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Monito di Saviano a “Che tempo che fa”: «Il silenzio arma terribile della camorra»

Il silenzio e la diffamazione sono armi terribili in mano alla camorra e l’ordigno adatto per combatterli è quello della parola. Anche la parola, o meglio le parole, dette questa sera da Roberto Saviano allo speciale di ‘Che tempo che fa’. Lui stesso si è definito una «operazione mediatica», nata e portata avanti perché si conoscano gli orrori della camorra e si capisca che riguardano tutti. Il suo «sogno» è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una vera e propria moda. È quello che «i grandi editori, le televisioni, trovassero un punto comune, anche conveniente. Perchè non creare una moda?».

È una provocazione, quella dell’autore di Gomorra (che dal 13 ottobre 2006 vive sotto scorta), ma non più di tanto. In un’intervista al Tempo, Carmine Schiavone ha profetizzato che la camorra tenterà di far fuori Saviano quando cadrà nel dimenticatoio. «La cosa più grave che può fare la politica – ha detto lo scrittore – è il silenzio. La cosa più grave che possono fare gli elettori è scegliere il silenzio».

Questo «colpevole silenzio» riguarda però anche i giornali. Saviano ha fatto un monologo di una quarantina di minuti proprio per parlare della forza della scrittura ed è partito per parlarne dai titoli dei giornali locali delle zone di guerra dove si combattono le battaglie della camorra. Sono titoli che fanno da cassa di risonanza alla criminalità organizzata, che mostrano un modo inquietante di vederla, con parole come ‘sindacalista giustiziatò per parlare di un assassinio.

E poi ci sono le voci, che fanno dubitare dell’onestà di don Beppe Diana, che hanno fatto ventilare la possibilità di una connivenza con la camorra di Salvatore Nuvoletta, un carabiniere di 20 anni ucciso mentre era disarmato e con un bambino sulle ginocchia da una squadra di camorristi. «Perchè non avete mai sentito questo nome? – si è chiesto Saviano – È un carabiniere di 20 anni. Non lo avete mai sentito, perchè quando la camorra uccide non lo fa con le pallottole ma con la diffamazione». Così il suo monologo è stato un elenco di persone, di storie, di accuse per le infiltrazioni della camorra, che ad esempio nell’edilizia non opera solo al Sud, ma tanto anche al Nord, in città come Milano, Parma, per non parlare di Berlino.

Queste storie di omicidi giornalieri non arrivano quasi mai sulle pagine nazionali. Ogni tanto la notizia arriva, quando si sparge molto sangue e ci sono grandi tragedie. Ci sono due o tre persone uccise al giorno e la cronaca nazionale le ignora. Allora, l’invito è a non smettere di parlare, come lui stesso non smette di fare nella sua vita non più privata ma «blindata». Più del racconto di questi ultimi tre anni con i Carabinieri, che definisce come una nuova famiglia, ha detto tanto l’immagine dei militari che lo hanno scortato fuori dallo studio televisivo. «Io – ha detto – esisto ora, poi vado in una stanza e non ho più vita fino al prossimo appuntamento».

(Tratto da Il Mattino)