AMDuemila 17 Ottobre 2024
“Proseguirò il digiuno ad oltranza fino a quando non si fermeranno gli abusi di stato e non verranno riconosciuti a me e ai miei familiari tutti i diritti previsti dalla legge e dal contratto”
La drammatica situazione del Testimone di Giustizia palermitano Angelo Niceta e dei suoi familiari (la moglie e i 4 figli) – nonostante i digiuni, le interrogazioni parlamentari senza risposta, gli approfondimenti e le denunce pubbliche – non solo non è minimamente migliorata, ma si è invece aggravata, giungendo a uno stato di cose insostenibile.
La vicenda di Angelo Niceta nel tempo è stata costellata da innumerevoli anomalie, tanto che si sono susseguite tre interrogazioni parlamentari e una in Senato, tutte prive di risposta.
Le conseguenze, se lo Stato continuerà a ignorare e trasgredire quanto previsto dalle leggi e già deliberato, e se chi avrebbe il dovere di mobilitarsi continuerà a tacere e a non prendere posizione, rischiano di essere devastanti e irreversibili.
Si temano forse le deposizioni di Angelo Niceta, o c’è un tentativo di “insabbiare” fatti scomodi che potrebbero emergere o essere sottolineati dalle stesse? Si sta forse cercando di impedire o scoraggiare un Testimone di Giustizia dal compiere il proprio dovere di cittadino?
Angelo Niceta e i suoi familiari in questo momento sono letteralmente ridotti “alla fame”, una situazione del tutto in contrasto con il “reinserimento sociale e lavorativo” previsto dalla legge, che, senza l’attuazione di quanto previsto, suona come ennesima “supercazzola”.
Non solo la famiglia di Angelo Niceta è impossibilitata a far fronte alle normali esigenze della vita, ma ormai neppure al proprio sostentamento e alle cure mediche più elementari (non hanno la possibilità neppure di eseguire gli esami del sangue).
Angelo Niceta soffre di una patologia che negli ultimi mesi è stato colpevolmente messo nella condizione di non curare, mentre la moglie del Testimone, Rosalba, in seguito alla rottura di un dente, da ormai quasi due mesi deve convivere con un ascesso estremamente doloroso su cui è impossibilitata a intervenire per la situazione economica della famiglia.
Tutto ciò mentre basterebbe il semplice rispetto delle regole e l’esecuzione di quanto già deliberato per permettere al Testimone di Giustizia e ai suoi familiari, cittadini esemplari, di far fronte alla propria situazione e poter vivere dignitosamente e in condizione di potersi curare, presupposto di qualunque reinserimento sociale e lavorativo.
Sia la Legge n. 6/2018 sui Testimoni di Giustizia sia il “contratto” stipulato dal Testimone di Giustizia con lo Stato mediante il “Programma di protezione” prevedono per i Testimoni di Giustizia e i loro congiunti, oltre alle altre forme di protezione e tutela, il riconoscimento di un rimborso forfettario “a titolo di ristoro per il pregiudizio subito a causa della testimonianza resa” da riconoscere singolarmente a tutti i soggetti del nucleo familiare. Una norma di elementare giustizia. Anche se nessuno potrà mai risarcire con una somma economica lo sconvolgimento nell’esistenza di una persona sottoposta a speciale programma di protezione, un Testimone di Giustizia o un suo familiare, sottoposto non per propria scelta a “speciali misure di protezione”, per il solo fatto di essere stato sradicato dal contesto d’origine e di aver vissuto in località protetta, quasi clandestinamente, per molti anni, non ha potuto nel frattempo lavorare, pagare contributi, stringere rapporti sociali e lavorativi. Opportunità perse non per propria colpa, che si sono ripercosse sulla propria esistenza, per cui il risarcimento è la misura minima di giustizia, dovuta per permettere a questi cittadini di ricostruire la propria vita.
Lo scorso maggio, anzi, è stato notificato ad Angelo Niceta uno stralcio di verbale della seduta della Commissione Centrale del Ministero dell’Interno del 03/04/2024, l’organismo preposto all’attuazione della protezione dei Testimoni di Giustizia, presieduto dal sottosegretario Nicola Molteni, in cui ci si limita ancor oggi a prendere atto della richiesta e si precisa che la Commissione Centrale “si riserva” di prenderla in esame “all’esito dell’emanazione del relativo regolamento, allo stato in itinere”e previa produzione della documentazione giustificativa che si renderà necessaria sulla base dei criteri oggettivi di quantificazione dell’indennizzo che saranno definiti in sede regolamentare”.
