Le indagini e l’arresto di 5 persone che sarebbero legate alla ‘ndrangheta. La vittima terrorizzata dagli attentati e l’appello all’assicurazione
Pubblicato il: 16/03/2025 – 7:00
COSENZA «Dammi la mano che non è vero che avete fatto denuncia e potete campare 100 anni». Emerge un quadro drammatico dall’inchiesta che ha portato all’arresto di cinque persone in provincia di Cosenza, tutte accusate di estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Un vero e proprio incubo vissuto da un imprenditore edile operante nel territorio cosentino, con appalti a Diamante e Cetraro, vessato dalle richieste estorsive di uomini ritenuti vicini al clan Muto di Cetraro e a quella Stummo-Valente di Scalea. Pretese da decine di migliaia di euro avanzate dalla cosca in cambio della tranquillità sul cantiere, come ad esempio un’imposizione del «3% dell’importo dei lavori pubblici che stava eseguendo in Diamante».
L’aumento della polizza assicurativa
Una ricostruzione delle forze dell’ordine per nulla semplice, dal momento che, nonostante padre e figlio imprenditori si fossero rivolti a loro, erano comunque restii nel denunciare apertamente ed esporsi nutrendo «profondi timori per la propria incolumità e per quella dei familiari». Soprattutto a causa dello stato di terrore in cui ormai vivevano: minacce, avvicinamenti e pedinamenti continui che lo stesso imprenditore affermava di subire, al punto di contattare la propria assicurazione chiedendo il prima possibile di «aumentare i valori massimali delle polizze già stipulate in quanto aveva il fondato timore che potesse succedere qualcosa di spiacevole». Dalla conversazione captata con l’assicuratore emerge «lo stato di disperazione» in cui versava l’imprenditore a causa delle richieste estorsive, situazione in cui «versavano innumerevoli soggetti che tuttavia non procedevano a denunciare né a opporsi a tale tipo di imposizioni».
Le minacce e la paura
Una paura fondata su incontri e avvicinamenti subiti dall’imprenditore e dal padre, più volte riferiti alle forze dell’ordine. Il padre, a inizio febbraio, sarebbe stato avvicinato da due persone, le quali gli avrebbero detto «Noi con l’infame di tuo figlio non ci parliamo», invitandolo poi a presentarsi a Cetraro. Passato qualche giorno, veniva nuovamente invitato a un incontro «per conto evidentemente di “quelli di Cetraro”». Più che un invito, una sorta di “obbligo” «altrimenti “loro” – si legge nei verbali – con chiaro riferimento sempre ad esponenti della criminalità organizzata operanti nella zona di Cetraro, si sarebbero incattiviti ulteriormente». In questa occasione un soggetto «gli riferiva di essere “incazzato” perché “loro” erano venuti a conoscenza» della denuncia ai Carabinieri. Di fronte alla smentita del padre, questo avrebbe poi risposto: «Dammi la mano che non è vero che avete fatto denuncia e potete campare 100 anni». Paura, timore e minacce all’imprenditore che non hanno fermato la sua azione e quella degli investigatori, fino all’ordinanza e l’arresto dei presunti responsabili. (ma.ru.)