Cerca

Lo strano caso del comune di Fondi

Fondi è un comune di circa 31.169 abitanti, appartenente alla provincia di Latina e situato nel sud Pontino a metà strada tra Roma e Napoli, sul tracciato storico della Via Appia. Le favorevoli condizioni climatiche e l’abbondante irrigazione hanno favorito un’intensa vocazione agricola del territorio. L’economia locale è quindi fortemente legata alla produzione e alla distribuzione dei prodotti agricoli. La tradizionale destinazione del territorio ad agrumeto è stata soppiantata in anni più recenti da un’intensa coltivazione di ortaggi, primizie in serra e frutta di ogni tipo. Fondi è sede del secondo centro di distribuzione agroalimentare all’ingrosso d’Europa (M.O.F.), secondo solo a quello di Parigi, che movimenta circa 1,15 milioni di tonnellate di prodotti ortofrutticoli all’anno.

L’indagine Damasco1


Il comune di Fondi e, in generale, tutta l’area della provincia di Latina, è da tempo sotto attenta osservazione da parte degli organi di polizia giudiziaria che, seguendo il filo delle carte processuali, sono arrivati negli ultimi anni a scoperchiare un giro di corruzione che convive in simbiosi con le istituzioni. Nel caso del procedimento denominato Damasco1, che inizia nel 2005 con il procedimento penale n.36857 a carico di tre cittadini di Fondi, le carte svelano con chiarezza che in provincia di Latina, non soltanto quindi a Fondi, la corruzione abita nei palazzi del potere e veste i panni della politica, sempre pronta a siglare affari con il crimine organizzato. L’indagine, portata avanti dalla Dda, concentra l’attenzione sul controllo dei locali notturni, delle agenzie di pompe funebri e delle imprese di pulizie: una rete che secondo gli inquirenti si estende tra Fondi, Monte San Biagio, Itri, San Felice Circeo e Terracina.
Il 21 settembre 2007 il pubblico ministero della Dda Diana De Martino dispone un nuovo procedimento penale contro Riccardo Izzi, Romolo Del Balzo e Massimo Di Fazio: i reati ipotizzati sono l’associazione per delinquere di stampo mafioso, l’abuso d’ufficio e la concussione. Il procedimento penale nasce da un’informativa dei Carabinieri che non lascia spazio a dubbi:

E’ stata individuata l’attiva presenza di un’organizzazione che, pur non essendo organica a quella investigata ne favorisce gli interessi e le attività attraverso la sistematica consumazione di delitti contro la pubblica amministrazione. Tale organizzazione, avvalendosi della posizione d’impiego che parte dei sodali rivestono nell’ambito di settori della pubblica amministrazione (politico, amministrativo, giudiziario, esecutivo) attraverso una rete clientelare di scambi di favori e corruzioni, riescono a gestire e controllare parte dell’attività istituzionale del Comune di Fondi accaparrandosi illeciti vantaggi nell’ambito di altri enti pubblici.

Riccardo Izzi vuota il sacco

Nei primi del gennaio 2008, Riccardo Izzi, consigliere di Forza Italia, ex assessore ai lavori pubblici nel comune di Fondi, è vittima di un duplice attentato incendiario alla sua autovettura. Izzi viene immediatamente interrogato dai Carabinieri, ma inizialmente non rivela nulla: “Non so chi possa essere stato”. Il giorno dopo però ci ripensa e torna in commissariato per riferire i due anni di inferno passati al comune, contrassegnati dall’esperienza della cocaina, che lo hanno avvicinato a personaggi legati alle cosche mafiose, come Domenico Tripodo, Massimo Di Fazio, Aldo Trani, Zizzo, Garruzzo ed altri. Confessa che, nell’ultima campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale del 28 maggio 2006, ha preso voti da tale organizzazione criminale.

