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Imponimento, il controllo della ’ndrangheta sui villaggi turistici nel racconto del pentito Michienzi

Imponimento, il controllo della ’ndrangheta sui villaggi turistici nel racconto del pentito Michienzi

Nuovo esame del collaboratore di giustizia nel processo che mira a far luce sulle attività criminali messe in piedi dal clan Anello di Filadelfia

di G. B. 11 febbraio 2022

Estorsioni e “controllo” dei villaggi turistici, rapporti con gli imprenditori e competenze territoriali da rispettare per non avere problemi. Nuovo esame del collaboratore di giustizia Francesco Michienzi oggi nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Imponimento” che mira a fare luce sulle attività criminali messe in piedi dal clan Anello di Filadelfia. Dinanzi al Tribunale collegiale di Lamezia Terme, il collaboratore di giustizia ha risposto in video-collegamento con l’aula bunker alle domande del pm della Dda di Catanzaro Chiara Bonfadini prima e Antonio De Bernardo poi.

Siamo fra il 2001 ed il 2002 e il boss di Filadelfia Rocco Anello non avrebbe gradito l’inizio dei lavori di costruzione di alcuni villaggi turistici senza che alcuni imprenditori si rivolgessero preventivamente a lui per concordare il pagamento della mazzetta. «Rocco Anello – ha spiegato il collaboratore Michienzi – voleva insegnare l’educazione agli imprenditori che prima di iniziare i lavori dovevano bussare da lui. Così ha ordinato a me ed a Vincenzino Fruci di Acconia di Curinga di collocare una bomba all’interno dell’allora costruendo villaggio denominato Porto Ada a Pizzo. Rocco Anello voleva l’estorsione dall’impresa che stava costruendo il villaggio e ricordo che io e Vincenzino Fruci siamo andati da un certo Gullo di San Pietro a Maida per prendere una bomba da 25 chili collocata in un secchio. La bomba era stata costruita con all’interno dei bulloni che con l’esplosione dovevano causare danni maggiori». La bomba non è stata fatta poi esplodere, ma posizionata ugualmente all’interno di alcune villette in costruzione a Porto Ada affinchè il titolare dell’impresa di costruzione capisse il messaggio.

«Il nostro gruppo – ha svelato Michienzi era amico sia dell’imprenditore Salvatore Evalto, sia degli Sgromo. Erano loro gli intermediari per le estorsioni con gli altri imprenditori. Salvatore Evalto era figlio di Domenico Evalto, un personaggio che ha fatto anni di galera ed era rispettatissimo anche da Rocco Anello. Quando però Salvatore Evalto si è sposato con la figlia di Carmelo Lo Bianco, allora noi del gruppo Anello ci siamo allontanati dagli Evalto perché sapevamo che i Lo Bianco erano vicini ai Mancuso e l’intento di Rocco Anello era quello di scalzare i Mancuso dalla sua zona». Proprio per questo Vincenzino Fruci, secondo il collaboratore, bruciò pure un escavatore alla ditta che stava realizzando le villette all’interno del villaggio Porto Ada.

 

«I villaggi Porto Ada e Pineta Mare – ha dichiarato in aula Michienzi – sono stati realizzati da tale Giovinazzo che era parente di Callipo, quello del tonno. Giovinazzo aveva realizzato tali ricchezze per via di un’eredità che gli era stata lasciata da alcuni nipoti». Chiede quindi il pm Chiara Bonfadini al collaboratore Michienzi nel corso dell’esame: «Callipo che ruolo ha avuto in questo villaggio? Chi le disse che c’erano i soldi di Callipo? Da chi ha saputo che dietro c’era pure Callipo»? Questa la risposta del collaboratore Michienzi: «Ne parlai della cosa con Salvatore Evalto che mi disse come Giovinazzo stava gestendo le fortune di alcuni ragazzi, l’eredità, i cui genitori erano morti in un incidente. Però in quel villaggio, Porto Ada, c’era anche la parte dei Mancuso che avevano imposto i vigilanti e non la guardiania. I Mancuso in quel periodo gestivano pure alcuni istituti di vigilanza ed erano i vigilantes stessi che sparavano alcune attività per imporre il loro servizio e dietro di loro c’erano i Mancuso». Ed ancora: «Gli Anello ed i Fruci – ha sostenuto Michienzi – dicevano che Callipo aiutava i Mancuso». Da precisare che Callipo non risulta indagato nell’inchiesta Imponimento, così come Giovinazzo.

