Prima dell’estradizione “U Tamunga” ha vissuto in Sudamerica per quasi trent’anni. Poi, dopo l’arresto, l’evasione rocambolesca
Pubblicato il: 14/10/2024 – 12:32
LAMEZIA TERME «L’operazione è avvenuta nelle prime ore del mattino, eravamo in 12 o 15. Abbiamo fatto finta che ci fosse un incendio, abbiamo bussato alla porta, lui ha aperto e lo abbiamo arrestato. Fin dall’inizio si è identificato con il nome che usava qui in Uruguay, Antonio Cappelletto Sousa. Ha cercato di negare anche quando gli abbiamo mostrato le prove che era Rocco Morabito, ma alla fine ha dovuto ammettere». È il racconto di due degli agenti che hanno arrestato “U Tamunga” il 4 settembre 2017, in un hotel di Montevideo, dove Morabito si era rifugiato, a PresaDiretta. I due poliziotti uruguaiani che hanno partecipato alla cattura del latitante preferiscono rimanere anonimi, sanno che in Italia la famiglia Morabito è ancora molto pericolosa.
La vita dorata in Uruguay
Rocco Morabito, tra i più importanti trafficanti internazionali di droga al mondo ed esponente di spicco della ‘ndrangheta di Africo, avrebbe dovuto scontare 30 anni di carcere, ma il 13 ottobre del 1994, giorno del suo 28° compleanno, è scappato, scomparendo nel nulla per 27 anni. Prima della sua cattura. A Punta del Este, considerata la Miami dell’Uruguay, Rocco Morabito ha vissuto la sua latitanza dorata. Nel quartiere chiamato Beverly Hills si trova la villa in cui Rocco Morabito, sua moglie e sua figlia, hanno vissuto almeno dal 2003, fino all’arresto. Nella sua camera d’albergo hanno trovato una pistola 9 mm, migliaia di dollari americani e pesos uruguaiani, 13 telefoni cellulari e documenti con la sua falsa identità, Antonio Capelletto Sosa. «In cooperazione con la Polizia del Brasile e con i nostri colleghi dell’Interpol – spiegano gli agenti – abbiamo confrontato le sue impronte digitali e siamo risaliti all’identità che utilizzava in Uruguay e con la quale conduceva una vita assolutamente normale, senza alcun bisogno di nascondersi. I documenti che gli abbiamo trovato erano autentici e li aveva acquistati in Brasile. E ricordo che quel giorno, mentre preparavamo l’operazione nella sede della Direzione Generale per la lotta alla criminalità organizzata, eravamo tutti su di giri ed orgogliosi del nostro lavoro».
L’evasione sospetta
Dopo il suo arresto sembrava tutto finito, ma non è così. Rocco Morabito, infatti, mette in campo tutto il suo potere criminale e riesce a sfuggire nuovamente alla giustizia. Nel viene trasferito nel carcere centrale di Montevideo, nella cella numero 24. Qui però ci rimane solo un anno prima di evadere nella notte del 23 giugno del 2019. A raccontare a PresaDiretta i dubbi sulla sua evasione è la giornalista Viviana Ruggero, volto dell’emittente televisiva Canal 4 che ha indagato sulla fuga di Morabito e che da subito ha dichiarato che il racconto dell’evasione fornito dalle autorità carcerarie non stava in piedi. «Con lui sono scappati altri tre detenuti, sono saliti su un tetto, hanno raggiunto la casa di un vicino, lo hanno minacciato e sono usciti dalla porta laterale di quell’edificio. Io sono andata in quel carcere. Ho visto quella cella e quella finestra. E non c’è modo che possa essere fuggito da lì. Qui in Uruguay crediamo che si sia trattato ovviamente di una messe in scena». «L’indagine a livello di polizia e procura non è mai, mai andata avanti. E non ci sono persone condannate per quella fuga. È evaso nel 2019. Siamo nel 2024. E ancora non sappiamo come siano andate veramente le cose».
I dubbi sulla sua fuga restano: dalla dimensione ristretta della finestra all’arrivo sul tetto oltre al fatto che, proprio quella notte, la telecamera non era in funzione e nessuno ha visto nulla. Poi la fuga da un balcone e in taxi, con il quale riesce a raggiungere una pizzeria per far poi perdere di nuovo le sue tracce. «In realtà, qui tutti pensano che Morabito abbia corrotto qualcuno nel carcere e magari sia uscito dalla porta principale. Mi sembra chiaro che abbia pagato quel lavoro. È evidente». (Gi.Cu.)