“Se qualcuno pensa di trovare a Fondi i segni della Lupara si sbaglia di grosso. Perché la quinta mafia, così chiamano l’intreccio d’interessi tra ‘ndrangheta e camorra, è qui per investire e per farlo ha bisogno di tranquillità. Due le attrazioni che spingono questa nuova mafia a riciclare il denaro sporco nel Basso Lazio. Il mercato immobiliare che, grazie al turismo è in forte espansione, e il Mof, il mercato ortofrutticolo di Fondi, uno dei più grandi d’Europa”.

Siamo al 3 gennaio 2008. La Procura Antimafia è allertata e i pubblici ministeri Diana De Martino e Francesco Curcio convocano Riccardo Izzi a Roma per la data del 9 gennaio 2008. Il giorno precedente, l’8 gennaio, l’assessore riceve una telefonata dal padre, che lo avverte: “Ti cerca Claudio Fazzone”. Claudio Fazzone è un senatore della Repubblica, potentissimo cavallo di razza del PDL, cresciuto facendo da galoppino a Nicola Mancino e che ora controlla un patrimonio di circa 50.000 voti nel Lazio. Era già presidente del Consiglio regionale del Lazio e coordinatore provinciale di Forza Italia. Fazzone informa Izzi di essere già al corrente di tutte le dichiarazioni da lui rese ai Carabinieri e sa che l’indomani lo attendono i magistrati dell’Antimafia. “Ti devi dimettere subito. Devi lasciare il Comune di Fondi. So cosa vai a fare domani a Roma”. Come faceva il senatore Fazzone a conoscere in maniera dettagliata le dichiarazioni rese qualche giorno prima ai Carabinieri?

La relazione del prefetto

Il perfetto di Latina, il dottor Bruno Frattasi, visto il grave pericolo di infiltrazioni mafiose all’interno del Consiglio Comunale di Fondi, l’11 febbraio 2008 insedia una Commissione di Accesso che, dopo alcuni mesi di lavoro, con una relazione di 507 pagine integrata da 9 faldoni di documenti allegati, accerta ciò che Riccardo Izzi sostiene e cioè che l’amministrazione comunale di Fondi è collusa con una famiglia mafiosa ritenuta la cassaforte dell’usura del basso Lazio.

L’8 settembre del 2008, sulla base della relazione della Commissione di Accesso, Frattasi spedisce al ministro dell’Interno Roberto Maroni una propria relazione segreta sulla presenza della Camorra e dell’Ndrangheta a Fondi, con la richiesta di scioglimento immediato del comune per infiltrazione mafiosa.

Alcuni passi salienti:

La relazione della Commissione di Accesso presso il Comune di Fondi chiaramente tratteggia la fitta ragnatela di rapporti che, nel tempo, è venuta a delinearsi tra soggetti di sicuro spessore criminale, come attestano le referenziate acquisizioni testimoniali a cui, con riferimento a deposizioni giudiziali in procedimenti già celebratisi, fa più volte richiamo la Commissione stessa. Da quella relazione riservata emergono l’inosservanza sistematica della normativa antimafia del comune e le gravissime violazioni dell’amministrazione di Fondi, che, unite all’agevolazione di interessi economici di elementi contigui alla criminalità organizzata o da considerare ad essa affiliati, conferiscono al quadro di insieme una pericolosità tale da dover essere fronteggiata col commissariamento.

In questo quadro, appaiono altamente significative le connessioni, emerse chiaramente in sede di accesso, tra la famiglia Tripodo e soggetti legati, per via parentale, anche a figure di vertice del comune di Fondi, nonché a titolari di attività commerciali, pienamente inserite nel mercato ortofrutticolo di Fondi, Mof. Su tali aspetti appare esaustiva la scrupolosa ricostruzione operata dalla Commissione di accesso, che ben delinea il collegamento della famiglia Tripodo con elementi della mafia calabrese e clan camorristici, in particolare quello dei Casalesi.

