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A Rosarno la ‘ndrangheta sceglieva “candidato, programma e anche il simbolo”

Il Fatto Quotidiano

A Rosarno la ‘ndrangheta sceglieva “candidato, programma e anche il simbolo”

Nelle intercettazioni dell’Antimafia di Reggio Calabria il ruolo del dentista legato alle cosche: l’uomo che ha pilotato l’elezione del sindaco

di Lucio Musolino | 21 GENNAIO 2021

Ce lo prepari un tavolo per otto?”. “Si… a nome di chi?”. “A nome di… Idà… futuro sindaco di Rosarno”. Mancano più di due mesi alle elezioni comunali nella cittadina della Piana di Gioia Tauro, ma il 30 marzo 2016 Francesco Pisano non ha dubbi che Giuseppe Idà sarà eletto sindaco di Rosarno, cosa che poi avverrà. Qualche giorno fa l’uomo è finito agli arresti domiciliari.

Per la Dda di Reggio Calabria, Pisano non è solo un semplice dentista che, negli anni novanta, è stato condannato per ‘ndrangheta nel processo “La mafia delle tre province”. Piuttosto è l’uomo a cui la cosca, conosciuta con il soprannome dei “diavoli”, ha affidato i rapporti con la classe dirigente politica. Per i pm, Pisano è “la parte più raffinata della consorteria”.

Un ruolo che l’inchiesta “Faust” ha riempito di contenuti nel capitolo sulle elezioni comunali di Rosarno per le quali Francesco Pisano ha scelto tutto: dal candidato a sindaco al programma elettorale passando per i discorsi dei comizi, la scelta del simbolo e pure quella dei candidati a consigliere.

Siamo cercando di organizzare un gruppo… hai capito?”. Francesco Pisano detta la linea parlando con Enzo Idà, il padre del futuro sindaco Giuseppe, di Forza Italia, finito agli arresti domiciliari nell’operazione della Procura di Reggio Calabria.

Aspettiamo a Mimmo Scriva, i River Boys, noi…quelli… C’è Franco La Rosa – dice l’esponente di spicco della cosca Pisano – Io sono qua in campagna. Telefonagli tu, digli se vuole venire che siamo qua… Glielo avevo detto pure a Gianni, a Ciccio Arruzzolo… ma non li ho rintracciati”.

Gianni Arruzzolo è il consigliere regionale di Forza Italia da poche settimane nominato presidente di Palazzo Campanella dopo l’arresto del compagno di partito Mimmo Tallini. Arruzzolo non è indagato ma quando “la moglie di tale Gioacchino” ha deciso di non candidarsi con la lista avversaria, Francesco Pisano chiama subito il padre del futuro sindaco chiedendogli di avvertire il consigliere regionale: “Lo puoi comunicare a Gianni, che è ufficialissimo”.

Stiamo facendo il programma”. Pisano parla e i carabinieri annotano sul brogliaccio finito sulla scrivania del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gaetano Paci e dei pm Adriana Sciglio e Sabrina Fornaro. “Stiamo facendo una cosa snella, – sono le sue parole – però è una cosa che sappiamo solo noi per ora. Altrimenti ce la copiano”.

Dalle carte dell’inchiesta, il vero candidato a sindaco sembra Francesco Pisano. È lui che decide in nome e per conto di Giuseppe Idà, l’ex segretario giovanile dell’Udc passato a Forza Italia e messo a capo di una lista civica di fatto organizzata dalla ‘ndrangheta. Leggendo le intercettazioni del dentista, gli inquirenti distinguono il puparo dal pupo: “Allora io voto qua Idà e voto un candidato che è una persona perbene… un figghiolu pulituun figghiolu garbatu in tutti i maneri… certo un giovanotto che va plasmato”.

Ci pensa Pisano a plasmarlo a dovere, decidendo anche il simbolo della lista. Quando lo ha scelto glielo comunica a Idà: “Vedi che ti ho inviato un’immagine. L’hai vista?”. “Molto carino e originale”. “Per Mimmo va bene… vedi tu… ovviamente sottoposto anche all’attenzione di Gianni”.

