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Cittanova, quella “famiglia” di ‘ndrangheta dei Facchineri già nota nel XIX° secolo che esportò la mafia in Italia ed all’estero

CITTANOVA- La notizia che i mass-media hanno diffuso, diceva…I carabinieri della Compagnia Duomo, diretta dal maggiore Giovanni Pellegrino, dopo tre mesi di latitanza, hanno arrestato Vincenzo Facchineri, originario di Cittanova in provincia di Reggio Calabria, pericoloso affiliato alla ‘ndrangheta. Facchineri, deve scontare una condanna definitiva di 10 anni di carcere per traffico di droga, che era destinata anche alle discoteche milanesi. Ma chi sono i Facchineri, che posto occupano nella ‘mdrangheta? Il clan dei Facchineri. La faida quasi quarantennale, fra i Facchineri da una parte, insieme agli alleati Marvaso e Monteleone, federati con gli Avignone; ed i Raso, gli Albanese, i Gullace e i De Raco, federati con i Ligato, Pesce e Piromalli, dall’altra.  In Fratelli di sangue di Antonio Nicaso e Nicola Gratteri vengono descritti come una storica ‘ndrina che opera a Cittanova sin dalla fine dell’ottocento. Sono ramificati in alcune regioni come Puglia, Umbria e Lazio ed anche all’estero. Nel 1916 vengono processate 20 persone appartenenti al gruppo di Giuseppe Facchineri alla Gran Corte delle Calabrie: Alcuni fanno risalire l’inizio della faida al 23 marzo 1964 con l’omicidio di Domenico Geraci, vicino ai Facchineri, mandante il capobastone di Cittanova, Rocco Ligato.Circa un centinaio i morti ammazzati; compresi donne, bambini ed anziani.I colleghi Giuseppe Parrello e  Pino Mazzaferro negli anni scorsi, si sono occupati delle faide in Calabria, con alcuni lavori editoriali; offrendo un contributo letterario e culturale di notevole spessore. Un lavoro prezioso, profondo e dettagliato che ha aperto uno squarcio nel mistero calabrese. Uno strumento di facile e comoda consultazione che ognuno dovrebbe ritrovarsi nei propri scaffali. Era pericoloso addirittura pronunziare semplicemente la parola “mafia”. A parte che moltissimi addetti ai lavori, insistevano nel dire che la mafia non esistesse; e che fosse soltanto un’invenzione dei giornalisti. Opere che ci hanno fatto capire una cosa lapalissiana quanto si voglia ma bisognosa di verifiche necessarie. Le faide scoppiano apparentemente per ragioni stupide, banali, fatue. In realtà c’è sotto, sempre uno scopo, una finalità: la supremazia mafiosa. I clan si affrontano apertamente con tutte le armi a disposizione, compreso l’inganno ed il tradimento; tramandata  di generazione in generazione. Non sono mai “figghiolate” Dopo le prime “paloriate”, i primi diverbi, divergenze, alterchi, battibecchi, spintoni, calci, pugni e botte da orbi, la parola passa alla lupara, alla pistola 9X21, al kalashnikov, al bazooka, al lanciagranate.

E sul terreno rimangono un sacco ed una sporta di morti ammazzati:30, 40, 80, 100 se sono faide secche. Migliaia di morti se sono guerre di mafia. Maiali rubati, uova marce e pomodori, capretti ed agnelli, il bicchiere di vino accettato o rifiutato, il furto di una pistola, di un fucile, di una partita di olive o di ghianda, un carico di sigarette od una partita di droga, non pagata, un sequestro di persona, una mancato saluto o risposta al saluto, una precedenza all’incrocio, un pascolo abusivo, il taglio di un albero, una lite per un confine disputato, il possesso o la rivendicazione di una pianta di ulivo od altro, uno sguardo troppo insistente su una ragazza, la ragazza corteggiata, una richiesta di fidanzamento “impossibile”, una “fuitina”, la partecipazione o mancata partecipazione ad un funerale, ad un matrimonio, ad un battezzo, ad una 1^ Comunione  e via di sèguito, fanno parte della casistica, ma non sono le uniche ragioni, per cui possa scoppiare una faida. Ma i musulmani, per molto meno ammazzano e bruciano vivi i cristiani in Pakistan. Cinesi ed Indiani e talora latino-americani, fanno la stessa cosa.