Alcuni episodi di grave violazione della legalità:

1) E’ stato accertato dalla Commissione d’Accesso che il settore dell’urbanistica ha oggettivamente agevolato interessi economici di Salvatore La Rosa, pregiudicato e già sottoposto a misure di sorveglianza speciale di P.S., considerato affiliato al clan Bellocco di Rosarno

2) Gravi comportamenti omissivi appaiono anche nella vicenda relativa alla costruzione di ben 30 appartamenti a Fondi. Anche in tal caso il soggetto istante, tale Antonio Dirozzi, soggetto sul conto del quale sono emersi frequentazioni e rapporti con elementi collegati a clan camorristici, non aveva alcun titolo che potesse abilitarlo alla richiesta. In tale vicenda edilizia, oltretutto, si evidenzia anche il coinvolgimento non certamente secondario del Geom. Gianni Giannoni, attuale consigliere di maggioranza e vicesindaco nella precedente giunta Parisella. In tali suddetti episodi appare senz’altro centrale il ruolo del Dirigente del settore urbanistica – Arch. Martino Di Marco. Quest’ultimo annovera precedenti penali per reati propri. In data 26 marzo 2008, per citare il più recente, il Tribunale di Latina lo ha condannato a un anno e 4 mesi di arresto e all’ammenda di 30.000 Euro per il reato di lottizzazione abusiva. Ciò nonostante il Di Marco è stato «stabilizzato» dalla amministrazione Parisella.

3) E’ stata accertata la contiguità di Domenico Tripodo al Sindaco Parisella. Emergono, in particolare due significativi episodi: nel primo il sindaco Parisella interviene personalmente, presente il Tripodo, per «accreditarlo» presso l’amministrazione comunale in relazione a lavori di pulizia che avrebbe dovuto eseguire l’impresa controllata dal Tripodo, sebbene l’amministrazione comunale disponesse al momento di una propria impresa di pulizie; il secondo episodio vede addirittura la ditta del Tripodo di fatto sostituirsi ad altra impresa locale a cui era stato affidato la commessa del trasporto della biblioteca comunale.

4) E’ stata approvata nel 2002 dal Consiglio Comunale una variante al piano regolatore generale, cosiddetta variante Pantanello, che con il voto del sindaco Parisella, in palese conflitto di interessi in quanto avvantaggiato certamente dall’adozione dell’atto, ha previsto la realizzazione di una nuova strada di accesso in tale località, strada peraltro ad oggi costruita solo in parte. Sul nuovo tratto, tuttavia, oggetto di realizzazione, si affaccino alcuni capannoni industriali, tra i quali, oltre a quello direttamente riferibile al sindaco Parisella, anche altri riferibili: I) ad un consigliere comunale Antonio Ciccarelli con comprovati rapporti con La Rosa Salvatore; II) a tale Diego Alecci, carrozziere, considerato vicino alle famiglie Trani e Tripodo; III) a tale Massimiliano Forcina, socio accomandatario di una società di autodemolizione, il quale, all’esito di accertamenti in Sdi, è 5)Per la somministrazione di lavoro interinale, il comune di Fondi ad un certo punto decide di rivolgersi alla filiale fondana di una ditta campana – la GE.VI. – la cui titolarità di fatto, in base a documentali acquisizioni della commissione di accesso, è riferibile a Visconti Gennaro, vicino a soggetti camorristici, pregiudicato.

5) Assai grave inoltre appare l’inosservanza sistematica della normativa antimafia. Tale inosservanza, che è stata registrata in ogni tipo di attività contrattuale ad evidenza pubblica, è un fatto che certamente può considerarsi agevolativi rispetto all’instaurazione di rapporti contrattuali. Essa non solo riguarda numerose imprese, che hanno presentato controindicazioni di vario tipo, ma come ha posto in risalto la commissione di accesso, concerne, per lo più, soggetti imprenditoriali di origine campana, con riferimento ai quali non sembrano sussistere, né peraltro sono mai state fornite in sede di accesso, plausibili ragioni di convenienza/opportunità/necessità per farvi ricorso.

