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Quelli al 41 bis e poi tutti gli altri

Quelli al 41 bis e poi tutti gli altri

di Sergio Nazzaro

Il regime del 41 bis è oggetto di dibattito sia in Italia che in Europa. L’ultimo caso che ha portato ad un dibattito pubblico molto acceso ha visto la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso di Marcello Viola nel giugno del 2019 decidere che anche chi non collaborava con la Giustizia italiana poteva ottenere benefici carcerari, prima totalmente esclusi: “La collaborazione con lo Stato non può essere l’unico strumento di valutazione di un detenuto”.
Nel 2007 un giudice statunitense ha negato l’estradizione del boss Rosario Gambino in Italia perché ha definito il 41 bis tortura.
Per l’antimafia lo strumento del 41bis non solo è corretto e costituzionale ma necessario. Infatti, la revoca del regime del carcere speciale è possibile nel caso in cui il soggetto collabori con lo Stato. Appunto per questo molti capimafia hanno scelto di collaborare. In questo si noti il cortocircuito Italia Europa sul fronte dell’antimafia: se da una parte si è indicati come coloro che hanno in casa la criminalità più pericolosa, di poi le istituzioni europee si muovono nel senso contrario all’applicazione di strumenti per il contrasto della stessa.
Il mondo delle carceri italiane ha però un problema molto importante: il sovraffollamento, anche se esistono delle carceri nuove mai utilizzate. Il sovraffollamento ha portato a procedure d’infrazione in sede europea, come scrive il Garante dei detenuti in una nota del 15 aprile 2020: “Le presenze nelle camere di pernottamento sono scese oggi a 55.030. Valore importante nella sua riduzione ma pur sempre uguale a quello della popolazione detenuta a metà del 2016 e quindi distante da quello (52.184) che nell’anno precedente aveva consentito all’Italia di uscire dalla procedura di esecuzione della sentenza pilota della Corte di Strasburgo (il Comitato dei Ministri dichiara chiusa la procedura l’8 marzo 2016 sulla base appunto dei dati raggiunti nel 2015).
Il Garante dei detenuti fa anche il punto della situazione in merito al contagio nelle carceri: “Sono 105 le situazioni di positività che attualmente riguardano le persone detenute (11 di esse risultano ospedalizzate); due i morti e 19 i guariti. I numeri si addensano sempre attorno a tre o quattro Istituti del Nord Italia, dove si sono evidenziati alcuni focolai specifici, mentre in ben 11 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta) e nella Provincia autonoma di Bolzano non si registra alcun caso.
Molta attenzione va data ai lavoratori, essendo ormai 209 il numero di coloro che sono rimasti contagiati, nella stragrande maggioranza appartenenti alla Polizia penitenziaria (204); due i decessi e sei le guarigioni. L’attenzione va sempre mantenuta affinché tutti gli operatori, e in particolare quelli di Polizia penitenziaria che hanno un contatto diretto nelle sezioni detentive, siano adeguatamente forniti di dispositivi di protezione individuale, nonché di supporto in un periodo particolarmente difficile; ancora più complesso per coloro che per distanza dai luoghi dei propri affetti vivono nelle caserme”.

Questa articolata premessa sui numeri e sul mondo del carcere sono necessari a contestualizzare gli eventi e le conseguenze dei giorni che misero in prigione l’Italia.

Tratto da uno studio commissionato all’autore dalla Global Initiative against Transnational Organized Crime, di prossima pubblicazione.

Fonte:https://mafie.blogautore.repubblica.it/