La “strada della morte”, i treni su un binario, lo spopolamento, le pressioni dei clan. Nel documento le criticità di una delle «zone più disagiate»
Pubblicato il: 10/03/2025 – 18:46
di Mariateresa Ripolo
ROMA Criticità che, partendo da San Luca, accomunano gran parte dei comuni della Locride, nella fascia jonica reggina, rendendo l’area una delle «zone più disagiate della provincia». Lo scrive nero su bianco la Commissione parlamentare di inchiesta antimafia nel documento che contiene analisi e conclusioni riguardo al caso del comune aspromontano oggetto di visita da parte della commissione guidata da Chiara Colosimo, avvenuta il 19 e 20 giugno scorsi.
Dopo anni di commissariamento a seguito dell’accertamento di infiltrazioni della ‘ndrangheta, il Comune di San Luca è stato guidato dal 2019 al 2024 dall’ex sindaco Bruno Bartolo, anche lui poi attenzionato dalla Prefettura reggina e finito al centro dell’inchiesta della Procura di Locri, a mandato concluso e dopo aver annunciato che non si sarebbe ricandidato. Una mancanza di candidati e sospetti su infiltrazioni mafiose che hanno portato l’ente a un doppio commissariamento. Per la commissione antimafia – così come viene sottolineato nel documento – «il complesso intreccio di parentele ed amicizie che unisce tutti gli abitanti del comune ed anche i componenti dell’apparato gestionale e politico dell’ente alle famiglie mafiose, rendendo estremamente difficile che costoro vogliano o, comunque, possano rompere il muro di omertà e liberare l’amministrazione comunale dal controllo mafioso». E per questo viene avanzata una proposta precisa: «si dichiara disponibile a fornire spinta e testimonianza concreta alle comunità, con la candidatura diretta di propri membri».
Dalla rete viaria precaria alle difficoltà economiche
Il documento analizza in toto la situazione socio-economica di San Luca e non solo. Viene rilevato infatti come quella della Locride sia un’area «collocata agli ultimi posti degli indicatori della crescita economica, della qualità dei servizi e della vita». Comuni i fattori che portano il comprensorio ad essere una delle «zone più disagiate della provincia». Nel documento vengono elencati lo scarso sviluppo della rete viaria e la significativa carenza di mezzi di trasporto pubblici che dovrebbero servire l’intera area, rende «estremamente difficoltose le comunicazioni e i collegamenti sia tra i vari comuni della provincia che tra questi e il capoluogo: la rete viaria ruota attorno ad una strada principale (la SS 106, significativamente nota come «strada della morte» per i numerosi incidenti che ivi si realizzano) assolutamente inadeguata alle esigenze mentre la rete ferroviaria elettrificata termina nel comune di Melito Porto Salvo, da dove si può proseguire solo su convoglio ferroviario a carrozza unica alimentata a gasolio, viaggiante su binario semplice».
Dalla rete viaria precaria alle difficoltà economiche: «L’economia – si legge nel documento – è piuttosto povera: si basa su agricoltura e pastorizia atteso che l’industria è quasi del tutto assente e il potenziale turistico è limitato dal degrado ambientale dell’intera Locride e dalla mancanza di una cultura imprenditoriale adeguata, peraltro carente di stimoli atteso il progressivo spopolamento della zona e il significativo innalzamento dell’età media degli abitanti».
«Il settore terziario è il più importante della zona essendo pressoché inesistente il settore secondario: non risultano attività produttive fatta eccezione per l’edilizia che, per la prevedibile contrazione demografica, è destinata ad una progressiva riduzione». E nonostante le risorse naturali del territorio, «il turismo – rileva la commissione – non è stato adeguatamente sfruttato, da un lato, a causa della scarsa accessibilità delle zone interne della Locride e del deturpamento dell’ambiente dovuto all’incontrollata edificazione abusiva sull’intera zona, dall’altro, per la forte presenza della criminalità organizzata che ha limitato lo sviluppo di una cultura imprenditoriale coerente con le richieste del mercato turistico moderno».
La mancanza di servizi e lo spopolamento
La Commissione rileva poi che la quasi generalità delle amministrazioni locali versa in situazione di sofferenza sul piano organizzativo e finanziario, «essendo caratterizzata da considerevoli carenze di personale qualificato (segretario comunale, direttore amministrativo, direttore tecnico, spesso, sono assegnati a più comuni contemporaneamente) e da diffusa mancanza di liquidità, spesso da ricondurre ad una cattiva gestione delle risorse». E conseguentemente, la maggior parte delle amministrazioni comunali della Locride «non è in grado di mantenere standard adeguati nell’erogazione dei servizi primari, quali la raccolta dei rifiuti e l’approvvigionamento idrico, incidendo negativamente sulla qualità di vita degli abitanti». Una situazione di elevata criticità in cui versa l’intera area della Locride, descritta dal prefetto – si legge nel documento come inesorabilmente avvinta nella «trappola del non sviluppo» per «l’esistenza di una serie di fattori difficilmente eliminabili (tra i quali l’abbandono delle abitazioni e dei terreni agricoli e l’invecchiamento della popolazione) che impediscono il realizzarsi di condizioni favorevoli ad ogni forma di crescita dell’economia locale».
Le pressioni dei clan
Forte poi la presenza della ‘ndrangheta che condiziona “fortemente” «tanto il tessuto economico sociale quanto quello politico amministrativo, conducendo ad una carente organizzazione del territorio e compromettendo lo sviluppo economico dell’intera area che, ancora oggi, appare legata esclusivamente ad un contesto rurale nel quale prevalgono agricoltura e pastorizia». Una pervasività criminale che si manifesta prevalentemente fuori dal territorio di San Luca, «solo raramente – si legge nel documento – manifestano la loro presenza con azioni eclatanti all’interno del paese; proiettano i loro affari in altre aree del territorio nazionale e all’estero dove gestiscono il traffico di sostanze stupefacenti, trattando direttamente con i fornitori sudamericani e con le altre organizzazioni criminali, italiane ed estere, e reinvestono i loro enormi proventi».