6) Garruzzo Vincenzo, già citato, risultava ammonire i debitori usurati a saldare prontamente i prestiti ricevuti, minacciando che, in caso di persistente «inadempimento», non avrebbe esitato a chiedere l’intervento di propri sodali calabresi che sarebbero venuti a Fondi proprio per spalleggiare le pretese del loro affiliato. Ed è importantissimo in questo scenario citare il fatto che il sindaco Parisella, con lettera a sua firma, ha conferito alla figlia di Garruzzo Vincenzo, Garruzzo Rosaria, l’incarico di revisore dei conti nell’ambito del progetto Equal sostenuto con fondi comunitari, incarico esauritosi a marzo 2008. L’attuazione dello stesso progetto ha visto, peraltro, tra i suoi beneficiari anche l’impresa Net Service riferibile al più volte richiamato Tripodo Carmelo Giovanni.

Le reazioni alla relazione del prefetto

Il 7 novembre 2008, in seguito a questa relazione, il prefetto Frattasi viene fatto oggetto di pesanti attacchi. In particolare, il senatore Claudio Fazzone invoca una commissione che indaghi sul suo operato: “Credo nelle istituzioni, ma ho ragione di dubitare su quanto accaduto con la Commissione d’Accesso a Fondi. Frattasi, che contesta agli altri di non saper amministrare, da commissario del Comune di Gaeta ha redatto bilanci contestati dalla Corte dei Conti. Tutti possiamo sbagliare, ma non si danno lezioni agli altri, come fa il prefetto”. Il presidente della provincia, Armando Cusani, anche lui in quota Pdl, va oltre e arriva a dichiarare che “la mafia a Fondi non esiste”. Altri spiegano che in realtà è “tutto un complotto”. Il Sindacato dei Prefetti è costretto ad esprimere solidarietà al collega di Latina.

Roberto Maroni trasmette al Consiglio dei Ministri la richiesta di scioglimento solo a febbraio 2009. Da allora sono stati sciolti due comuni, Rosarno in Calabria e Villa Literno, nel Casertano. Ma la pratica-Fondi, feudo elettorale del senatore forzista Claudio Fazzone, ora coordinatore provinciale del Pdl di Latina, rimane bloccata.

La richiesta del prefetto Frattasi si ferma una volta arrivata a Palazzo Chigi e diventata un caso politico per l’insorgere dei parlamentari del Pd. In un’interrogazione parlamentare i deputati democratici Marco Minniti, Gianclaudio Bressa e Laura Garavini chiedono al premier “quali siano le motivazioni per cui non si sia ancora provveduto a sciogliere Fondi. La situazione ordine pubblico in quel comune s’è infatti aggravata a tal punto che negli ultimi giorni ci sono stati attentati incendiari e azioni intimidatorie a danno di imprenditori di Fondi riconducibili ad un’ulteriore recrudescenza dell’offensiva della criminalità organizzata sul territorio”.

L’indagine Damasco2

Il 6 luglio 2009 la città di Fondi viene travolta da un’altra indagine della Dia di Roma con il supporto dei Carabinieri di Latina, denominata Damasco2, che porta all’arresto di 17 persone per associazione di stampo mafioso, abuso di ufficio, corruzione e falso. Tra gli arrestati, i fratelli Carmine e Venanzio Tripodo, esponenti legati a clan della ‘Ndrangheta, alcuni dirigenti comunali e l’ex assessore di Forza Italia Riccardo Izzi.

