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Balducci-Carducci

Gli affari d’oro e le telefonate con l’ufficio del «grande capo»

«Balducci gestiva il potere, ripartendo l’interesse tra più imprenditori»

ROMA – A volte, nelle telefonate, lo chiamavano «il grande capo». È Angelo Balducci, già direttore del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del Turismo, poi provveditore ai Lavori pubblici e soprattutto – per quel che riguarda l’inchiesta che l’ha portato in carcere – responsabile della stazione appaltante per l’attribuzione dei lavori per i Grandi Eventi, nell’ambito della Protezione civile diretta da Guido Bertolaso. Secondo i magistrati di Firenze è uno dei vertici del triangolo intorno al quale s’è costruita la corruzione per la distribuzione di quel denaro. Molto denaro. 330 milioni, a dicembre 2007, per 11 opere destinate alle celebrazioni dei centocinquant’anni dall’unità d’Italia; altri 465, due mesi dopo, per 17 lavori relativi allo stesso progetto. In un passaggio della richiesta d’arresto nei suoi confronti, i pubblici ministeri Turco, Monferini e Mione dipingono in un inciso «la capacità di Balducci di gestire il proprio potere, ripartendo le proprie attenzioni tra più imprenditori di suo interesse e componendo eventuali situazioni di contrasto derivanti dal mancato soddisfacimento di aspettative concernenti l’aggiudicazione degli appalti, così evitando possibili denunzie da parte di imprenditori scontenti». Come accadde nel 2008, quando uno dei nomi che ricorrono spesso nell’indagine svolta dai carabinieri del Ros – Valerio Carducci, responsabile della Giafi Costruzioni – rimase fuori dalla realizzazione del nuovo Teatro della musica a Firenze. Un affare da 80 milioni sfumato per presunte «illecite pressioni politiche» in favore del suo rivale. L’imprenditore deluso preparò un ricorso al Tar, ma Balducci lo convinse a «non coltivarlo in modo efficace». In cambio di altri lavori per il G8 alla Maddalena.

L’8 luglio 2008 i due parlano al telefono e si danno appuntamento per l’indomani. Tre giorni più tardi i giochi sembrano ormai fatti e i carabinieri riferiscono che l’ingegner Fabio De Santis (numero due della struttura di Balducci, arrestato anche lui) fa capire a Carducci «che tutto procede come stabilito». Due ore dopo, un’altra telefonata.
Carducci: «Ingegnere buonasera».
De Santis: «Ah! Rallegramenti!».
Carducci: «Grazie ingegnere… quando posso passare dal suo ufficio?».
De Santis: «Io sto tornando… anche fra mezz’ora ».
Il giorno successivo ancora una conversazione. Alla Giafi costruzioni di Carducci era stata assegnata la riconversione dell’ospedale militare in albergo, appalto da 73 milioni.
Carducci: «Siamo già operativi noi», (i due ridono).
De Santis: «Non ci posso credere…. sei sempre il primo…».
Carducci: «Eh … (ride)… diglielo… glielo hai detto al capo, e ringrazialo, io non voglio chiamare ».
L’altro imprenditore coinvolto in questa vicenda e finito in cella, Diego Anemone, nello stessa tornata aveva ottenuto la costruzione del palazzo della conferenza, per 58 milioni. Ma i guadagni del giovane costruttore che s’incontrava spesso con Bertolaso e si preoccupava della tranquillità dei suoi massaggi al Salaria Sport Village, non dovevano limitarsi a quell’opera. A lui erano stati assicurati anche gli arredi del lussuoso hotel assegnato a Carducci, come gli ricorda Balducci in una telefonata del 27 agosto 2008.
Balducci: «Era stata data l’indicazione di prendere contatti con voi per quanto riguarda la parte arredo per l’albergo…».
Anemone: «Non m’ha detto niente… ma è una cosa che debbo fare o no?… eventualmente…».
Balducci: «Come no! Eccome!».

Tre giorni dopo è lo stesso Carducci che chiede all’architetto Marco Casamonti, progettista dalla Giafi, di fissare un appuntamento con i fratelli Anemone: «Perché poi il grande capo mi ha detto di collaborare con loro», spiega. Sempre Casamonti, un paio di settimane più tardi, parla con i rappresentanti della catena spagnola NH hotel. Bisogna indire una gara per la gestione dell’albergo, e Casamonti spiega al primo interlocutore: «Oggi mi sono incontrato con Angelo Balducci… L’idea sarebbe d’impostare questa gara… però la gara la vorremmo impostare con voi. (…) Non dico avere qualche bando tipo… ma avere un’idea di strategia su come impostare la gara».
L’indomani, con un altro rappresentante della NH, aggiunge: «Se lei potesse aiutare la dottoressa Forleo (responsabile dei procedimenti di gare, ndr)… anche a dare tutte le indicazioni qualitative necessarie per costruire i documenti di gara… alla quale poi voi dovreste partecipare… quindi, insomma… una buona opportunità… ». Anche Diego Anemone, secondo il rapporto dei carabinieri, si muoveva con una certa disinvoltura negli uffici del Dipartimento guidato da Balducci e De Santis. Nell’agosto 2008, scrivono gli investigatori, chiama un funzionario «e gli chiede di “rallentare un pochino” l’iter di approvazione del mandato di pagamento a un’impresa impegnata nei lavori di ristrutturazione dell’ospedale alla Maddalena per agevolare il pagamento di un mandato per un’altra impresa non meglio specificata».

A proposito di Anemone, tra i motivi per i quali ne hanno chiesto e ottenuto l’arresto i pubblici ministeri citano una telefonata tra lui e il padre «il cui tenore rende evidente che i due intendono proseguire impunemente i lavori edilizi nel cantiere del Salaria Sport Village, nonostante il sequestro dello stesso disposto dall’autorità giudiziaria ». E proprio su quel sequestro, in una telefonata col commercialista Stefano Gazzani, Anemone si lascia andare a un commento che, chiosano gli inquirenti, «risulta paradossale rispetto alla gravità dei fatti accertati a carico degli indagati ».
Gazzani: «Come stai?»
Anemone: «Di merda, Stè… (…) il diritto in Italia non esiste».
Giovanni Bianconi

(Tratto dal Corriere della Sera)