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La prima prova dell’esistenza di fusti interrati in provincia di Latina

Latina Oggi, Martedì 8 Ottobre 2013

L’informativa sulla cava di inerti e nessuna traccia di perizie né bonifiche
Fusti, c’è una prima prova
Ritrovati dalla polizia provinciale parte degli atti smarriti in Procura

DI GRAZIELLA DI MAMBRO

Il Procuratore aggiunto Nunzia D’Elia in audizione presso la Commissione parlamentare sui rifiuti aveva sostenuto che alcuni dei fascicoli su sequestri di rifiuti speciali erano andati smarriti nel trasferimento di archivi dalla ex Procura circondariale a quella attuale. Parte di quella documentazione spunta adesso dalla banca dati della polizia provinciale che dei sequestri aveva parlato nel corso dell’audizione presso la stessa Commissione parlamentare dell’ex dirigente del Settore, Attilio Novelli. La Provincia, per il tramite del presidente Cusani, ha detto nei giorni scorsi che fornirà tutti gli atti che la Procura vorrà visionare. Dalle prime carte ritrovate in via Costa si evince che probabilmente queste sono compatibili con quanto dichiarato questa estate a Sky e a Lazio Tv dal pentito di camorra Carmine Schiavone. Quest’ultimo aveva insistito molto sul fatto che il clan dei casalesi aveva potuto interrare fusti anche nel sud pontino senza peraltro indicare il punto preciso. Ma è un’informativa di reato della polizia provinciale a precisare meglio le cose. E’ stata protocollata alla Procura circondariale di Latina il 18 aprile del 1997 su fatti accertati il giorno precedente all’interno della cava di Penitro che all’epoca era di proprietà del Comune di Formia e dallo stesso gestita. Nell’intestazio – ne l’informativa contesta la violazione dell’articolo «51, comma terzo del decreto legislativo 5/2/’97 numero 22», ossia «lo stoccaggio illegale di rifiuti tossici e speciali». L’ipotesi di reato contro ignoti si riferisce testualmente all’attività di «sotterramento in area adibita a cava-discarica per inerti in località Penitro di Formia (Lt) … presumibilmente di decine di fusti della capacità di litri 200 (duecento) cadauno, di cui emergenti parzialmente dal terreno numero 2 (due) fusti contenenti rifiuti speciali pericolosi. Data e luogo del reato in Formia 17.04.1997». L’area fu sottoposta a sequestro e nominato un custode, l’allora dirigente del Settore Marilena Terreri. Questo documento non è stato depositato presso la Commissione parlamentare sui rifiuti e dovrebbe essere tra quelli smarriti dalla Procura ma è in atti dell’archivio della Provincia. Ed è anche «solo», nel senso che non esiste al momento alcuna altra prova che quella zona è stata bonificata né che sia stata ordinata o eseguita alcuna perizia sull’area interessata e sul contenuto dei fusti. Si sa invece che quella cava del sud pontino è tuttora in coltivazione per accogliere inerti anche se non è più gestita dal Comune bensì da un consorzio di soggetti privati. Allo stato dei fatti nessuno sa se dopo il sequestro della polizia provinciale che parla di fusti tossici ci sono state ulteriori attività investigative o se, invece, quei rifiuti sono stati semplicemente coperti e si è continuata l’attività di accumulo degli inerti. Ciò, purtroppo, non smentisce le dichiarazioni del pentito Schiavone e, anzi, supporta l’ipotesi che effettivamente qualcuno ha interrato fusti in un’area della provincia senza conseguenze.