Paolo Siciliano e il nipote di Michele Zagaria. Dopo la raffica di scarcerazioni, vi spieghiamo perchè, secondo noi di CasertaCe, non cambia nulla nella valutazione su questi rapporti inquietanti
Le ragioni giuridiche e giudiziarie che possono investire anche un’ordinanza, scritta anche con un pò di ingenuità dal gip, non producono una revisione del giudizio da parte di chi legge atti giudiziari sulle camorre locali da 20 anni. A nostro avviso, Paolo Siciliano e filippo Capaldo, cioè il clan dei casalesi, erano soci di fatto. A meno che qualcuno non dimostri che le intercerttazioni dei Ros dei carabinieri siano false
9 Febbraio 2021 – 13:26
CASAPESENNA/MARCIANISE – (g.g.) Come abbiamo scritto più volte, ci riteniamo fortunati per non dover adempiere esecutivamente in alcun modo alle decisioni dei tribunali che non riguardino, naturalmente, le nostre persone e la nostra attività. Non adempiere, non significa non rispettare. Della serie, ad ognuno il suo: ieri sera, il tribunale del Riesame di Napoli ha demolito l’ordinanza recente sui rapporti tra Filippo Capaldo, quindi clan dei casalesi gruppo Zagaria e il noto imprenditore dei supermercati Paolo Siciliano.
Per quest’ultimo si aspetta ancora la decisione mentre per gli altri c’è stata una vera e propria ondata di scarcerazioni. Quella più clamorosa riguarda proprio Filippo Capaldo, nipote di Michele Zagaria ed erede designato. Non sappiamo se dovrà rimanere in carcere per altri motivi, ma siccome ci sembra sia stato catturato mentre era a piede libero, dovrebbe già trovarsi in libertà. Stesso discorso, nel senso che il Riesame ha deciso di scarcerarli per assenza di sufficienti indizi di colpevolezza, per i fratelli Nicola e Francesco Mario e anche per le donne che per Capaldo operavano all’interno delle imprese di Siciliano e cioè la maddalonese Michela Di Nuzzo, sua madre Viola Ianniello e per Giovanni Merola, marito della di Nuzzo, l’unico che si trovava agli arresti domiciliari e non in carcere.
Di ciò che ha deciso il Riesame e delle motivazioni addotte, vanno informati puntualmente e dettagliatamente i lettori, com’è giusto evidenziare il lavoro degli avvocati difensori che abbiamo citato nel nostro articolo di ieri sera. Detto questo, però, i nostri giudizi sul mondo che ha circondato l’attività di Paolo Siciliano in relazione alla famiglia Capaldo, non cambia. D’altronde, avevamo già ravvisato in certe asserzioni del gip del tribunale di Napoli Leda Rossetti qualcosa che non funzionava, soprattutto nell’entusiasmo con il quale riteneva riscontri granitici delle circostanze che sul piano logico e, alla luce di quello che ha deciso il riesame anche sul piano giuridico, non rappresentavano ciò, in special modo per quel che riguarda le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in particolare Francesco Zagaria in primis.
Ma anche lo stralcio che pubblichiamo oggi in calce a questo articolo, rappresenta ai nostri occhi, un’attestazione evidente delle relazioni che nessun Riesame e nessun tribunale potrà contestare, al di la del rilievo penale delle stesse, tra il Siciliano ed esponenti di spicco del clan dei casalesi che, beninteso sono stati arrestati anche per altre inchieste che invece hanno retto al Riesame e che per questo sono sotto processo.
Insomma, per come affrontiamo il nostro lavoro di analisi del materiale presente in un’ordinanza potremmo cambiare idea solo se qualcuno dimostrasse che le intercettazioni fatte dai Ros siano false e così anche le attività di appostamento e di intelligence.
Siccome questo nessuno lo dice, sono i contenuti delle intercettazioni e quelli sortiti dagli appostamenti e dalle attività investigative a rappresentare, secondo noi, con rispetto parlando delle ragioni del tribunale del Riesame, un quadro inquietante di relazioni a dir poco opache che coinvolgono il Siciliano ma anche le due donne di Maddaloni, così come i fratelli di Filippo Capaldo.
Tutti restano, peraltro, indagati ed è scontato che la procura della repubblica di Napoli, attraverso i suoi magistrati inquirenti della Dda, presenterà opposizione alla Corte di Cassazione contro la decisione del Riesame.
Filippo Capaldo, in queste intercettazioni presentate oggi nell’ordinanza, parla da socio di fatto di Paolo Siciliano. E neppure si può dire che sia un millantatore perchè altre intercettazioni, stavolta riguardanti l’imprenditore di Capodrise, forniscono riscontro alle ricostruzioni e alla recriminazioni che Filippo Capaldo esponeva ai fratelli sul comportamento di Paolo Siciliano. Contestazioni verbali e non altro e questo rappresenta una ragione che al di la del fatto giudiziario che, ripetiamo, ci interessa fino ad un certo punto, che rafforza l’idea di un rapporto societario e non di una subalternità, di una vittima di estorsione e del suo carnefice. Tutto quello che viene detto nell’ordinanza da Filippo Capaldo e da Paolo Siciliano ha trovato preciso riscontro nel ruolo che il primo, insieme a suo fratello Nicola, ha avuto in quel grande supermercato di Chiaiano, acquisito dopo una serie di passaggi con l’utilizzo della figura di un altro indagato cioè Alfonso Ottimo, dopo che l’attività era stata chiusa, dopo alcuni fallimenti e dopo un periodo in cui il supermercato era stato in mano alla Supermercati Sian.
Il riassunto delle intercettazioni, che comprende anche un’arrabbiatura di Filippo Capaldo, il quale si lamenta per aver perso 100mila euro per l’operazione, rintuzzato però da una confutazione di Paolo Siciliano, che lo invita a fare meglio i conti, lo pubblichiamo in calce.
Per noi di CasertaCe, dunque, ciò è sufficiente per mantenere il punto che da anni teniamo rispetto al modo con cui il Siciliano ha fatto l’imprenditore. Il resto poi lo vedremo tra Cassazione e una presumibilissima chiusura indagini con richiesta di rinvio a giudizio che la Procura di Napoli sezione Dda sicuramente presenterà.