di F. Q.
A trovarli la Guardia di Finanza di Caltanissetta. Erano in “quattro buste di colore giallo ancora recanti i timbri apposti nel 1992”. Ascoltato dai pm l’ex magistrato Natoli, indagato per favoreggiamento e calunnia
Il Fatto Quotidiano, Sabato 5 Luglio 2025
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Le intercettazioni erano state effettuate negli anni ’90 per indagare sulle infiltrazioni di Cosa Nostra nel settore imprenditoriale e, in particolare, nelle aziende già appartenenti al Gruppo Ferruzzi. Oltre trent’anni dopo i militari del Gico della Guardia di Finanza di Caltanissetta, su delega della locale Dda, hanno ritrovato – nella tarda mattinata di giovedì 3 luglio – i brogliacci della nota inchiesta “Mafia e appalti“. Erano in “quattro buste di colore giallo ancora recanti i timbri della Guardia di Finanza apposti nel 1992″ e sono stati trovati “ricoperti di polvere e lasciati a terra in archivi da tempo non utilizzati”, come spiega in un comunicato stampa il Comando provinciale di Caltanissetta delle Fiamme gialle. Il contenuto del materiale acquisito è attualmente al vaglio delle Autorità inquirenti e il ritrovamento dei brogliacci arrivato “al termine di ricerche durate più di due anni e che hanno comportato la consultazione di più di 2.000 faldoni con centinaia di migliaia di pagine di documenti”.
L’indagine sulle stragi – Negli ultimi anni l’inchiesta Mafia e appalti è tornata alla ribalta della cronaca. Da tempo l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, e i due ex alti ufficiali del Ros dei carabinieri Mario Mori e Giuse
L’inchiesta sulle cave – L’avvocato dei figli del giudice ucciso in via d’Amelio ha anche collegato la questione di Mafia e appalti a un’altra inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nelle cave del marmo toscane. Si tratta di una sorta di costola di Mafia e appalti. Di quel fascicolo l’ex magistrato del pool antimafia di Palermo, Gioacchino Natoli, chiese e ottenne l’archiviazione. La vicenda è finita al centro di un rovente scontro tra Trizzino e l’ex magistrato. L’avvocato dei figli di Borsellino, infatti, aveva accusato Natoli di aver “inspiegabilmente” chiesto di smagnetizzare le intercettazioni dei fratelli Buscemi e di distruggere i brogliacci. Per questa vicenda l’ex magistrato è finito indagato per favoreggiamento e calunnia a Caltanissetta: l’ipotesi formulata era che Natoli, su input del collega Giuseppe Pignatone e dell’allora capo della Procura Pietro Giammanco, avesse ordinato la distruzione delle intercettazioni e dei brogliacci dell’inchiesta sull’ imprenditore mafioso Antonino Buscemi nel tentativo di affossare l’indagine. Natoli ha sempre respinto le accuse, anche in audizione alla Commissione antimafia: “La smagnetizzazione dei nastri era una prassi” della Procura di quegli anni per la necessità di riutilizzare le bobine, ha spiegato, sottolineando tra l’altro che quegli stessi audio in realtà non furono mai distrutti perché “il 25 settembre 2023 il funzionario dell’Ufficio Intercettazioni certifica che ‘i plichi contenenti i nastri in questione e i brogliacci sono negli archivi‘”.
Natoli ascoltato a Caltanissetta – Proprio Natoli è stato ascoltato ieri dalla Procura di Caltanissetta. E’ stato lo stesso magistrato, che esattamente un anno fa aveva deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, a chiedere di essere ascoltato. Difeso dagli avvocati Fabrizio Biondo, Ninni Reina ed Ettore Zanoni, al magistrato viene contestato di aver svolto, nell’ambito del procedimento 3589/1991 aperto a Palermo dopo l’invio delle carte da Massa Carrara su presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane, una “indagine apparente“, “richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini” e di aver disposto, “d’intesa con l’ufficiale della Guardia di Finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la messa a disposizione di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di ‘aggiustamentò, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura per un duplice omicidio”.