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Via il murale di Caiafa, minacce ai cronisti: «Veniamo a prendervi ​a casa, non finisce qui»

Il Mattino

Via il murale di Caiafa, minacce ai cronisti: «Veniamo a prendervi ​a casa, non finisce qui»

Sabato 6 Febbraio 2021 di Valentino Di Giacomo

Ci sono voluti quattro mesi, appelli del prefetto Valentini, del ministro Lamorgese, del procuratore generale Riello, l’attivismo dei residenti, ma alla fine ieri è stato cancellato il murale e rimossa definitivamente anche la cappella votiva di Forcella dedicata al baby-rapinatore Luigi Caiafa. Un’operazione avvenuta ieri non senza tensioni, con aggressioni e minacce da parte dei familiari del giovane ucciso ai cronisti del nostro giornale, che da mesi segnala l’indecenza dei tanti altarini ad omaggiare personaggi della criminalità e della camorra. L’unico atto formale da parte del Comune fino a ieri era stato l’invio di una notifica ai condomini del palazzo storico dove era stato disegnato il murale per Caiafa, con la diffida a rimuovere l’opera a proprie spese. Proprio un’intervista al Mattino dell’amministratrice del condominio, l’avvocato Varano, ha probabilmente vinto i tentennamenti da parte dell’amministrazione comunale: al danno di aver visto il proprio palazzo imbrattato stava per aggiungersi pure la beffa di doverne pagare le conseguenze.

Operazione partita ieri, prima delle 9, con un enorme spiegamento di mezzi e uomini di polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili del fuoco e polizia municipale. Per consentire gli interventi ed evitare ritorsioni è stato bloccato l’accesso sia lungo via Sedil Capuano – dove si trovavano murale e altarino – che in via dei Tribunali. «Dopo aver ricevuto riscontro da parte degli uffici comunali circa l’estraneità del condominio – ha fatto sapere il Comune – si è provveduto al ripristino dello stato dei luoghi». Eppure, per avere questo «riscontro», ci sono voluti 4 mesi nonostante fossero pubblicamente conosciuti l’autore materiale del disegno e i suoi committenti. Contemporaneamente alla cancellazione del murale, la polizia municipale ha provveduto anche – ne aveva denunciato la presenza proprio l’amministratrice del condominio dove sorgeva la gigantografia di Caiafa – a rimuovere alcuni paletti abusivi per la sosta delle auto, l’allaccio illecito all’illuminazione pubblica per fare luce sull’opera e le quattro fioriere poste dinanzi al murale. 

Sin da subito i parenti di Luigi Caiafa hanno però tentato – inveendo contro operai della NapoliServizi e agenti di polizia – di riprendersi le fioriere dal furgone dove erano state poste dopo la loro rimozione. Ma il culmine della tensione è stato raggiunto per l’abbattimento della cappella votiva edificata pochi metri più avanti sempre su via Sedil Capuano. Un’opera in marmo che sarebbe costata circa 3mila euro. Proprio per il costo ingente i familiari hanno richiesto di rimuovere loro stessi l’altarino per conservare i marmi, ma alla fine sono dovuti intervenire gli operai della NapoliServizi. Mentre documentavamo le operazioni, uno dei familiari ha inveito anche contro i cronisti del Mattino. «Ve ne dovete andare – ha detto uno zio di Caiafa aggredendo il giornalista strattonandolo, nonostante la massiccia presenza di forze dell’ordine – non finisce qui, vengo a prenderti anche domani a casa». Atteggiamenti stigmatizzati dal deputato della Lega, Gianluca Cantalamessa, che ha espresso «totale solidarietà al comandante e agli agenti della municipale e sdegno per le intimidazioni alle forze dell’ordine e agli operai impegnati nella rimozione del murale della vergogna». Ma gli omaggi a Caiafa sono solo una parte delle 500 edicole votive e dei 100 murales messi in piedi per celebrare personaggi della malavita. Su queste opere si è attivata nei giorni scorsi un’indagine della Procura partenopea. Intanto la Giunta de Magistris ha fatto sapere ieri di aver emanato un’ordinanza di rimozione anche per il murale realizzato ai Quartieri Spagnoli in memoria del 15enne Ugo Russo, ucciso in un tentativo di rapina da un carabiniere. In questo caso, però, il Comune ha aperto alla possibilità che «l’opera evolva in un nuovo murale che non si presti a interpretazioni sbagliate». Del resto, ieri, anche il Comitato “Verità e Giustizia per Ugo Russo” ha puntato i piedi: «Non capiamo – hanno detto – perché qualche istituzione della Repubblica debba considerare una rivendicazione di verità e giustizia come una sfida». Quando Ugo fu ucciso, fu preso d’assalto il pronto soccorso del Pellegrini e sparati proiettili contro la caserma Pastrengo dei carabinieri. Ieri un primo segnale di legalità.