La SO.GE.CO ha lavorato a Formia

SALERNO- Che la camorra fosse pervasiva, insidiosa e che non si limitasse a sparare soltanto (purtroppo non si ammazzano tra di loro abbastanza) ma fosse penetrata nel Dna di politica, istituzioni e cosiddetta società civile ormai lo sanno anche i bambini. Non pochi, militanti permanenti effettivi dell’antimafia ci hanno costruito su speculari fortune: il caso di Saviano, personaggio che difficilmente distingue tra uno spacciatore ed un sacrestano, ce ne ha dato recente conferma.Ma che ora tendesse addirittura al Paradiso, questa no, ci era sfuggita: almeno qui, nell’area che ci interessa. Altrove sarà più o meno lo stesso. Fuor di metafora, il problema è serio, o così appare, giudichino i lettori. C’è una impresa edile, di nome fa “So.Ge.Co.srl”, viene da San Cipriano d’Aversa, in una provincia casertana che non ha più bisogno di presentazioni. Specificare che non è un problema “etnico” è superfluo, speriamo.

L’impresa è stata colpita qualche settimana fa da una interdittiva antimafia in quanto, da approfondite analisi ed indagini degli specialisti delle forze dell’ordine, della magistratura e del ministero degli interni, è riconducibile addirittura all’ala stragista dei casalesi. Per capirci, l’impresa edile farebbe capo all’arcinoto Giuseppe Setola. La società, come ha documentato una delle sempre più rare inchieste fatte per bene dal Mattino (un guaio che accomuna tutti noi, in verità) era affidataria di due lavori pubblici appaltati presso la Provincia di Salerno. Gli importi ora contano poco: quel che importa, invece, è che appena la faccenda si è fatta pubblica i vertici della Provincia abbiano proceduto immediatamente alla revoca, del resto non potevano fare diversamente, ed hanno fatto bene. Nulla di eccezionale, non siamo mica in Trentino, qui è la Campania, il resto sono chiacchiere. E’ accaduto alla Provincia di Caserta prima (e che ci risulti nessuno ne sconta il fio ancora), a quella di Salerno poi. Nulla di strano se lo rileveremo altrove. Il problema, se di problema si può parlare, allora dov’è? Proviamo a spiegarlo, giustificando anche l’ironico titolo di prima pagina che parlava di Paradiso.

Nell’area dei Picentini, la So.Ge.Co srl è presente con numerosi lavori, diversi appalti pubblici (per non dire di quelli privati) e già da qualche anno. Obiezione: fino a quando il certificato antimafia è -più o meno- pulito (anche se riesce difficile credere che chi deve controllare se ne accorga solo dopo lungo tempo, ma questa è un’altra storia pur connessa al nostro tema) chi si aggiudica un appalto pubblico regolarmente ha tutto il diritto di eseguire le opere. Vero, inconfutabile fino a prova contraria. Com’è vero, però, che sarebbe opportuno che qualcuno cominci a farsi qualche domanda prima, a cercare di capire come mai su una trentina di milioni di euro di lavori da appaltare, questo danaro venga ingoiato tutte da aziende provenienti da Quarto, Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Napoli, Casoria etc. Sono tutti più bravi? Improbabile: possono invece tutti sostenere ribassi che in condizioni normali tramortirebbero anche il più solido dei costruttori. E dunque che c’entra il Paradiso? Drammaticamente, c’entra perché la So.ge.co ha, tra gli altri, l’appalto per la realizzazione della dimora futura di un principe della Chiesa cattolica, il cardinale Renato Raffaele Martino. L’edificio sorge nel borgo medievale di Terravecchia, a Giffoni Valle Piana, rivitalizzato negli ultimi anni a suon di euro provenienti da Strasburgo. Sorvolando sulla circostanza che la casa canonica in questione è anche al centro di una querelle tra gli eredi e altri soggetti teoricamente non titolati ad agire sulla struttura (cosa che, immaginiamo, dovrebbe di per sé creare qualche imbarazzo al porporato, ma tant’è) ora si pone un problema di opportunità: nel senso che qualcuno dovrebbe interessarsi -leggasi la magistratura- se quell’azienda ancora opera e lavora dopo l’interdittiva, cioè dopo l’onta massima che colpisce una società. Il cardinale, segnalatosi di recente per un’infelicissima battuta sul conflitto a Gaza (come un Oliviero Diliberto qualsiasi, insomma) è bene inizi a porselo questo problema. Prima che la cosa diventi più grandi di lui: perché c’è qualcosa più grande di lui, o no? Ci faccia sapere, magari ne parli con il dottor Roberti, tra “big” si riesce a comunicare meglio. E Roberti, dal suo canto, visto che di casalesi è un vero specialista, chieda ai suoi sostituti come mai dinanzi ad un flusso continuo di danaro e di quella portata, non abbiano mai avuto almeno la sensazione che ci fosse qualcosa di anomalo: visto che -eccezion fatta per alcuni casi seri e concreti- hanno concentrato l’attenzione su ogni metro quadro abusato, per non dire altro.

La politica? Ha fatto quel che poteva, immaginiamo: certo, Terravecchia succhia danaro in continuazione e per le cose più stravaganti, così come un po’ ovunque accade. Eppure è dal 2003 che il via vai da quelle parti non s’arresta. Possibile? Possibile. Un milione di euro la So.Ge.Co. l’ha già ingoiato per la ristrutturazione di parte del borgo, per le case private (chissà perché vi si sono rivolti in tanti) non si hanno cifre ancora, ma ci risulta che la via dei casalesi al Paradiso possa contare su altro: la chiesa di S. Maria delle Grazie in S. Caterina, finanziata per 740.000,00 euro dei fondi dell’8per mille di derivazione statale, come da riparto della presidenza del Consiglio del dicembre 2007. Ricordiamo, ad esempio, che il merito del finanziamento venne attribuito al cardinale con manifesti della parrocchia a firma del parroco-appaltante don Generoso Bacco, supportato anche dal Pd locale (Pd, Pdl, che differenza fa?). I lavori, allo stato attuale, sembrano sospesi. Altri appalti di restauro avrebbero riguardato le chiese di S.Pietro a Curti e di S.Giovanni, tutte amministrate da don Bacco, il quale compare anche sotto la veste di “fiduciario” per l’appalto So.ge.co della casa canonica di Terravecchia. Si dirà: il capo della Banda della Magliana è seppellito in una chiesa a Roma. Vero anche questo: ma è vero o no che tra le due circostanze c’è un’enorme differenza?
Peppe Rinaldi

(Tratto da EoloPress)