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Fra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare: il Governo dice di voler fare la lotta alle mafie, ma poi non scioglie l’Amministrazione comunale di Fondi per mafia come chiesto dal Prefetto di Latina e non fa dimettere il sottosegretario Cosentino. Ministro Maroni, che cosa risponde?

Cosentino, per la Cassazione l’arresto è legittimo

Cosentino è accusato in concorso esterno in associazione camorristica per presunti rapporti con il clan dei Casalesi. Nel capo di imputazione è scritto, tra l’altro, che l’esponente politico avrebbe “garantito la continuità tra imprenditoria mafiosa e amministrazioni pubbliche”. Pd: “Ora Berlusconi pretenda le sue dimissioni”. Per l’Italia dei Valori, il piano antimafia presentato proprio oggi dal governo potrebbe cominciare da un atto concreto: la rimozione del sottosegretario all’Economia

Concorso esterno in associazione mafiosa per presunti rapporti con il clan dei Casalesi. Questo il reato contestato al sottosegretario Nicola Cosentino nella ordinanza di custodia in carcere emessa l’11 novembre scorso dal gip del Tribunale di Napoli Raffaele Piccirillo e trasmessa al Parlamento che alcune settimane dopo bocciò tuttavia la richiesta di esecuzione del provvedimento restrittivo. Cosentino, dunque, dato il voto parlamentare, non finirà in carcere: questa è un’eventualità che potrebbe accadere solo nel momento in cui dovesse lasciare il Parlamento.
L’ordinanza di custodia, confermata oggi dalla Corte di Cassazione, è basata su indagini svolte dalla Direzione distrettuale antimafia – pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci – dalle quali, secondo l’accusa, sarebbe emerso che il parlamentare del Pdl avrebbe contribuito a rafforzare l’organizzazione dei Casalesi ottenendo in cambio il sostegno elettorale che lo portò a rivestire le cariche di consigliere provinciale, regionale e infine di deputato.

Le accuse si fondano in particolare sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Nel capo di imputazione è scritto, tra l’altro, che l’esponente politico avrebbe “garantito la continuità tra imprenditoria mafiosa e amministrazioni pubbliche”. Tra le contestazioni specifiche mosse al sottosegretario (che avrebbe ricevuto l’appoggio delle famiglie Bidognetti e Schiavone fin dall’inizio degli anni Novanta), vi sono le presunte pressioni per far ottenere certificazioni antimafia e di aver esercitato un controllo sulla società Eco4, che opera nel settore dei rifiuti e che è considerata legata ai Casalesi. Nell’ordinanza il gip parla di un presunto rapporto di “protezione e confidenza” con il boss Francesco Bidognetti, soprannominato Cicciotto ‘e mezzanotte, che avrebbe individuato, secondo i pentiti di camorra, in Cosentino “il candidato da sostenere”.

La richiesta di arresto avanzata nei confronti del segretario determinò di fatto il ritiro della sua candidatura, per il Popolo della Libertà, alla presidenza della Regione Campania.
Le accuse mosse dai magistrati della Dda sono state respinte con fermezza da Cosentino che parlò, tra l’altro, di “attacco preventivo, a orologeria, contro il cambiamento”. I suoi difensori, gli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro, rinunciarono a rivolgersi al Tribunale del riesame per chiedere l’annullamento dell’ordinanza, proponendo direttamente ricorso in Cassazione. Una istanza respinta oggi dalla Suprema Corte che si è pronunciata per la validità dell’impianto accusatorio.

I legali del deputato campano non negano di aver confidato “che la Cassazione avrebbe riconosciuti i difetti di legittimità” che avevano sollevato, “ritenevamo che non fosse conforme a legge indagare una persona per dodici anni senza iscriverlo, omettere di prendere in considerazione i documenti della memoria difensiva, rifiutare di interrogare una persona indagata che chiede di essere ascoltata.
La Cassazione la pensa differentemente, quindi aspettiamo di leggere la motivazione”.
“Serenamente – afferma Stefano Montone, legale del sottosegretario all’Economia, – continuiamo ad attendere che la Procura chiuda le indagini per avere finalmente il nostro giudice naturale, di merito. Finalmente avremo un giudice di fronte al quale confrontarsi, senza dovere confrontarsi con materiali risalenti a dieci anni fa, o con dichiarazioni omissate e altro”.
“In questa fase – conclude – subiamo i limiti della segretezza investigativa. Speriamo che la Procura chiuda le indagini in tempi rapidi per arrivare a un processo a breve. Siamo francamente sereni, così come lo è il mio assistito”.

Laura Garavini, capogruppo del Pd nella commissione parlamentare Antimafia chiede però che, vista la pronuncia della Casazione, “Berlusconi dia un segnale di coerenza e pretenda le dimissioni dell’esponente del suo governo”. L’esponente democratica ricorda inoltre che “proprio oggi il presidente del Consiglio ha detto che non ci sono collusi nelle sue liste. Ma allora, ci chiediamo, come è possibile che l’animatore della campagna elettorale del Pdl in Campania sia proprio una persona indagata per presunti contatti con il clan dei Casalesi?”.

Anche per l’Italia dei Valori, il piano antimafia presentato proprio oggi dal governo potrebbe cominciare da un atto concreto: la rimozione del sottosegretario all’Economia, Nicola Casentino. Il capogruppo di IdV in commissione Giustizia al Senato, Luigi Li Gotti afferma: “Nel giorno in cui la Cassazione respinge il ricorso contro l’arresto del sottosegretario Cosentino il governo vara un piano antimafia propagandistico e demagogico. Del resto, se Berlusconi crede che la mafia sia un problema legato all’immigrazione clandestina e reputa il mafioso Mangano un eroe, è del tutto normale che la casta si autoassolva negando l’autorizzazione all’arresto di Cosentino”.

(Tratto da Aprile Online)