Il colonnello Paolo La Forgia, capo della Dia di Roma, spiega: “E’ una ricostruzione dettagliata di vari episodi, di varie indagini, talune remote altre recentissime. (…) E’ stata data forma a questa associazione mafiosa che da tempo operava nel fondano. Associazione mafiosa di tipo ‘ndranghestistico, la cui espressione avveniva tramite i fratelli Tripodo legati alla cosca calabrese La Minore (…) Dalla lettura dell’ordinanza di custodia cautelare, ci sono numerosi episodi che riportano a delle collusioni con funzionari del comune di Fondi. (…) Non tutte le indagini vanno a buon fine. Noi stessi della Dia nel ’99 abbiamo fatto un’indagine che però non ha portato agli esiti sperati. Però è rimasta una grossa indagine, ripresa e rivisitata, e quindi ha consentito l’emissione di misure di custodia cautelare anche con riferimenti al passato. (…) Il MOF (Mercato Ortofrutticolo) ha centinaia di operatori commerciali e ovviamente sono gente assolutamente pulita, poi però ci sono alcuni settori in cui evidentemente i Tripodo hanno inteso reinvestire dei proventi provenienti dall’usura e dal traffico di stupefacenti in alcune società. Tutte e tre sequestrate, tutte e tre facenti capo a un noto imprenditore del MOF di Fondi”.

La tensione cresce. Il 24 luglio 2009, il Consiglio dei Ministri, chiamato a prendere una decisione sul possibile scioglimento del comune di Fondi, rinvia il voto. Il Governo nomina una seconda commissione d’indagine, chiede un parere alla Commissione Antimafia e infine invita il prefetto Frattasi a rivedere la relazione in base alle nuove normative sulla sicurezza appena emanate dal Governo. Ovviamente Frattasi, che ha dovuto confrontarsi anche con il Comitato provinciale per la pubblica sicurezza, giunge alle stesse conclusioni e invia una seconda richiesta di scioglimento al governo. Non c’è scampo: il Consiglio comunale di Fondi va sciolto.

Il governo tergiversa

Il 31 luglio 2009 il governo è di nuovo chiamato a valutare la situazioni di Fondi. Nuova riunione del Consiglio dei Ministri e nuova fumata nera. Comunicazione ufficiale: “Il Consiglio dei ministri ha deliberato di riconsiderare la proposta di scioglimento del consiglio comunale di Fondi, a suo tempo formulata dal ministro dell’Interno, sulla base di una nuova relazione che lo stesso ministro dovrà sottoporre al consiglio dei ministri alla luce delle modifiche introdotte dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, che entrerà in vigore nei prossimi giorni e che detta nuove norme per lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose”.

Il parlamentare dell’Idv Stefano Pedica srotola davanti all’ingresso principale di Palazzo Chigi uno striscione con una scritta inequivocabile: “Via la mafia dalle istituzioni”. “Ci risulta – dice Pedica – che anche questa volta il Consiglio dei ministri non prenderà nessuna decisione riguardo lo scioglimento del comune di Fondi per infiltrazioni mafiose, accertate e dichiarate dal prefetto di Latina. Ci sono stati 17 arresti e nessuno fa nulla”.

In seguito, la protesta si sposta all’interno della sala stampa della sede del governo, occupata dallo stesso Pedica, accompagnato dal deputato Francesco Barbato e dalla senatrice Giuliana Carlino. Doveva tenersi una conferenza dei ministri Sacconi e Gelmini, che poi si è tenuta in un’altra sala.

Il governo dice no

Il 15 agosto 2009 la decisione sullo scioglimento di Fondi viene rinviata per l’ennesima volta: almeno tre ministri sono contrari allo scioglimento.

Maroni dichiara: “Abbiamo fatto tutto ciò che si doveva. Ho già dato incarico al prefetto competente di svolgere nuovi accertamenti in modo da essere pronto al primo Cdm a portare una nuova relazione se gli esiti della prima saranno confermati”.
Berlusconi rivela: “In Cdm sono intervenuti diversi ministri. Alcuni erano contrari allo scioglimento di Fondi. Hanno fatto notare come nessun componente della giunta e del consiglio comunale sia stato neppure toccato da un avviso di garanzia. Quindi sembrava strano che si dovesse intervenire con un provvedimento estremo come lo scioglimento della giunta”.
Chi sono i ministri contrari? Lo rivela un’inchiesta de L’Espresso del 27 agosto 2009.