I più noti dei Facchineri sono: Luigi classe 1947, capobastone storico, coniugato, ammazzato a 44 anni, nel corso di un agguato, nelle campagne di Giffone, a colpi di lupara, il 20 febbraio del 1991;  latitante dal mese di agosto del 1990 scarcerato da poco tempo  presunto capo dell’ omonima famiglia coinvolta da decenni in una sanguinosa faida. Ed ancora Domenico Facchineri, latitante, arrestato. L’altra vittima di Giffone (RC) era Cesare Giovinazzo, trentaquattro anni, di San Giorgio Morgeto, latitante. Forse vittime di un tradimento. Altro esponente di primo piano, era un altro Luigi Facchineri, classe 1966 capobastone, prese parte alla seconda faida di Cittanova. Arrestato, in Costa Azzurra il 1° settembre del 1993. Si nascondeva in un lussuoso appartamento di Cannes con vista sulla Croisette, a 100 metri dal Salone del cinema. È qui che  , poco prima di mezzogiorno era finita, dopo 14 anni, la latitanza di Luigi Facchineri, 36 anni, mammasantissima dell’ omonima “famiglia” di Cittanova. Ad arrestarlo erano stati gli uomini della Questura di Reggio Calabria in collaborazione con la gendarmeria francese. I Facchineri erano parte integrante del famigerato processone alla  “mafia delle tre province”; a carico di novantasette esponenti delle cosche e’ concluso, dopo quattro anni,  di interminabili udienze. La Corte d’ Assise di Palmi, ha condannato all’ ergastolo undici persone e ha inflitto pene complessive per 460 anni di reclusione. Tra i condannati (31 anni di reclusione) anche il “pentito” Giuseppe Scriva.  Ergastolo per Francesco e Rocco Albanese per l’ uccisione di Marcello Marvaso; e per Giuseppe Avignone per l’ omicidio del capobastone Domenico Monteleone; per Francesco Albanese e Tommaso Casentino, per l’ omicidio Varone; i cugini Filippo e Carmine Gerace hanno avuto due ergastoli ciascuno; per Antonino Fedele per il duplice omicidio di Raffaele Albanese e Antonino Raso; per Antonino Fameli, Antonino Pesce e Giuseppe De Marte. Per il sequestro dell’ imprenditore Vincenzo Cannata’ sono stati inflitti venti anni ciascuno a Michele Facchineri, Vincenzo Facchineri e Salvatore Monteleone. Tra gli assolti, i presunti boss Giuseppe Piromalli e Saverio Mammoliti.

Fece scalpore lo sceneggiato televisivo “Un bambino in fuga”, sul tema dell’ infanzia e della violenza sui bambini Si rivedeva Domenico Facchineri. Lo stesso Pippo Baudo aveva affermato che gli sceneggiatori si erano ispirati alla sua storia. Domenico  aveva sedici anni e in pochi, anche qui a Cittanova, paese aspromontano teatro della sua storia, sapevano dove si trovasse e con chi.  Era in grembo alla madre, che rimase ferita, ma lui non venne colpito per un soffio dai pallettoni.  Era lunedì di Pasqua del 1975.  Due bambini Domenico e Michele Facchineri, 11 anni il primo e otto il secondo, guardiani di porci,  innocenti vittime, venivano uccise a colpi di lupara sul greto di un torrente da un quintetto di sicari senza volto, che avevano già ucciso poco prima un loro zio, ferito il cuginetto Michele di appena sei anni, colpita pure la zia Carmela Guerrisi, moglie di Giuseppe Facchineri, incinta di sette mesi Di Domenico. Carmela Guerrisi ha cercato di sottrarre il suo bambino alla regola che affida alle donne, sacerdotesse della faida, la pedagogia della vendetta; l’ “educazione” dei figli all’ odio e alla vendetta. Pippo Baudo fece insorgere l’ avvocato Angelo Bruzzese, apprezzato penalista del foro di Palmi, originario di Cittanova, difensore da sempre dei Facchineri, che  chiese alla Rai il blocco delle puntate: “Mi preoccupo della sicurezza del bambino in quanto il film riattira l’ attenzione nei suoi confronti proprio in un momento tranquillo. Citerò tutti in tribunale per diffamazione, disse Bruzzese e chiederò i danni . C’ è in ballo,  la sicurezza di Domenico e di sua madre che ha avuto il coraggio di spezzare le catene di una cultura di morte”.

L’appello di una maestra servì per salvare la vita di alcuni bambini della faida trasferiti nottetempo dai Carabinieri. Pochi qui a Cittanova hanno visto il vero volto di Domenico ma tutti ricordano la sua storia, simile a quella dei fratelli Rocco e Vincenzo più grandi di lui. Il 30 marzo 1993venne arrestato un” altro” Domenico Facchineri 24 anni appartenente alla cosca di Cittanova (in provincia di Reggio Calabria), famosa per la faida che da anni la oppone a quelle dei Raso, degli Albanese, dei Gullace. Una faida fatta di incubi notturni, insonnia, inappetenza, depressione, panico, agguati, tranelli, trappole, imboscate e trabocchetti. Come l’ agguato è avvenuto al passo dello Zomaro, a pochi chilometri da Cittanova, sulla statale che unisce lo Ionio al Tirreno. Quel giorno ben quattro o cinque sicari aspettavano al varco la famiglia Lombardo, titolare di un negozio di abbigliamento a Cittanova (vendeva merceria e abbigliamento nei mercati di diversi paesi del Reggino). Antonio Lombardo, 50 anni, pregiudicato, ed i suoi tre figli Domenico, Angelo, e Massimo, rispettivamente di 21, 17 e 12 anni, legami di parentela con i Facchineri, stavano rientrando a casa con un camion Tigrotto  da Bovalino, centro del versante ionico reggino e   stavano risalendo la montagna per tornare a casa. Sulla statale 111, al quadrivio dello Zomaro, in pieno territorio nemico dunque, i killer  incappucciati sbarrarono la strada e cominciarono a sparare.  Antonio Lombardo venne ferito ma riuscì a balzare fuori dal veicolo ed a nascondersi. In attesa che i sicari, scaricassero le loro armi. Tornò poco dopo  e rimessosi alla guida , giunse a Cittanova  Per Angelo  non c’ era più  nulla da fare. Domenico e Massimo  ricoverati all’ ospedale di Reggio Calabria e lo stesso Antonio, la situazione era assai migliore. In via Cosenza, via Palermo, via Nervi, via Alessio, dove ci sono i quartieri generali delle famiglie contendenti, regnava ed ancora oggi regna, un silenzio spettrale.In alcune zone Cittanova, antico splendore della sterminata Piana di Gioia Tauro, sembra una ghost-town
Domenico Salvatore

(Tratto da Mediterraneonline)