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Da prefetto a Capo della Polizia ….indagato

FANTASMI DEL G8 DI GENOVA

I due pesi e le due misure del garantismo in polizia

Vittime sacrificali. La sospensione dal servizio di Fabio Tortosa, assistente capo della polizia di Stato, per un post su Facebook LEGGI ANCHE Così gli alti vertici del Viminale sporcano le divise sulla scuola Diaz

Vittime sacrificali. La sospensione dal servizio di Fabio Tortosa, assistente capo della polizia di Stato, per un post su Facebook, e la rimozione dall’incarico di dirigente del reparto Mobile di Cagliari Antonio Adornato, per aver cliccato «mi piace» su quel post, induce a porsi l’ovvia domanda: perché con Tortosa e Adornato il garantismo è stato riposto nel cassetto? va bene uare il sistema-Renzi, garantisti con gli amici e giustizialisti coi nemici, ma occorre darsi delle regole. Perché se è sacrosanto tutelare gli indagati, è ancor più ovvio tutelare chi indagato non è e nemmeno «condannato» dal Consiglio di disciplina. Già, perché senza quella «stella polare», a pagare potrebbe essere chiunque. Primo fra tutti proprio il capo della Polizia, Alessandro Pansa, indagato in un’inchiesta sullo smaltimento del percolato in qualità di Commissario all’emergenza rifiuti in Campania, ruolo ricoperto anni fa. Secondo esempio. Nessun tipo di punizione, com’è corretto che sia, venne applicato ai molti alti vertici processati per le violenze alla scuola Diaz e infine condannati. E nessun provvedimento punitivo per quel dirigente di una scuola che ai suoi 160 ragazzi ha sottoposto la visione di «Diaz», un film su quanto avvenuto in quei giorni a Genova, giudicato da più parti troppo schierato contro la polizia. Di poliziotti «punibili» sacrificando il garantismo, ce ne sarebbero molti. C’è il direttore di un centro indagato per molestie sessuali. Nei suoi confronti il dipartimento di Pubblica sicurezza, che su Tortosa ha immediatamente aperto un’inchiesta interna, non ha mai preso provvedimenti degni di nota. Così vuole il garantismo. Poi c’è il dirigente di un reparto e un ispettore accusati, nel 2007, di aver omesso di denunciare un reato commesso da un boss. Le accuse erano gravissime, per fortuna ora sono stati assolti. Ma anche allora il Dipartimento non fece nulla. In questi anni nessun sanzione è stata loro comminata. Scelta sacrosanta, ma allora perché pagare per un banale post e un like su Facebook?

Luca Rocca