Mimmo è Mimmo Scriva l’architetto che, stando alle indagini, la cosca Pisano ha fatto eleggere in consiglio comunale a Rosarno con l’intenzione di farlo nominare assessore ai lavori pubblici. Anche lui, come il sindaco Idà, è stato arrestato per scambio elettorale politico-mafioso.

Gianni, invece, è sempre il consigliere regionale di Forza Italia Gianni Arruzzolo. La sua voce non è stata mai intercettata dai carabinieri e per questo “gli investigatori – scrive il gip – evidenziavano l’anomala assenza di contatti diretti tra Pisano Francesco ed il consigliere regionale Gianni Arruzzolo”.

Ma la campagna elettorale deve andare avanti. Così come le intercettazioni dei carabinieri che registrano anche alcune scene imbarazzanti. Come quando il sindaco Idà chiede l’aiuto dell’esponente della ‘ndrangheta per l’occasione diventato consulente sulla correttezza grammaticale delle frasi da pubblicare su facebook: “Perché vorrei che tutti i rosarnesi siano orgogliosi giusto? È italiano? O fossero orgogliosi?”. “Fossero”. Il responso del dentista non è definitivo e il candidato che insiste: “Secondo te, grammaticalmente è sbagliato?”. “Non è neanche sbagliato, si può dire in un modo e in un altro”.

Oltre ai social, la campagna elettorale “dei diavoli” si fa per strada e con i comizi pubblici. Come quello del 31 maggio 2016 per il quale Idà non ha scritto nemmeno il testo del suo discorso. È lo stesso candidato in una telefonata ha confermare la circostanza: “Mi ha scritto l’intervento a me Cicciu u Diavulu ah, ce l’ho qua poi ce lo vediamo”.

Il giorno delle elezioni arriva e l’atteggiamento della ‘ndrangheta è quasi militare: “I referenti della cosca Pisano fornivano indicazioni ben precise ai candidati e ai rappresentanti di lista su come comportarsi nei seggi”.

C’è pure chi ha il compito di “recarsi presso elettori non meglio identificati, verosimilmente anziani o portatori di handicap, per accompagnarli a votare”: “Devo andare all’Inam mi disse u zio Ciccio… – afferma la nipote di Francesco Pisano – prendo e mi faccio fare il certificato… per zia Concettina e per Carmela”.

La tensione sale così come il dato dell’affluenza che fa aumentare il timore del sindaco Giuseppe Idà di vedere offuscata la sua immagine. Nel tentativo di allontanare da lui ogni sospetto, punta il dito contro i suoi avversari: “‘U nnacamentu’ ha votato a loro… se la mafia aiuta a loro”.

La realtà, per gli inquirenti, era un’altra. Il candidato della ‘ndrangheta, o quanto meno dei Pisano, era Giuseppe Idà e quei voti rappresentavano la cambiale da saldare alla cosca. Lo scrive il gip senza molti fronzoli: “L’esistenza dell’accordo di scambio politico-mafioso viene successivamente riempito anche di contenuto, soprattutto con riguardo alle modifiche ed approvazione del piano strutturale associato (PSA), che direttamente interessavano Pisano per la destinazione urbanistica di terreni che lo stesso aveva in precedenza acquistato assieme allo zio del candidato sindaco”.

Un altro interesse di Pisano – si legge sempre nell’ordinanza di custodia cautelare – era quello per l’apertura del centro vaccinale a Rosarno, essendo desideroso che lo stesso venisse avviato in un immobile di sua proprietà”.

In un’intercettazione, il dentista mette le mani avanti: “Se si vincono le elezioni, probabilmente daremo battaglia per portare il centro vaccinale di nuovo a Rosarno… siccome io con Salvatore Barillaro (funzionario dell’Asp, ndr) sono amico…”.

