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60 MILIARDI DI RICICLAGGIO NEL SOLO 2015. I BANKSTER SI AUTO ACCUSANO

60 MILIARDI DI RICICLAGGIO NEL SOLO 2015. I BANKSTER SI AUTO ACCUSANO 

 

8 gennaio 2016 autore: Andrea Cinquegrani

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Il riciclaggio viaggia via banca. Attraverso insospettabili colletti bianchi. La conferma arriva dalla Direzione Nazionale Antimafia che ha analizzato i dati provenienti nientemeno che dalla stessa Banca d’Italia. La quale in soldoni finisce per autoaccusarsi di connivenza nel lavaggio di danaro sporco. Senza peraltro passare alcuna conseguenza: né penale, né civile, né amministrativa.

Storie che, al solito, possono accadere solo nel Belpaese, una nazione che ormai da anni ha perso la sua autonomia e indipendenza, schiacciata non solo sotto il tallone di frau Merkel, Bce & C., ma anche dei Bankster di casa nostra, che continuano a depredare i cittadini – come dimostra in modo clamoroso il crac delle 4 banche, e risparmiatori “cornuti e mazziati” – nel più totale silenzio-assenso (vedi alla voce complici & collusi) dei poteri (sic) di vigilanza e controllo, vale a dire Consob e la stessa Bankitalia. Per non parlare del Governo targato Renzi-Boschi.

Schermata 2016-01-08 alle 20.10.31Ricapitoliamo. La massa dei dati lungo le piste del riciclaggio è stata elaborata dell’Uif, ossia “Unità di Informazione Finanziaria”, un organismo controllato dalla Banca d’Italia, il cui azionariato – val la pena di rammentarlo e sottolinearlo – è composto dalle stesse banche, che quindi finiscono per controllare e vigilare su se stesse. Un conflitto d’interessi gigantesco come le Torri Gemelle e mai messo in discussione, nella terra dei Bankster (dal titolo del volume di Elio Lannutti uscito nel 2010 e che potete scaricare gratuitamente dal nostro sito). I dati sono stati trasmessi quindi da Uif all’istituto capitanato da Ignazio Visco, e poi trasmessi alla DIA e alla DNA, per tutte le opportune valutazioni (con la possibilità, quindi, che vengano aperti singoli filoni investigativi presso varie Direzioni Distrettuali Antimafia).

Veniamo ai dati. La punta dell’iceberg, perchè – secondo autorevoli valutazioni tecniche – la cifra “reale” è certo molto maggiore, per via delle cosiddette “scremature”, ossia una prima valutazione di massima effettuata in casa Uif, operazione che consente ampi margini di “discrezionalità”. Ma fermiamoci ai numeri ufficiali, comunque da brivido. L’Uif ha raccolto oltre 76 mila “segnalazioni di operazioni sospette”, circa il 4 per cento in più rispetto all’anno precedente. La massa totale di operazioni è di quasi 280 mila, dal momento che una “segnalazione” può comprendere più operazioni e più soggetti coinvolti, che risultano – tra persone fisiche e giuridiche – più di 165 mila. Eccoci al totale da Bingo (ma come detto è di gran lunga più elevato), che raggiunge il tetto dei 60 miliardi di euro (56 miliardi nel 2014).

Ma siamo alle stradolenti note. L’80 per cento delle operazioni fortemente sospette di riciclaggio – certifica Uif, avalla Bankitalia – nascono e si concretizzano in banca. L’altra fetta è suddivisa tra intermediari finanziari e professionisti vari (in particolare notai e commercialisti). “Anche quest’ultima fetta è di certo sottostimata – commentano al tribunale di Roma – perchè riteniamo che meno del 50 per cento dei professionisti, a voler essere molto ottimisti, segnali operazioni sospette dei suoi clienti. La cifra globale del riciclato che sfugge è quindi ben più elevata”.

Tra le operazioni più gettonate da chi vuol lavare il danaro in casa, bonifici in Italia (38 per cento), versamenti in contanti (12 per cento), prelevamento da sportello (11 per cento), bonifici esteri (8 per cento) e il resto in svariate altre operazioni (ordini di trasferimento, circolari, versamento assegni…).

Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti

E veniamo alle piazze dove si lava di più. In testa alla speciale classifica la regione più economicamente più ricca, ossia la Lombardia, che fa segnare il 20,6 per cento sul totale delle operazioni sospette; segue la Campania, attestata sul 12,3 per cento, e a ruota il Lazio, con l’11,2 per cento. Distanziato un tris: Emilia-Romagna (7,7), Toscana (6,6) e Veneto (6,5), con un Piemonte lievemente distaccato (5,9). Sicilia e, soprattutto, Calabria risultano incredibilmente nei bassifondi: la prima, infatti, raggiunge uno stentato 6,3 per cento, mentre la seconda arranca penosamente al 2,9 per cento.