L’esame del pubblico ministero è poi passato alle vicende riguardanti il villaggio “Bravo Club”. «Si trova nel comune di Pizzo – ha spiegato Michienzi – ed è della famiglia Basile, intimi amici di Salvatore Evalto. Per la costruzione di tale villaggio Rocco Anello gli ha fatto pagare due ero a metro cubo per il cemento e la terra. Accadde però che successivamente sul cantiere venne rubato un mezzo e Rocco Anello andò su tutte le furie e ci diede di tasca sua mille euro per ricomprare il mezzo rubato e non fare brutta figura con i titolari. Avevamo anche organizzato l’omicidio di Vittorio Michienzi che si era permesso di rubare il mezzo senza il nostro permesso. Ma poi non se ne fece nulla dell’omicidio per via dell’arresto di Rocco Anello per l’operazione Tabula Rasa. In una prima fase – ha continuato il collaboratore – l’intermediario fra Basile e Rocco Anello è stato Salvatore Evalto. Anello aveva proposto me come guardiano al Bravo Club, ma io ho rifiutato ed al mio posto sono andati Massimo Gugliotta e Antonio Catalano di Pizzo, quest’ultimo compare di Rocco Anello e che una volta ci passò pure dei soldi falsi. Quando arrestano Rocco Anello per l’operazione “Prima” subentra l’avvocato Bilotta che era socio al 2 per cento del villaggio e si è accordato con i Mancuso pagando quindicimila euro all’anno. L’avvocato – ha dichiarato Michienzi – era molto amico dei Mancuso».

I nuovi accordi

È a questo punto che Francesco Michienzi e Vincenzino Fruci si sarebbero recati dall’avvocato Bilotta (non indagato in Imponimento) per imporsi nuovamente nell’estorsione al villaggio “Bravo Club”. «Io e Fruci abbiamo detto all’avvocato Bilotta che da quel giorno doveva pagare noi e non i Mancuso. Lui si prese tre giorni di tempo e poi ci disse di andare a trovarlo nella sua fabbrica, la Vetromed dalla quale Vincenzino Fruci uscì tutto contento e mi disse che da allora in avanti il villaggio pagava a noi quindicimila euro all’anno». Le decisioni su come agire sarebbero state prese da Rocco Anello. «Gugliotta con il placet di Vincenzino Fruci portò poi come guardiani nel villaggio Vincenzo Michienzi e Giuseppe Catanzaro e io stesso sono stato guardiano al Bravo Club nell’estate del 2004». Nel mirino del clan Anello sarebbero però finiti pure i fornitori di generi alimentari nei villaggi turistici fra Pizzo e Curinga. «Sono stato io – ha ammesso Francesco Michienzi – a bruciare sulla strada per la Marinella di Pizzo il chiosco di frutta e verdura di Massimo De Leo. Con Giuseppe Fruci volevamo fargli un’estorsione e lui non pagava. Alla fine da noi è arrivato anche suo genero che fece un casino per l’incendio. Ad altro fornitore di latticini, invece, prima gli ho messo una bottiglia incendiaria, poi lo stesso si è accordato con Vincenzino Fruci il quale lo sponsorizzava».

Il villaggio degli Stillitani

La deposizione del collaboratore di giustizia è così passata al Club Med in località «Difesa di Pizzo, fra il Bravo Club ed il Garden, ed è della famiglia Stillitani. Rocco Anello aveva un “tarlo” perché questo villaggio – ha dichiarato il collaboratore – aveva come guardiani tutta gente imposta da Nino Accorinti di Briatico, come Salvatore Muggeri, genero dello stesso Accorinti. Rocco Anello sapeva che gli Accorinti di Briatico erano collegati ai Mancuso e così mi mandò a sparare la guardiola del villaggio, cosa che non avvenne sol perché Anello venne poi arrestato per le operazioni Tabula Rasa e Prima». Quando il Club Med era ancora in costruzione, Francesco Michienzi ha poi confessato di aver compiuto numerosi furti per convincere gli Stillitani ad affidarsi al gruppo Anello per i lavori. «Al Club Med – ha raccontato Michienzi – insieme a Giuseppe Fruci abbiamo sfondato il ristorante e rubato i congelatori. Gli abbiamo poi rotto pure alcune villette ed il tutto per far capire agli Stillitani che per la costruzione doveva affidarsi a noi».

