dentro cui si è venuta a trovare proprio Lucia Borsellino. Ma Crocetta se ne starà inchiodato a Palazzo d’Orleans, sapendo benissimo che i maggiorenti PD, che a parole vorrebbero cacciarlo, la spina non la staccheranno mai perché – come si potrebbe dire parafrasando Bertold Brecht – prima vien la poltrona e poi vien la morale.
E gli opinionisti? Anche gli opinionisti hanno preso la palla al balzo per infilzare l’antimafia, magari scrivendo anche tre articoli al giorno, dividendosi equamente fra i due schieramenti che salutarono in maniera differente la nomina di Lucia Borsellino. Alcuni dei commentatori che oggi fanno le pulci a Crocetta, – del quale abbiamo già detto quello che pensiamo – beatificando Lucia Borsellino perché se ne è andata, erano gli stessi che si affollavano davanti al vassoio di cannoli di Toto’ Cuffaro, quando “zu vasa, vasa” era ancora in auge, potente e riverito. Giusto per ricordare.
In conclusione. In questi ultimi mesi sono accaduti fatti sconcertanti. Mettere ordine è quasi impossibile.
Per molti, infatti, l’Antimafia è diventata un affare. Non sappiamo dirla in altro modo. Un business, come quello dei beni confiscati alle cosche. E che sembra argomento fatto apposta, non per una, ma per più puntate di “Report”. E perché escludere che un giorno vadano in onda? La famiglia trapanese dei Virga, che proprio in questi giorni ha subito un sequestro miliardario a opera della Dia, si era annidata nelle pieghe delle associazioni antiracket sperando, anche lei, che l’antimafia fosse una cosa facile facile.
Le inchieste che hanno investito Antonello Montante – e si vedrà come andranno a finire – raccontano di un rappresentante apicale della piramide che gestisce, per l’appunto, i beni sequestrati e confiscati alle famiglie mafiose. E col tempo sapremo dove conducono gli accertamenti patrimoniali che lo riguardano. Perché ci saranno, a rigor di logica. Da nessuna parte – sembra il giudizio sicuro della Confindustria, siciliana e nazionale – che a Montante ribadisce fiducia, così come il senatore PD Giuseppe Lumia che in un’intervista mette in guardia dalla “delegittimazione contro la Confindustria di Lo Bello e di Montante”. Una linea che non si discosta molto da quella dei partiti quando i loro sodali finiscono nei guai giudiziari.
Poi c’è il caso di Roberto Helg, l’imprenditore palermitano finito in manette perché nei giorni pari tuonava contro il pizzo e nei giorni dispari lo pretendeva.
Ammetterete che lo spettacolino fa un po’ schifo.
Ma l’Antimafia Carnival procede per la sua strada. Imperterrita, nel disprezzo del ridicolo.
Piaccia o no, i Borsellino hanno detto come la pensano. Lo farà anche la signora Maria Falcone, che porta un cognome altrettanto evocativo? Lasciateci dire che ne dubitiamo fortemente.

saverio.lodato@virgilio.it

Foto © Giorgio Barbagallo