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La portualità del Lazio, con Civitavecchia e Gaeta in testa, nelle mani delle mafie? I silenzi e l’inerzia di istituzioni e classe politica. E la complicità di taluni… ‏

Ci fa un immenso piacere che l’emittente UNONOTIZIE di Civitavecchia abbia ripubblicato un articolo che il nostro compianto V. Segretario Regionale Gigi Daga scrisse nel 2008 sulla presenza delle mafie nazionali e straniere nell’area del Porto di Civitavecchia.

E ci fa, altresì, piacere che essa abbia anche fatto riferimento a quanto emerse in un nostro convegno a Viterbo laddove lo stesso allarme fu lanciato dall’allora S. Procuratore Nazionale Antimafia ed attuale Procuratore Capo della Repubblica di Tivoli-Guidonia Luigi de Ficchy. , il quale non fece mistero delle preoccupazioni della Procura Nazionale Antimafia su quella massiccia e radicata presenza.

Il Porto di Civitacchia.

Associato nell’Autorità Portuale a quelli di Fiumicino e di Gaeta, territori che registrano un radicamento mafioso oltremodo inquietante ed un interesse di gruppi economici nazionali e stranieri dall’oscura identità.

Nel mese scorso in un altro convegno promosso, sempre dalla nostra Associazione, a Civitavecchia e svoltosi alla presenza anche di magistrati di frontiera e di rappresentanti della DIA nazionale, abbiamo riproposto lo stesso argomento e le nostre fortissime preoccupazioni.

Ma quello che ci inquieta di più sono l’evidente indifferenza e gli imperdonabili silenzi ed inerzie dell’intera classe politica, di destra, di centro e, purtroppo, anche di sinistra, su una materia ed una situazione che sta portando l’intera nostra Regione sotto il dominio delle mafie.

Al convegno di Civitavecchia hanno partecipato, senza però prendere la parola ed assumere un pubblico impegno per tentare di contrastare il fenomeno mafioso dilagante, l’on. Pietro Tidei del Partito Democratico ed alcuni esponenti locali dei partiti di sinistra.

In un brevissimo colloquio con il parlamentare democratico è emerso, in verità, l’impegno da parte sua a fornirci elementi aggiuntivi rispetto a quanto noi abbiamo già accertato e comunicato a chi di dovere.

Elementi, però, che, a distanza di circa due mesi, egli non ci ha più rimesso.

Né ci risulta che egli ne abbia reso partecipi gli organi investigativi centrali che pure erano presenti al nostro convegno di Civitavecchia a mezzo di qualificati rappresentanti con i quali in quella occasione ha preso contatto.

Francamente questi comportamenti ci sconcertano soprattutto perché denotano una sottovalutazione della gravità della situazione che imporrebbe, invece, interventi radicali e tempestivi e, comunque, anticipatori rispetto ai fatti.

Noi siamo da anni consapevoli della gravità di quanto sta avvenendo sia nell’area nord che in quella sud del Lazio, nelle aree, cioè, più “sensibili”, quali sono, appunto, quelle di Civitavecchia e del Viterbese a nord e di Gaeta-Formia-Fondi-Minturno-Itri e Sperlonga a sud.

Due aree con una concentrazione mafiosa davvero inquietante e mai contrastata adeguatamente dalle stesse istituzioni locali; una concentrazione che si sta paurosamente rafforzando ed espandendo in vista delle colossali opere che sono in programma per entrambi i grandi porti.

Le nostre forti denunce che stiamo facendo da anni stanno sulle scrivanie degli organi competenti, oltreché di quelle delle testate giornalistiche, piccole e grandi, locali e nazionali, molte delle quali, però, mostrano un disinteresse davvero imperdonabile rispetto alle facilmente ipotizzabili prospettive dell’intera regione.

Mani delle mafie sui più importanti porti del Lazio, Civitavecchia e Gaeta appunto, significano controllo della criminalità organizzata sullo sviluppo dei nostri territori.

E dell’intera regione.

Senza considerare il potenziale a disposizione sempre delle mafie per corrompere istituzioni e politica fino al punto da trasformare la nostra regione in un territorio criminale, come è già avvenuto in molte altre regioni del sud del Paese e non solo.

Silenzi ed inerzie che ci fanno sorgere dubbi sulla credibilità di tanti soggetti che si riempiono la bocca di tante parole come “lotta contro le mafie e per la legalità”, ma che, in effetti, nulla fanno di concreto in situazioni del genere e ci fanno sospettare che il sistema delle complicità, oggettive o soggettive, sia molto ma molto più esteso di quanto appare.

E’ l’aspetto più inquietante perché ci appalesa il concreto pericolo che il Paese intero si trasformi, così come è avvenuto già per molti paesi del mondo, in un Paese quasi criminale. “Quasi”, per non dire “tutto”.

Le chiacchiere stanno a zero;

contano i fatti, le azioni fatte nel modo dovuto e nei tempi giusti.

Tutto il resto è aria fritta, solfa.

Noi abbiamo concentrato tutti i nostri sforzi sull’alto e sul basso Lazio, le due porte di ingresso delle mafie italiane e straniere e su entrambe le aree abbiamo fornito elementi concreti, non chiacchiere, che ci sono costati anni di lavoro, di spese e di rischi personali corsi da poche persone, nell’indifferenza e nell’infingardaggine dei più.

L’antimafia delle parole di cui pochi hanno il coraggio di parlare e di denunciare.

L’antimafia dei vili che parlano, parlano, ma non ti segnalano un fatto, un comportamento, un atto collusivo.

Il male oscuro di questo Paese sfortunato, più attento alle immagini che gli vengono proposte da un sistema di informazione in larga parte asservito e feudale che non alla realtà.

Nell’area portuale di Gaeta abbiamo rilevato presenze fortemente sospette e nessuno mai ne aveva parlato prima, a cominciare dagli stessi cittadini.

Un tessuto flaccido, disinformato, disattento, talvolta, forse, condiscendente e mai reattivo.

Un Paese in agonia, insomma, in forte, irreversibile agonia, che sta compromettendo l’avvenire dei nostri figli, spalancando ad essi le porte di un inferno.

Stiamo facendo rivoltare nelle tombe i nostri genitori e nonni che hanno combattuto e sono morti per darci un minimo di civiltà e di democrazia che noi, ora, stiamo distruggendo.

Consapevolmente o inconsapevolmente.