La Repubblica, Martedì 24 Gennaio 2017
Maxi operazione antidroga: 54 ordini di cattura, sequestrati otto tonnellate di cocaina e beni per otto milioni
L’indagine condotta dalla polizia tributaria di Catanzaro, interessate diverse regioni. Nicola Gratteri: “La ‘ndrangheta si dimostra ancora una volta monopolista assoluta del traffico”
di ALESSIA CANDITO
Cinquantaquattro ordini di cattura, il più grande sequestro di droga nella storia italiana del contrasto al narcotraffico, sigilli a beni per otto milioni di euro, 15 regioni italiane coinvolte. Sono numeri da record quelli della maxioperazione antidroga Stammer, la prima firmata da Nicola Gratteri come capo della Dda di Catanzaro, insieme al Gico della Guardia di Finanza. In manette sono finite 42 persone fra Calabria, Sicilia, Campania, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, altre 12 rimangono attivamente ricercate, mentre più di una ventina, fra insospettabili imprenditori e uomini dei clan già in carcere, sono stati iscritti sul registro degli indagati.
“Ancora una volta la ‘ndrangheta si dimostra monopolista assoluta del traffico di droga e non si tratta solo di cocaina” dice il magistrato, che sta seguendo da vicino l’esecuzione dei provvedimenti. “Nel corso dell’indagine abbiamo sequestrato anche hashish, marjiuhana ed eroina”. Un dato estremamente significativo a detta del procuratore capo della Dda di Catanzaro e che in futuro bisognerà necessariamente tenere in considerazione. “La guerra in Afghanistan ha rafforzato i talebani, che stanno smerciando un’enorme quantità di eroina a prezzo bassissimo ed è sempre la ‘ndrangheta ad occuparsi dell’importazione, attraverso la Turchia”.
Ma i clan non hanno abbandonato il loro core-business. L’indagine è stata in grado di documentare anche un gigantesco traffico di cocaina dalla Colombia. Dalle coste dell’America Latina, la “bianca”- spiega il procuratore capo della Dda di Catanzaro – arrivava “nei porti di Gioia Tauro, Genova e Napoli” spesso attraverso una triangolazione con gli scali di Spagna e Olanda. Dopo, sempre i clan si occupavano di distribuirla alle altre organizzazioni criminali italiane, incluso in Sicilia e Campania. Mafia e camorra – ha confermato il magistrato- “ormai si appoggiano alla ‘ndrangheta per comprare le enormi partite di cocaina che poi smerciano sul territorio”. Ma i clan calabresi oggi sono in grado di occuparsi anche della distribuzione internazionale. Grazie alla collaborazione con l’Antidroga britannica, per la prima volta è stato possibile documentare l’ingresso di enormi quantità di droga anche in Inghilterra.
Affari diversi, ma con la ‘ndrangheta a fare da comune denominatore. A gestirli – ha svelato l’indagine coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri, dall’aggiunto Giovanni Bombardieri, e dal pm Camillo Falvo – erano alcuni clan satellite della cosca Mancuso di Limbadi: i Fiarè di San Gregorio d’Ippona, i Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto e il gruppo egemone sulla contigua San Calogero. Ma al business hanno partecipato anche i più noti clan della Piana di Gioia Tauro e del Crotonese.
Quando si tratta di affari, la ‘ndrangheta non conosce confini, né provinciali, né internazionali. Con la massima nonchalance e quasi impensabile dimestichezza, gli uomini dei clan trattavano con i cartelli colombiani l’acquisto e la spedizione di enormi carichi di cocaina acquistata a prezzi concorrenziali, ma che alla ‘ndrangheta avrebbe fruttato 1 miliardo e 600 milioni di euro.
Trattative monitorate dagli investigatori per ordine della Dda, che grazie agli ormai consolidati rapporti con le autorità colombiane, ha potuto procedere al sequestro di 8 tonnellate di cocaina, già stoccata e nascosta in una piantagione di banane nei pressi del porto di Turbo, in attesa della spedizione. Nel frattempo, a Livorno i finanzieri hanno intercettato il cosiddetto “carico di prova”, 63 chili di cocaina pura tra i cartoni di banane arrivate dal Sud America.
Ma nel progetto dei clan, la spedizione non doveva avvenire solo via mare. Per dribblare i possibili sequestri, i broker delle cosche di ‘ndrangheta avevano progettato di diversificare i canali di invio della cocaina. Parte del carico doveva arrivare in Italia sulle “classiche” portacontainer, che avrebbero dovuto essere “intercettate” da motonavi veloci, con a bordo sommozzatori esperti pronti a recuperare i borsoni lanciati dal cargo madre. Un altro stock invece era atteso all’aeroporto di Lamezia Terme. Tutte spedizioni che gli investigatori hanno fatto saltare, provocando un danno milionario al variegato mondo degli “investitori”.
A finanziare l’acquisto dell’enorme partita di cocaina non erano semplicemente diversi clan di ‘ndrangheta, o altri gruppi criminali, ma anche soggetti insospettabili. Piccoli e grandi imprenditori del vibonese, ufficialmente impegnati nelle più diverse attività – dalla ristorazione, al turismo, passando per la vendita di automobili o di formaggi – non disdegnavano gli affari di droga con i clan. I loro negozi, imprese e società sono stati oggi tutti sequestrati per ordine della Dda, insieme a beni mobili ed immobili, quote societarie e autovetture di grossa cilindrata, sottratti agli uomini dei clan. Un tesoro da 8 milioni di euro finito sotto sigilli.