Mafia e ‘ndrangheta preferiscono non lavare i panni sporchi in casa? “Sicuramente è così, ma la cosa non può non interessare anche la camorra, perchè la tendenza ormai consolidata da anni – viene analizzato – è quella degli investimenti esteri, off shore, di riciclaggi a base di terziario, industria del divertimento, ma anche mattoni un po’ sotto tutte le latitudini. Solo una parte passa attraverso i canali nostrani e in qualche modo ‘ufficiali’, come quelli bancari”.

Ma tant’è. 60 miliardi di euro non sono bruscolini. E per un Belpaese che affama i pensionati, massacra i risparmiatori, tartassa tutti, toglie diritti e dà mance, sarebbe un bel tesoretto. Ma i Renzi boys si trastullano in ben altre cose…

Passiamo ai crack delle quattro banche che hanno gettato sul lastrico migliaia di risparmiatori e alle fresche denunce – 8 gennaio – proprio di Elio Lannutti, presidente di Adusbef, e di Rosario Trefiletti, numero uno di Federconsumatori. Ecco quindi la ricostruzione di alcuni passaggi strategici e il durissimo j’accuse.

BANCA ETRURIA, OCCHIO AI COMMISSARI

Con un provvedimento dell’11 febbraio 2015 venne commissariata la Banca Popolare dell’Etruria e la Banca d’Italia nominò commissari straordinari i soliti fiduciari Riccardo Sora, indagato dalla Procura di Rimini, e Antonio Pironti;  mentre Paola Leone, Silvio Martuccelli e Gaetano Maria Giovanni Presti vennero insediati nel Comitato di Sorveglianza. La procedura di amministrazione straordinaria, sotto la supervisione di Bankitalia – recitò la consueta velina – avrà il compito di “condurre l’attività aziendale secondo criteri di sana e prudente gestione e di individuare le iniziative necessarie per il superamento della crisi aziendale”.

Non è dato sapere quali iniziative abbiano assunto i commissari Sora e Pironti, consueti fiduciari di Bankitalia, in questa (come in altre) gestione commissariale per superare la crisi, ma nel caso di Banca Etruria emergono fatti penalmente rilevanti a danno dei risparmiatori espropriati dal decreto del Governo 22 novembre 2015, che Adusbef e Federconsumatori hanno segnalato alle Procure, in aggiunta alla raffica degli altri esposti denunce, inviati anche ad Arezzo.

Schermata 2016-01-08 alle 20.15.22Fino al 2014 la Popolare dell’Etruria era stata gestita dallo storico presidente Giuseppe Fornasari. Al momento del commissariamento, l’11 febbraio 2015, presidente dell’istituto era Lorenzo Rosi, con vicepresidenti Pier Luigi Boschi – padre del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi – e Alfredo Berni; il direttore generale era Daniele Cabiati, subentrato nell’agosto 2014 a Luca Bronchi.

Come risulta da alcune notizie di stampa il 5 febbraio 2015, sul tavolo dell’allora presidente di Banca Etruria, Lorenzo Rosi, arrivò la richiesta di un Fondo di investimento inglese, “Anacap”, per l’avvio di ‘due diligence’ sui crediti del gruppo, con la proposta di acquistare tutte le sofferenze, circa 2 miliardi di euro, ad un prezzo tra il 28 ed il 32% del valore nominale e con la disponibilità ad entrare nel capitale dell’Istituto e la partecipazione ad un successivo aumento di capitale. Tra il 2014 ed il 2015 Anacap, grazie ai buoni uffici di Banca Imi, aveva già acquistato circa 6 miliardi di sofferenze bancarie, di cui 3 miliardi  solo da Unicredit.

La protesta dei risparmiatori

Il valore minimo dato quindi da Anacap ai 2 miliardi di sofferenze di Banca Etruria era, nel febbraio scorso, di 560 milioni di euro: un prezzo svilito dalle valutazioni di Bankitalia, che non si degna neppure di comunicare, come sarebbe doveroso, a quali perizie abbia fatto ricorso, per valutare le sofferenze di CariChieti, CariFerrara, Banca Marche e Banca Etruria, il 17,4 %, facendo così perdere, soltanto ai risparmiatori truffati di Banca Etruria, ben 212 milioni di euro, nell’ipotesi della forchetta minima del prezzo offerto.

La deferenza dei magistrati verso Bankitalia ed i fiduciari nominati, che riescono a peggiorare in molti casi le crisi bancarie invece di migliorale (come si può oggettivamente rilevare nei casi di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti, CariFerrara), deve finire. Perciò Adusbef e Federconsumatori, negli esposti denunce depositati l’8 gennaio, hanno chiesto di verificare i comportamenti dei Commissari, nel caso specifico di Banca Etruria (e con riferimento particolare a Riccardo Sora), che hanno cestinato l’offerta di un fondo estero sulle sofferenze. Offerta che, se accolta e diligentemente valutata, avrebbe consentito un esito diverso, rinnovando richieste di perizie super-partes sulle sofferenze delle 4 banche, svilite al 17,4, con effetto domino sulle sofferenze di sistema.

Nella foto di apertura la sede della Banca d’Italia e, a sinistra, il governatore Ignazio Visco