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Il procuratore capo di Roma: “La mafia nel Lazio esiste. Continua a operare, strutturarsi, adeguarsi”

Venticinque misure cautelari tra cui l’arresto del sindaco di Aprilia, accusato di un patto col clan per ottenere voti

IRENE FAMÀ – Il Corriere della Sera

03 Luglio 2024

«La mafia nel Lazio esiste. Nonostante i dubbi, i pareri discordanti, le resistenze. La mafia c’è e continua ad operare, strutturarsi, adeguarsi». Lo sottolinea il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi. Lo racconta l’inchiesta che ha portato allarresto del sindaco di Aprilia e ha svelato un nuovo clan che si era preso la città e pare si fosse allargato fino alla Capitale. Lo Voi non utilizza mezzi termini e invita a tenere alta l’attenzione. «È necessario concentrarsi su questi aspetti. Soprattutto in questi periodi in cui abbiamo a che fare con i soldi del Pnrr e con grandi eventi come il Giubileo».

La vicenda di Aprilia, una delle città più grandi del Lazio, è una storia di potere, profitto, influenze, violenza. In cui il potere criminale e quello istituzionale si intrecciano.

Venticinque le misure cautelari – ventuno in carcere, due ai domiciliari e due interdittive – notificate dai carabinieri del comando provinciale di Latina e dalla Dia di Roma. Ci sono imprenditori, piccoli criminali, nomi noti della ‘ndrangheta. E il primo cittadino di Aprilia, quota centrodestra, Lanfranco Principi, finito ai domiciliari. Alle elezioni del 2018, grazie a cui divenne vicesindaco con 453 preferenze, avrebbe stretto un patto con un nuovo clan per ottenere voti. Avrebbe intavolato una «campagna elettorale sommersa», così si legge nelle oltre quattrocento pagine di ordinanza. Da un lato il clan che cercava la «scalata al potere amministrativo locale», dall’altro Principi che «era nelle mani della cosca». Disposto a più compromessi pur di raggiungere il suo obiettivo. In mezzo ci sono gli appalti, gli affidamenti diretti, il lavoro trovato a questo o a quello. Un esempio tra tanti: «Principi si presta a fare da martello pneumatico con i funzionari del Comune così da assicurare il pagamento delle spettanze alle società» di uno del clan. Favori, insomma.

La «scalata al potere» è documentata nelle intercettazioni, numerose nell’indagine scattata nel 2018 coordinata dalla procuratrice aggiunta Ilaria Calò e dal pubblico ministero Francesco Cascini. «Come si chiama la persona che dobbiamo aiutare», «Lanfranco Principi», dicevano gli indagati al telefono. «Faremo un comune nel comune». E lui rassicurava i suoi interlocutori: «Mi hanno dato le deleghe che volevo». Al bilancio, ai tributi, ai rapporti con le aziende, al personale e così via. Così, si legge negli atti, poteva «assumere persone di interesse della cosca, affidare alle loro aziende lavori pubblici». Secondo gli inquirenti, «Principi svolge egregiamente il ruolo di tutore della cosca e da politico navigato riesce ad ottenere il risultato sperato». Ad esempio quando convince il Comune a non costituirsi parte civile in un processo per mafia.

Una quarantina gli indagati. L’ex sindaco di Aprilia, Antonio Terra, «interessato a curare gli affari propri o degli amici», e l’ex assessora ai lavori pubblici Luana Caporaso.

Poi ci sono quelli del clan. «Un gruppo di matrice mafiosa consolidato e strutturato», spiega il procuratore capo Lo Voi. Dedito a tutte le attività tipiche della mafia: dall’usura all’estorsione al traffico di stupefacenti. Un vero core business. Al vertice Patrizio Forniti, broker del narcotraffico che Principi chiamava «il capo dei capi», e Sergio Gangemi, rampollo di una storica famiglia della ‘ndrangheta e in stretti rapporti con la criminalità romana.

Fonte:https://www.lastampa.it/cronaca/2024/07/03/news/lazio_roma_procuratore_mafia_arresti_aprilia-14445493/?ref=LSHAT-BH-P1-S2-T1