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Sono 13.625 le imprese sequestrate, spesso a criminali: 2200 le attive GROSSO PROBLEMA,QUELLO DEI BENI CONFISCATI,CHE IL NUOVO PARLAMENTO DEVE TUTTO RIVISITARE E DISCIPLINARE PER ELIMINARE AREE DI PARASSITISMO E DI SPECULAZIONE

La Repubblica, 05 Aprile 2018

Sono 13.625 le imprese sequestrate, spesso a criminali: 2200 le attive


Uno studio di Infocamere rivela che le aziende colpite, ma tenute in vita dai pubblici ufficiali, sono concentrate soprattutto in Sicilia, Lazio e Campania, e nei settori del commercio e delle costruzioni. A Roma il Tribunale gestisce 7 miliardi di patrimonio: fitti stellari e lavoro in nero

ROMA – Sono 13 mila 625 le imprese italiane che hanno subìto un provvedimento di sequestro, totale o anche solo parziale (cioè di una o più quote). Uno studio di Infocamere rivela che molte di queste imprese – anche se azzoppate dal sequestro – continuano a dare segnali di vita. Il merito, in molti casi, è dei pubblici ufficiali cui queste imprese vengono affidate quando sottratte al controllo della criminalità.

La consegna del bilancio, l’avvio di una pratica, la comunicazione degli addetti: sono 7.381 le imprese che – attraverso queste attività – dimostrano di essere ancora attive; e 2.200 hanno un “indicatore di operatività” tra il livello 2 e il quattro, dunque restanno effettivamente in campo.

Tutti questi dati – presentati al convegno “Ripartiamo. Il recupero e il rilancio dei beni sequestrati”, organizzato dalla Filcams Cgil – sono aggiornati a febbraio del 2018. I dati ci dicono anche che – tra settembre 2017 a febbraio 2018 – ci sono stati:


a) 877 nuovi sequestri;

b) 318 revoche;

c) 309 cessazioni o cancellazioni.

Delle nuove 877 sequestrate, 398 hanno l’indicatore di operatività tra 2 e 4.

Rispetto a settembre del 2017, le imprese con un “indicatore di operatività” tra il livello 2 e il quattro sono in calo del 12,52 per cento. L’operatività, ovvio, dipende anche dalla “benzina” che un’impresa ha nel serbatoio. Per questo, sulle famose 2.200, oltre il 70 per cento è in campo perché ha la forma giuridica della società di capitale. Oltre il 19 per cento sono ditte individuali, dove il titolare stringe i denti pur di non fermare i motori della sua creatura.

Il record delle imprese sequestrate ma ancora operative va alla Sicilia (con 372), seguono il Lazio (con 362) e la Campania (con 311). La Lombardia si ferma a quota 267.

 

I settori maggiormente interessati da imprese sequestrate ma operative sono:
– commercio all’ingrosso e al dettaglio (26,41 per cento);
– costruzioni (12,18%);
– servizi di alloggio e ristorazione (11,64%);
– e attività immobiliari (9,82%).

Guglielmo Muntoni, presidente delle Misure di prevenzione del Tribunale di Roma, fa il punto sulla situazione nella Capitale: “Con le misure di prevenzione viene sequestrato un patrimonio enorme affidato ai pubblici ufficiali il cui compito deve essere gestirlo al meglio, ovvero salvare le attività, i posti di lavoro, rimettere in circuito questi beni. Fino ad oggi siamo riusciti a mantenere in attività il 90% delle aziende sequestrate”.

Solo il Tribunale di Roma gestisce 450 aziende attive tra aziende sequestrate e confiscate, oltre 2 mila immobili, per un patrimonio complessivo di 7 miliardi. Muntoni è colpito sia dalla quantità di lavoro in nero che queste imprese impongono ai lavoratori, sia dall’altissimo costo dei fitti che sono in grado di sopportare.

Il Registro delle Imprese conserva i dati relativi ai sequestri (e agli eventuali dissequestri) in modo destrutturato. Alcuni tribunali comunicano ancora i nuovi provvedimenti di sequestro via fax e non adottato un modulo unico, standardizzato.

Paolo Ghezzi, direttore generale di Infocamere, si rivolge al nuovo Parlamento perché adotti un provvedimento sul tema (come è già avvenuto con i fallimenti): “Comunicazioni solo digitali e con un modulo standard produrrebbero vantaggi immediati”, assicura Ghezzi. I dati sulle imprese sequestrate sarebbero aggiornati in tempo reale, ad esempio, permettendo analisi e indagini mirate e veloci.