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Fra gli arrestati anche l’ex Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza di Terracina

ROMA – Una gigantesca rete di riciclaggio di denaro sporco con ramificazioni internazionali per un ammontare complessivo di circa due miliardi di euro e 400 milioni di Iva evasa. E’ questo il quadro dell’operazione Phunchard-Broker, i cui dettagli sono stati resi noti dal procuratore della direzione distrettuale antimafia di Roma, Giancarlo Capaldo, nel corso di una conferenza stampa insieme al procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Quella che è emersa è una rete che vede coinvolto anche Silvio Scaglia, ex amministratore delegato e fondatore di Fastweb, raggiunto da un mandato di arresto, ma al momento ricercato all’estero. Scaglia ha dato mandato ai suoi difensori di concordare il suo interrogatorio nei tempi più brevi per chiarire tutti i profili della vicenda. L’imprenditore, ricercato per riciclaggio, riafferma comunque – in una nota – la sua estraneità a qualunque reato.

GLI ALTRI INDAGATI – Tra i coinvolti anche Nicola Di Girolamo, senatore del Pdl eletto nella circoscrizione estera Europa: anche per lui è stato richiesto l’arresto. Tra gli arrestati anche un ufficiale della Guardia di finanza: Luca Berriola, attualmente in servizio al Comando di tutela finanza pubblica. Risulta poi indagato Stefano Parisi,amministratore delegato di Fastweb a partire dal primo novembre 2004. Sono poi indagate Telecom Italia Sparkle spa e Fastweb spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, per associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata. Fastweb, in un comunicato, fa sapere di ritenersi estranea e parte lesa in relazione alla vicenda. Fastweb, comunque, garantisce la continuità dell’attività ai clienti e ai 3.500 dipendenti e alle oltre 8.000 persone che lavorano per la società. Quanto a Telecom Italia Sparkle, risulta indagato Riccardo Ruggiero, all’epoca dei fatti presidente della società, e arrestato Stefano Mazzitelli, ex amministratore delegato della stessa. Complessivamente il gip di Roma ha disposto 56 arresti.

CHIESTA L’INTERDIZIONE – La procura di Roma ha fatto richiesta formale di commissariamento di Fastweb e Telecom Sparkle. Secondo quanto si è appreso la richiesta di commissariamento è motivata dalla «mancata vigilanza» ed è stata fatta sulla base della legge 231 del 2001 che prevede sanzioni per quelle società che non predispongono misure idonee ad evitare danni all’intero assetto societario. Fastweb fa però sapere che nei confronti delle due aziende sarebbe stata avanzata anche una richiesta di misura interdittiva dell’esercizio dell’attività, precisando che la richiesta sarà valutata dal giudice il prossimo 2 marzo. Le indagini hanno avuto ripercussioni anche sulla quotazione delle due società in Borsa. A Milano, giù Fastweb (-5,59%), coinvolta in indagini su un caso di riciclaggio, e Telecom Italia (-2,78%), con la controllata Sparkle indagata per lo stesso caso.

LE ORDINANZE – Sono stati i carabinieri dei Ros e la Guardia di Finanza a condurre l’inchiesta che ha portato a 56 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Roma. Alcuni indagati sono stati arrestati in Usa, Inghilterra e Lussemburgo. Nelle richieste di arresto ci sono anche altri ex dirigenti di Fastweb in carica tra il 2003 e il 2006 e di Sparkle, indicata come consociata di Telecom. Viene loro contestato di non avere adottato le necessarie cautele per evitare che le società fittizie lucrassero crediti d’imposta per operazioni inesistenti relativi all’acquisto di servizi telefonici per grossi importi.

RICICLAGGIO – L’accusa è associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di capitali illecitamente acquisiti attraverso un articolato sistema di frodi fiscali. Il riciclaggio veniva realizzato attraverso la falsa fatturazione di servizi telefonici e telematici inesistenti, venduti nell’ambito di due successive operazioni commerciali a Fastweb e a Telecom Italia Sparkle rispettivamente dalle compagini italiane Cmc e Web Wizzard nonché da I-Globe e Planetarium che evadevano il pagamento dell’Iva per un ammontare complessivo di circa 400 milioni di euro, trasferendoli poi all’estero. Per realizzare la colossale operazione di riciclaggio, il sodalizio si è avvalso di società di comodo di diritto italiano, inglese, panamense, finlandese, lussemburghese e off-shore. L’Iva lucrata veniva incassata su conti esteri e poi i soldi venivano reinvestiti in appartamenti, gioielli e automobili.