In altri termini, a un Testimone e alla sua famiglia, che sono attualmente ridotti alla fame e nella condizione di non potersi neppure curare adeguatamente, dopo un anno di attesa, si risponde che saranno risarciti in una data non definita, in seguito all’emanazione di un non meglio precisato “regolamento in fase di emanazione”.
Così come dal mese di luglio del 2023 il figlio di Angelo Niceta, Enrico, ancora attende, nonostante sia stato deliberato dalla commissione centrale già dal settembre 2023 (più di un anno), che il servizio centrale proceda dando l’incarico all’agenzia del demanio di eseguire la valutazione dell’immobile di sua proprietà in località d’origine, per procedere come deliberato dalla commissione quindi dal presidente Molteni, all’acquisizione ai beni dello Stato a prezzo di mercato, come previsto dalla legge.
Se il percorso testimoniale di Angelo Niceta e quindi la sua vita sotto protezione in località protetta sono stati caratterizzati da gravissime anomalie ad oggi mai chiarite, ora la situazione sta rapidamente precipitando.
Una famiglia che da ormai molti anni sta vivendo situazioni drammatiche non può sopravvivere a lungo senza potersi sostentare e curare, con il rischio di non avere neppure l’elettricità in casa.
Angelo Niceta soffre di una patologia a un occhio che richiede un intervento specialistico e che negli ultimi mesi non è stato in grado di curare, mentre la moglie di Angelo, Rosalba, in seguito alla rottura di un dente, da ormai quasi due mesi deve convivere con un ascesso molto doloroso senza poter intervenire per ragioni economiche. La figlia Ginevra, che soffre di una patologia alla tiroide, non può fare gli esami del sangue e ricorrere alla visita specialistica per adeguare la terapia all’esito degli esami, cosa che è prescritta fare con cadenza semestrale.
Tutto ciò mentre sarebbe bastato il semplice rispetto delle leggi e l’esecuzione di quanto già deliberato per permettere al Testimone di Giustizia e ai suoi familiari, cittadini esemplari, di far fronte alla propria situazione, di poter vivere dignitosamente e in condizione di potersi curare, presupposto di qualunque reinserimento sociale e lavorativo.
Angelo Niceta ha vissuto sotto protezione dal 2017 in località riservata su richiesta della Procura di Palermo insieme ai suoi familiari. Non solo la Procura, ma anche una sentenza del Tribunale di Palermo ha asseverato la sua attendibilità.
Alle inadempienze economiche si aggiungono quelle relative alla protezione e alla giustizia:
alla fine del 2021, Angelo Niceta inviava un esposto alla Procura di Palermo, alla Procura Nazionale Antimafia e alla Procura Generale della Corte d’Appello di Palermo; l’esposto, con allegata copiosa documentazione, riguarda fatti relativi ad “anomalie” del servizio centrale di protezione, imprenditori e amministratori giudiziari, curatori fallimentari e tribunale fallimentare.
Alcune settimane dopo, nel 2022, mentre quindi Angelo e i suoi familiari (la moglie e i 4 figli) si trovavano sotto protezione, alcuni soggetti si sono introdotti nell’abitazione disabitata di Casteldaccia del figlio di Angelo Niceta, Enrico, colpevolmente priva delle misure di sicurezza che la legge prevede, al cui interno erano custoditi anche beni della famiglia di Angelo Niceta.
Nell’occasione si constatava anche l’effrazione di una porta-finestra blindata, il furto di diversi oggetti di ingente valore, la vandalizzazione e la devastazione totale dell’interno dell’abitazione, per un totale stimato superiore a € 100.000,00. Alcuni dei beni erano particolarmente ingombranti (una poltrona, apparecchi ginnici e addirittura lampadari di cristallo), e inoltre si notava vandalismo con escrementi sparsi in varie parti dell’abitazione.
Angelo Niceta ha sempre avuto fiducia nelle istituzioni; ora si dice pronto a digiunare ad oltranza “fino a quando non verranno fermati gli abusi di Stato e non verranno riconosciuti i diritti di legge previsti per me e per i miei familiari”.
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