Cerca

Elezioni, diventa deputata 5 Stelle la testimone di giustizia senza volto

L’Espresso, 05 marzo 2018

Elezioni, diventa deputata 5 Stelle la testimone di giustizia senza volto

Piera Aiello aveva sfidato la mafia. Ora entrerà alla Camera: «Per troppi anni non mi sono interessata di politica, complice il fatto che non potevo esercitare il mio diritto di elettore. Ma il desiderio di poter compiere un gesto che milioni di altre persone fanno in tranquillità è una gioia immensa. Urlo dalla felicità perché mi sento una persona normale»

DI LIRIO ABBATE

Per tutta la campagna elettorale ha messo il suo nome e il suo coraggio davanti agli elettori, nascondendo il volto per ragioni di sicurezza, ma ha continuato a mostrare il suo senso di responsabilità. Ancora una volta si è messa in gioco sfidando i politici nel loro campo di gioco. Ed ha vinto. Il nome e la storia di Piera Aiello – è lei la protagonista di questa campagna elettorale – ha avuto la meglio dal risultato delle urne. Lei che è stata la prima testimone di giustizia in Italia contro la mafia ha vinto in Sicilia in un territorio in cui Cosa nostra è ancora forte. E Piera Aiello ha battuto tutti. In lista con il Movimento 5 Stelle nel collegio di Marsala alla Camera ha fatto il pieno di preferenze. La sua elezione è un segnale importante, una scelta di grande maturità per quei siciliani che vivono nel Trapanese dove circola ancora il latitante Matteo Messina Denaro.

La storia di Piera risale a quando sposa Nicolò Atria, è il 1985 e lei ha soli 18 anni. Nove giorni dopo il matrimonio il suocero Vito Atria, boss mafioso, viene assassinato. Nel 1991 la stessa sorte tocca al marito Nicolò, sotto gli occhi di Piera e della figlia di 3 anni.

L’incontro con Paolo Borsellino le cambia la vita, e da quel momento decide di diventare testimone di giustizia. Dopo di lei anche la cognata Rita Atria sceglie di ribellarsi al sistema mafioso.

Dopo quell’omicidio in Piera scatta qualcosa: «Come impongono le regole della mia terra, con una bimba di tre anni da crescere e una rabbia immensa nel cuore. In quel momento il destino ha messo un bivio lungo il mio percorso: dovevo scegliere quale futuro dare a mia figlia Vita Maria».

Il momento di svolta è l’incontro con un uomo che una mattina, scrive Piera, «Mi ha preso sottobraccio e mi ha piazzato davanti ad uno specchio, eravamo in una caserma dei carabinieri». Quell’uomo è Paolo Borsellino. «Da quando lo “zio Paolo” mi ha piazzato davanti a quello specchio e mi ha ricordato chi ero, da dove venivo e dove sarei dovuta andare, sono diventata una testimone di giustizia. Io non ho mai commesso reati, né sono mai stata complice dei crimini di mio marito e dei suoi amici, gli stessi che poi ho accusato nelle aule dei tribunali e nelle corti d’assise. Quel che è certo è che la mia storia, la mia vita, è stata rivoluzionata dalla morte», compresa la morte di Rita Atria, sua cognata, che a 17 anni decide di ribellarsi al sistema mafioso, ma dopo l’assassinio di Borsellino non riesce a reggere al dolore e si toglie la vita.

Nonostante tutto Piera continua ad andare avanti, sostenuta da una determinazione incrollabile e dalla consapevolezza che l’eredità di Falcone, Borsellino e Rita non può andare perduta: «Ecco perché oggi ho due nomi e due cognomi che corrono paralleli, che a volte si incrociano, si sovrappongono, che si respingono e si fondono».

Piera ha raccontato la sua storia qualche anno fa nel libro “Maledetta mafia” scritto con Umberto Lucentini. La testimone di giustizia racconta: «La vita di Rita Atria e la mia sono una storia unica: Rita non sarebbe diventata testimone di giustizia se non avesse seguito di sua spontanea volontà il mio esempio; io non sarei stata presa in considerazione fino in fondo se lei non avesse fatto il gesto estremo di togliersi la vita. È Rita che ringrazio per prima, tramite questo libro, insieme a mia figlia Vita Maria: è stata lei la forza che mi ha consentito di non arrendermi mai». Rivolgendosi ai suoi concittadini di Partanna, a quelli onesti, aveva detto che comprendeva che hanno «paura» e «non parlano: li capisco, non è facile mettersi contro i mafiosi. A loro l’augurio sincero di essere uomini di giustizia: sono accanto a quanti credono che un giorno tutto questo male avrà termine».

Piera ricorda quando ha cambiato identità e grazie al nuovo documento è riuscita a votare. «Smetto di essere un’ombra e torno a essere una persona» racconta Piera Aiello, «per la prima volta dopo anni, entro in un seggio elettorale e vado a votare. La gente che è in fila davanti a me mi vede mentre piango con discrezione. Non mi chiedono il motivo, ma li noto mentre parlottano incuriositi a bassa voce tra di loro. Lo so, a volte andare alle urne è vissuto quasi come un fastidio. Non è il mio caso». Piera urla al telefono con un’amica la gioia per aver votato. «In realtà quel momento per me è particolare anche per un altro aspetto: mi limito ad annullare la scheda perché non so a chi dare la mia preferenza, per troppi anni non mi sono interessata di politica, complice il fatto che non potevo esercitare il mio diritto di elettore. Ma il desiderio di poter compiere un gesto che milioni di altre persone fanno in tranquillità, magari considerandolo una perdita di tempo, è una gioia così immensa che è difficile da descrivere. Urlo dalla felicità perché mi sento una persona normale. Rido, piango, rido e piango: tutto insieme, che emozione. Chi lavora in un ufficio e ha a che fare con noi “cancri” non potrà capire mai la sensazione che provo quella mattina». Adesso Piera, dal volto misterioso, dopo essere tornata a votare potrà pure entrare in Parlamento, da donna coraggiosa e sicura. Un esempio.