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Caserta, gli appalti e la politica sotto il segno dei Casalesi

Il prefetto, il sottosegretario e il consigliere regionale. Ossia: Paolino Maddaloni, prefetto di Frosinone, Nicola Cosentino, vice di Giulio Tremonti, e Nicola Ferraro, membro dell’assemblea legislativa campana in quota Udeur fino a gennaio, quando, per lo scandalo Arpac, è incorso in un divieto di dimora che ne ha pregiudicato la ricandidatura alle Regionali. Il primo, da subcommissario del Comune di Caserta (a cui aveva tentato invano di dare la scalata, candidandosi a sindaco per la Casa delle Libertà nel 2006) avrebbe favorito un’impresa legata ai casalesi, la Orion dell’imprenditore Sergio Solmi, nella gara d’appalto (poi annullata) per l’installazione di centraline per il monitoraggio della qualità dell’aria. I pm antimafia Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio ne avevano chiesto l’arresto, il gip ha detto no.

Del secondo racconta il pentito Raffaele Piccolo: «Cosentino è stato favorito dal gruppo Schiavone perché spesso, quale forma di estorsione nei confronti degli imprenditori, procedeva a dei cambi di assegni che portavamo agli imprenditori; soltanto alcuni assegni, però, potevano essere portati a Nicola Cosentino, ossia quelli per esempio dei soggetti apicali del clan come Nicola Panaro o Nicola Schiavone. Spesso, quando avevamo a che fare con imprese più importanti, onde evitare rapporti tra noi affiliati e l’imprenditore, le estorsioni venivano pagate in assegni a Iorio (Salvatore Iorio, arrestato ieri, ndr), il quale poi versava tali assegni a noi. Questa modalità di pagamento faceva infuriare Nicola Panaro o Peppe Misso (il boss del rione Sanità, ndr), i quali si trovavano nella necessità di cambiare i titoli.

E così si ricorreva ad imprenditori come Nicola Cosentino». Il terzo, scrive il Gip Vincenzo Alabiso nell’ordinanza eseguita ieri dai carabinieri di Caserta a carico di 14 tra politici, imprenditori, funzionari pubblici ed elementi apicali dei clan di Casal di Principe (nell’elenco figurano anche Nicola Schiavone, figlio del superboss Sandokan, arrestato un mese fa, e i superlatitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine, che pure stavolta sono sfuggiti alla cattura), chiuse un accordo con Luigi Guida, alias “‘o drink”, già reggente del clan di Francesco Bidognetti, oggi collaboratore di giustizia, per pilotare l’assegnazione di appalti pubblici alle imprese dei clan in cambio di voti.

Erano i casalesi a confezionare le buste di offerta, sia delle ditte che dovevano vincere, sia delle ditte “di appoggio” (individuati almeno una cinquantina di imprenditori “disponibili”), destinate ad essere scartate. Un “ufficio centrale” teneva conto del turno di vincita degli imprenditori compiacenti e inviava le offerte alle stazioni appaltanti: se qualche impresa estranea al “sistema” partecipava alle gare, era Nicola Schiavone, cugino e omonimo del figlio di Sandokan, ad occuparsi della “dissuasione”. Quando i suoi metodi non funzionavano, le buste venivano sostituite dai funzionari pubblici collusi. Di Ferraro, finito in carcere con il fratello Luigi, parla anche il pentito Oreste Spagnuolo, membro della falange stragista. Il collaboratore racconta di un incontro tra Peppe Setola e Luigi Ferraro: «Setola lo salutò ricordandogli di riferire al fratello che di lì a qualche giorno avrebbe ricevuto un regalo».

Era la fine di maggio del 2008: il primo giugno fu massacrato Michele Orsi, imprenditore del settore dei rifiuti che, con la sua Eco4, rivaleggiava in affari con la EcoCampania dei Ferraro. Nell’operazione di ieri sequestrati 138 appartamenti in Campania e nel Lazio, 278 terreni in Campania, Sardegna e Puglia, 54 società, 600 depositi bancari e postali, 235 tra auto e moto. Sigilli anche all’Hyppo Campos di Castel Volturno, uno dei più grandi complessi turistico – alberghieri di lusso d’Italia, in capo alla società “Best Wellnes”, dell’imprenditore napoletano Sergio Pagnozzi. Secondo la procura, un prestanome della famiglia di Sandokan.
Massimiliano Amato

(Tratto da L’Unità)