Dall’ultimo rapporto di Legambiente emerge che la regione di Milano è coinvolte in più di un terzo delle inchieste sui grandi traffici di sostanze pericolose. Un giro di affari che coinvolge imprenditori, colletti bianchi e criminalità organizzata. Sui cui è necessario uno sforzo ulteriore della legislazione nazionale
In Lombardia la criminalità ambientale è oramai una realtà che fa affari d’oro. Dal 2001 – anno in cui è stato introdotto nel nostro ordinamento il delitto di “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” – ad oggi si sono svolte in Italia 153 inchieste sui grandi traffici di sostanze pericolose; 14 di queste (poco meno del 10%) hanno coinvolto esclusivamente soggetti lombardi e si sono svolte nei confini regionali; 39 (circa il 25 %) hanno interessato almeno parzialmente la Lombardia, perché qui erano prodotti i rifiuti oppure avevano sede le aziende coinvolte o i trasportatori oppure venivano stoccate temporaneamente le sostanze tossiche. Quindi in 53 casi su 153, ovvero più di un terzo del totale nazionale, la regione più ricca di Italia è stata protagonista, ovviamente in negativo, di grandi traffici di rifiuti.
Dall’ultimo Rapporto Ecomafia di Legambiente emerge un quadro della Lombardia a tinte fosche. Si intensifica il coinvolgimento nell’illegalità ambientale di soggetti affiliati o vicini alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, che utilizzando attività illecite nel ciclo del cemento (movimentazione terra, cave, appalti per opere pubbliche) colpiscono il territorio con grandi smaltimenti illegali di rifiuti pericolosi, che vengono seppelliti nel terreno. In queste attività sono solitamente coinvolti anche i “colletti bianchi”, che svolgono un ruolo fondamentale nei traffici, dalla falsificazione dei documenti e delle analisi dei materiali alle autorizzazioni irregolari, dagli omessi controlli all’alterazione delle gare di appalto.
Non meno gravi sono le responsabilità di quegli imprenditori che, per incrementare i profitti, si rendono complici di queste vere e proprie aggressioni all’ambiente e alla salute dei cittadini. Come infatti è testimoniato da numerose intercettazioni telefoniche non si può più parlare di industriali “ignari” o “inconsapevolmente collusi”, è oramai accertato che la decisione di aumentare i guadagni facendo affari con gli eco-criminali è un atto consapevole e voluto, in alcuni casi sono le stesse imprese a cercare i trafficanti di rifiuti. Su questo versante è pertanto fondamentale un impegno, anche in Lombardia, delle associazioni di categoria per dichiarare guerra senza sconti a quegli imprenditori che si rendono protagonisti o complici delle attività di ecomafia.
Nel 2009 in Lombardia sono stati accertati 855 reato contro l’ambiente, sono state denunciate 865 persone, disposti 340 sequestri e 9 arresti. Per contrastare il fenomeno è fondamentale un miglioramento della legislazione nazionale di contrasto, con l’introduzione nel nostro codice penale dei delitti contro l’ambiente e con l’istituzione della responsabilità amministrativa delle aziende che traggono benefici dai comportamenti illegali dei propri dirigenti, così come previsto dalla direttiva europea 2008/99/CE. Servono risorse perché la magistratura e le forze dell’ordine possano proseguire nella loro già eccellente attività repressiva; si deve facilitare l’azione di denuncia e di segnalazione dei cittadini, vere e proprie sentinelle sul territorio, e scommettere sulle polizie locali, in grado di effettuare un più capillare controllo dell’ambiente.
Sergio Cannavò, Vicepresidente Legambiente Lombardia
(Tratto da Aprile online)