Il Garden

Siamo a fine 2001 e Rocco Anello sarebbe venuto a sapere dell’intenzione da parte degli Stillitani di realizzare il villaggio Garden «che ricade nel comune di Curinga – ha specificato Michienzi – . Accadde che Rocco Anello incaricò Salvatore Evalto per fissargli un appuntamento con l’avvocato Stillitani, il politico, quello che era stato pure sindaco di Pizzo. Si incontrarono quindi alla Marinella di Pizzo Rocco Anello, Stillitani, Vincenzino Fruci e Salvatore Evalto. Fruci mi raccontò di aver avuto la pelle d’oca per come Rocco Anello si era rivolto a Stillitani. Neanche il tempo di dargli la mano per il saluto e Rocco Anello disse a Stillitani: “Vedete che una fucilata vi arriva prima da Filadelfia e solo dopo da Limbadi”, con Stillitani ha così accettato di pagare l’estorsione agli Anello».

Il ruolo di Damiano Vallelunga

In tale contesto, una volta finito in carcere Rocco Anello, per non andare in contrasto con il clan Iannazzo di Sambiase, a farsi garante di un nuovo accordo ci avrebbe quindi pensato Damiano Vallelunga, il boss di Serra San Bruno ucciso a Riace nel settembre 2009 e fra i personaggi più importanti dell’intera ‘ndrangheta. «L’estorsione chiusa da Anello per il Garden veniva portata avanti dai Iannazzo attraverso Tonino Davoli perché così deciso da Damiano Vallelunga. I soldi a noi del gruppo Anello doveva quindi darli Tonino Davoli ed il nostro intermediario con lui era Pasquale Molinaro. Le ditte per la costruzione al Garden sono state invece per i lavori di idraulica quelle dei Lo Bianco, per la costruzione della struttura quelle di Guastalegname e dei Barba. A loro volta – ha aggiunto Mihcienzi – erano i Barba ed i Lo Bianco a versare soldi ai Mancuso».

I terreni dei Tegano, gli Stillitani ed il furto di monete antiche

Francesco Michienzi ha quindi raccontato del presunto rapporto fra la famiglia di ‘ndrangheta dei Tegano di Reggio Calabria con gli Stillitani. «Gli Stillitani si misero a disposizione anche della famiglia Tegano di Reggio Calabria che aveva dei terreni a Pizzo e Curinga confinanti con quelli dove doveva essere realizzato il villaggio Garden. Infatti proprio in tali terreni dei Tegano vennero realizzate alcune camere del villaggio e, per come mi spiegò Domenico Bonavota, – ha aggiunto Michienzi – si trattava di una forma di riciclaggio per quattro milioni di euro voluta dai Tegano e per la quale gli Stillitani si misero a disposizione. Prima della costruzione del villaggio – ha raccontato il collaboratore – io e i Fruci abbiamo fatto anche qui diversi furti e ricordo che agli Stillitani rubammo una valigetta contenente una collezione di monete antiche che Stillitani cercò di recuperare tramite Pasquale Molinaro che venne da noi per riavere indietro la valigetta. Pasquale Molinaro conosceva gli Stillitani perché da loro comprava gli agrumi quando erano ancora sulle piante. Ricordo che una volta Rocco Anello regalò anche un rolex a Pasquale Molinaro e che lo stesso ha tenuto latitante Damiano Vallelunga mentre in altra occasione ci informò in anteprima che ci sarebbero stati gli arresti per l’operazione Tabula Rasa e che era stata messa una microspia a Mauro di Vena di Maida».

Anche nel villaggio Garden, infine, non sarebbero mancate le imposizioni per l’assunzione dei guardiani. «Gino Strangis è stato assunto per un favore politico che Tonino Davoli stava facendo a qualcuno del lametino. Pasquale Rondinelli e Vincenzo De Nisi sono stati invece assunti perché portavano le mogli degli Anello ai colloqui in carcere con i mariti. È stata Angela Bartucca, moglie di Rocco Anello – ha concluso Michienzi – a portare l’imbasciata che nel villaggio di Stillitani bisognava far assumere  Pasquale Rondinelli e Giuseppe Morello». La deposizione di Michienzi continuerà il 18 febbraio prossimo.

 

Fonte: https://www.lacnews24.it/cronaca/imponimento-il-controllo-della–ndrangheta-sui-villaggi-turistici-nel-racconto-del-pentito-michienzi_150244/