SEQUESTRATE CASA, AUTO, QUOTE SOCIETARIE E NEGOZI – Ci sono 247 immobili, per un valore dichiarato di 48 milioni di euro, tra quanto è stato sequestrato nell’ambito dell’operazione. Nel decreto eseguito dagli uomini del Ros e della Gdf, ci sono 133 autovetture, 5 imbarcazioni per un valore di 3milioni e 700mila euro; 743 rapporti finanziari; 58 quote societarie per un valore di un milione e 944mila euro. Ma anche “crediti” nei confronti di Fastweb e Telecom Italia Sparkle, per complessivi 340 milioni di euro”, due gioiellerie. Inoltre il valore dei beni localizzati all’estero ammonta a circa 15 milioni di euro.

LA DIRIGENZA – «La consapevolezza della dirigenza di ‘Fastweb Spa’ di far parte di un meccanismo fraudolento è emersa dalla copiosa documentazione sequestrata». Questo un passaggio illustrativo dell’operazione ‘Broker’ diffuso durante la conferenza stampa. Ci sono le relazioni dell’audit interno di Fastweb dalle quali «si rileva come fosse nota all’interno della società la circolarità dei flussi finanziari, formalmente giustificata da contratti di finanziamento, e peraltro realizzata nella sostanza grazie anche ad un anticipo concesso dalla stessa Fastweb alle società legate al sodalizio criminale e sue clienti». L’operazione investigativa Broker – è stata eseguita dai carabinieri del Ros e dal nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza. Le indagini sono state coordinate da Giancarlo Capaldo della Dda di Roma e dai sostituti procuratori Giovanni Bombardieri, Giovanni Di Leo e Francesca Passaniti. Gli arresti sono stati firmati dal gip del tribunale di Roma Aldo Morgigni.

L’UFFICIALE DELLA FINANZA – «Nel novembre 2005 l’ufficiale Luca Berriola chiese all’imprenditore campano Vito Tommasino – è stato spiegato sempre durante la conferenza stampa – di far rientrare dal’estero 8 milioni di euro, giustificando la transazione finanziaria con l’emissione di false fatturazioni a carico della Broker Management Sa, una società panamense operante nel settore delle Tlc». Secondo gli inquirenti Tommasino e Berriola avrebbero percepito un compenso pari al 2,5 per cento del capitale effettivamente recuperato. «Era una tangente. Arrivata su un conto corrente austriaco di una società panamense in una banca austriaca».

LA ‘NDRANGHETA E LE ELEZIONI – Nel corso dell’inchiesta è emerso inoltre che la ‘ndrangheta, tramite emissari calabresi in Germania, soprattutto a Stoccarda, avrebbe messo le mani sulle schede bianche per l’elezione dei candidati al Senato votati dagli italiani residenti all’estero e le avrebbero riempite con il nome di Nicola Di Girolamo. Per il senatore l’accusa è violazione della legge elettorale «con l’aggravante mafiosa». Sponsor di questa operazione di supporto nell’elezione del parlamentare, sarebbe stato l’imprenditore romano Gennaro Mokbel, collegato in passato ad ambienti della destra eversiva, e che più recentemente aveva fondato il movimento Alleanza federalista del Lazio e poi il Partito federalista. Dalle indagini si è scoperto che si sono tenute alcune riunioni a Isola di Capo Rizzuto con esponenti della ‘ndrangheta per la raccolta di voti tra gli emigrati calabresi in Germania. Agli incontri avrebbero partecipato esponenti della cosca Arena. Il 7 giugno 2008 venne emesso nei confronti di Di Girolamo una misura cautelare agli arresti domiciliari, con richiesta di autorizzazione all’arresto che venne negata dal Senato.

(Tratto dal CORRIERE DELLA SERA ONLINE)