Sono proprio i tre ministri “amici” del senatore Claudio Fazzone: Renato Brunetta (la cui compagna, Tiziana Giovannoni, detta Titti, è cognata del sindaco di Cisterna di Latina), Giorgia Meloni (è fidanzata con Nicola Procaccini, uno degli avvocati della moglie del senatore Fazzone, a cui è intestata la villa di famiglia sequestrata perchè abusiva. Procaccini difende pure grossisti del Mof come Vincenzo Garruzzo, già arrestato per usura) e Altero Matteoli (il ministro delle Infratrutture è sceso in campo a favore di Ilaria Bencivenni, candidata sindaco di Aprilia, uno dei comuni più popolosi della provincia, dopo furiose lotte interne chiuse da un diktat del solito Fazzone). Si viene a sapere che Maroni, su pressione di questi ministri, ha dovuto fare dietrofront, facendo rinviare la votazione per ben tre volte.

Di Pietro dichiara: “Il premier fa finta di dimenticare che lo scioglimento del Comune è stato richiesto dal prefetto Frattasi circa un anno fa: cinquecento cartelle che provano l’intreccio tra mafia, politica e comitati d’affari, con 17 arresti. Ma questi signori ministri, che oggi sostengono davanti alle telecamere di battersi contro la mafia, fanno l’esatto contrario: premiano i malavitosi e condannano i cittadini di Fondi a convivere con la mafia. Così è sempre più chiaro a tutti da che parte sta chi ci governa”.

Il capogruppo Pd all’Antimafia Laura Garavini propone un’interpellanza parlamentare: “Chiedo informazioni sulla società che ha sede a Fondi, denominata SILO srl, della quale sono soci l’attuale sindaco di Fondi, Luigi Parisella, il senatore Pdl, Claudio Fazzone e tale Luigi Peppe. Detta società, che dovrebbe occuparsi di lavorazione di prodotti agricoli, è di fatto inattiva ma possiede una struttura industriale situata in un’area interessata da una variante urbanistica detta Pantanello, che ha inciso significativamente sul valore del capannone della Silo come di altri capannoni presenti in zona. Il signor Luigi Peppe, oltre ad essere cugino del sindaco, è fratello di Franco Peppe, soggetto in rapporti certi con la famiglia Tripodo, ed in particolare con Antonino Venanzio Tripodo. Il quale, secondo alcuni collaboratori di giustizia, avrebbe usato per la consegna di armi a soggetti appartenenti al clan camorristico dei Casalesi una automobile intestata proprio a Franco Peppe”.

Anche l’Associazione Nazionale dei Prefetti protesta contro il mancato scioglimento del comune di Fondi.

La relazione di Maroni

Il 18 settembre 2009 il ministro dell’Interno Maroni, sulla base delle indicazioni provenienti dal prefetto di Latina, le precedenti indagini della Commissione Parlamentare Antimafia e in seguito alla retata della Dia di Roma, redige di proprio pugno una relazione sulla situazione del comune di Fondi.

Alcuni passi salienti:

Il comune di Fondi (Latina), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 28 maggio 2006, presenta forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata tali da determinare una alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, nonché il funzionamento dei servizi, con grave e perdurante pregiudizio per lo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica. L’infiltrazione della criminalità di tipo mafioso nell’area pontina, e più specificamente nella zona di Fondi, è segnalata da oltre un decennio sulla base di specifiche risultanze investigative.