La contropartita dei “diavoli” era ancora più ampia. Garantita la vittoria del sindaco Idà, quest’ultimo deve nominare il consigliere Domenico Scriva assessore ai lavori pubblici.

La richiesta che facciamo, non è che è leggera, – dice il dentista già condannato per mafia – è pesante, però ce la devono dare… L’assessorato va per competenze… quindi… Vediamo se è possibile ‘quagghiare’ una cosetta…”.

La cosetta non “quagghierà” perché “la vittoria alle elezioni comunali – scrivono i magistrati – induceva il neo eletto sindaco, Giuseppe Idà, ad allontanarsi, almeno apparentemente, per ragioni di opportunità, dai suoi amici mafiosi”.

Per farlo, l’intenzione del primo cittadino era quella di “cucirsi addosso l’immagine di ‘paladino della legalità’”. L’occasione per smarcarsi dai clan è l’arresto, il primo dicembre 2016, del latitante Marcello Pesce detto “u ballerino”. Lo stesso giorno il sindaco dichiara alla stampa locale: “È l’ennesima dimostrazione che lo Stato vince sempre. La nostra terra sarà presto liberata dal giogo delle mafie. Esprimo a nome della città sentimenti di profonda gratitudine alle Forze dell’ordine per la brillante operazione eseguita”.

Carmine Pesce, detto “u sardignolo”, non la prende bene e, davanti a Pisano, si lamenta dell’atteggiamento di Idà e difende il parente arrestato: “E che ti ha fatto questo a te? Che fai tutto il commento… o no? Mi ha fermato mia moglie… ti giuro, Gli ho detto, ora scrivo su facebook, che i voti… Dove si trova adesso il sindaco… Grazie a Carmelo Pesce che gli abbiamo raccolto i voti… lo faccio andare sotto inchiesta e in due minuti, lo buttano fuori…ma guarda che brutto cambio”.

Dieci giorni dopo, il sindaco trova una cimice dei carabinieri sulla sua Alfa Romeo. Fa fare una bonifica in un’officina e decide di non rimuovere la microspia ambientale. Il perché lo spiega il 14 dicembre nel suo ufficio: “Io vado da Sferlazza (procuratore di Palmi, ndr) dicendogli: ‘Procuratore, io ho scoperto di essere intercettato’… se vi decidete di intercettarmi fatelo perché non ho un cazzo da nascondere voglio dire, ma sono una persona onesta, ve lo dico e ve lo dimostro! Glielo mando per conoscenza anche a Cafiero de Raho (ex procuratore di Reggio Calabria, ndr)”.

In sostanza Idà aveva paura “di un possibile scioglimento del consiglio comunale” e questo ha creato qualche incomprensione con i “diavoli” Pisano a loro volta scontenti della iniziale presa di distanza del neo sindaco dopo la campagna elettorale del 2016. Ci sarebbe stata pure una “riappacificazione” con gli amici “mafiosi”, cercata dallo stesso Giuseppe Idà subito dopo la vittoria delle comunali. Il 10 giugno Letterio Rositano chiama lo zio Francesco Pisano per avvertirlo che Idà aveva sollecitato un incontro a cena: “Dice che vuole, per la settimana prossima vuole una cena con te e con me…dice io ho bisogno di parlare con Ciccio… voglio vedermi con Ciccio…e mi scuso che non l’ho chiamato, perché non l’ho chiamato”.

La cena ci sarà ed è un’altra intercettazione a confermarlo. Questa volta è Francesco Arruzzolo, il fratello del presidente del Consiglio regionale, che chiama il dentista Pisano per digli che il sindaco e suo padre sono già arrivati: “Ti stavo chiamando… vieni a casa mia per favore che siamo qua dai”.

Era il 22 giugno 2016 e da allora sono passati quattro anni e mezzo nel corso dei quali l’avvocato Giuseppe Idà, eletto con i voti della ‘ndrangheta, non ha mai smesso di essere il sindaco di Rosarno.