La commissione ha acclarato, insieme alla stretta continuità tra l’attuale consiliatura e la precedente, come nell’amministrazione comunale si siano radicate anomalie organizzative e procedurali nonché illegittimità gravissime quanto diffuse, i cui esiti hanno spesso oggettivamente favorito soggetti direttamente o indirettamente collegati alla criminalità organizzata.


Ritenuto, pertanto, che ricorrano le condizioni indicate per l’adozione del provvedimento di cui all’art.143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, come sostituito dall’art. 2, comma 30, della legge 15 luglio 2009, n.94, si formula conseguente proposta per l’adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Fondi (Latina).


Il Consiglio comunale si dimette in massa

Il 2 ottobre 2009, proprio la mattina in cui il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto prendere la decisione definitiva sullo scioglimento della giunta di Fondi, arriva una notizia inaspettata. Un anno e 25 giorni dopo la richiesta di scioglimento del prefetto di Latina per infiltrazioni mafiose (respinta per ben due volte dal Consiglio dei Ministri), la maggioranza di centrodestra (Pdl con Udc) di Fondi decide di rassegnare le dimissioni, prendendo letteralmente in contropiede il governo.

Per le opposizioni si tratta di una manovra per bloccare la decisione del Cdm.
La Cgil commenta: “E’ un escamotage per potersi ricandidare”.
Pedica rincara la dose: “È una mossa mafiosa che serve a evitare lo scioglimento di un comune mafioso”.
Franceschini chiosa: “Se si sono dimessi, significa che il marcio c’era”.

Da parte sua, il sindaco di Fondi, Luigi Parisella, si difende: “Non potevamo andare avanti così. Pensavo di farcela, ma io non reggo più al peso, alle pressioni politiche e mediatiche: era ora di finirla”. Parisella non fa alcun cenno all’accusa contestagli dal prefetto di conflitto di interessi per aver votato una variante urbanistica che ha favorito una società (la Silo srl), nella quale è socio insieme al senatore Pdl Claudio Fazzone e al parente di un pregiudicato.

Il commissario straordinario

Il 9 ottobre 2009 il governo, non potendo più sciogliere il comune di Fondi ormai dimissionario, si limita a nominare un commissario straordinario che sostituisca il sindaco e indice nuove elezioni amministrative previste per marzo 2010. Si tratta di Guido Nardone, esperto di infiltrazioni mafiose negli enti pubblici. Si andrà dunque alle elezioni. Gli ex amministratori di Fondi potranno ricandidarsi, tranne Parisella, ma solo perché è già stato eletto sindaco per due volte consecutive.

Pedica sottolinea: “In questa maniera però gli stessi consiglieri che da mesi sono chiacchierati per presunte collusioni con la mafia potranno ripresentarsi alle prossime elezioni”.
Maroni si difende rivelando che la scelta di non sciogliere Fondi è stata premeditata: “Di comuni accusati di infiltrazioni mafiose ne ho sciolti 12, quattro in più rispetto al precedente esecutivo. Ma per Fondi ho preferito le elezioni. Ora il popolo potrà scegliere i nuovi amministratori”.

Approfondimenti

Il 15 luglio 2009 è stata varata, all’interno del pacchetto sicurezza, la legge L 94/2009, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2009. E’ la legge a cui fa riferimento lo stesso ministro Maroni nella sua relazione del 18 settembre 2009, in cui intimava lo scioglimento del comune di Fondi.

Gli articoli più rilevanti:

1. L’articolo 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente: Art. 143. – (Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguenti a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dei dipendenti). Fuori dei casi previsti dall’articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare ovvero su forme di condizionamento degli stessi amministratori, tali da determinare una alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per la sicurezza pubblica.

5. Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione del prefetto rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale, con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e a ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con l’obbligo di avviare il procedimento disciplinare da parte dell’autorità competente.

10. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici mesi a diciotto mesi, prorogabile fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi affidati alle amministrazioni, nel rispetto dei princìpi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa.

11. Gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso.

(Tratto da Verrà un giorno)