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«La mafia nel Lazio» È la relazione dell’ufficio regionale ma da 4 mesi è secretata da Marrazzo

«Modificare l’Osservatorio» Laurelli: garantire indipendenza e esponsabilità degli atti

Nel dossier «nascosto» i nomi dei boss oscurati per privacy

Il documento è elaborato da esperti, associazioni e forze dell’ordine. Queste ultime sembrano aver avuto qualche malumore per i troppi dettagli forniti nella stesura integrale della relazione.

MASSIMILIANO DI DIO

In principio doveva essere la relazione, con la erre maiuscola, dell’Osservatorio regionale sulla sicurezza.Oggetto: «Le mafie nel Lazio».

Ma una volta ultimata – circa dieci mesi fa – un’infinità di dubbi l’hanno
accompagnata fino alla scrivania del presidente Marrazzo dove resta secretata dal gennaio scorso. Senza mai un esplicito perchè, tra arresti di boss anche nella Capitale, una città laziale (Fondi) di cui Maroni ha chiesto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose e l’ombra della camorra che arriva anche a Sabaudia. Così ora c’è chi punta il dito proprio sull’Osservatorio e mira a riformarlo.
Per liberare alcuni suoi componenti da improvvisi imbarazzi e rendere tutti più autonomi. «Ho chiesto più volte a Marrazzo di conoscere il contenuto della relazione e non ho mai avuto risposta – denuncia Luisa Laurelli, presidente della commissione speciale regionale sulla Sicurezza – Per questo ho presentato una proposta all’ufficio legislativo che modifica i poteri dell’organo presieduto da Enzo Ciconte.Da un lato si affida il compito di alta consulenza ai rappresentanti delle forze dell’ordine presenti e dall’altro ribadisce che tutti gli altri componenti fanno parte di un comitato scientifico non solo indipendente e libero dall’amministrazione regionale ma anche capace di assumersi la responsabilità per tutti gli atti prodotti».

LE TENSIONI INTERNE

Eccolo il punto. Piena responsabilità dell’Osservatorio regionale composto da esperti, oltre che rappresentanti delle forze dell’ordine, delle associazioni,della Prefettura capitolina edel Provveditorato agli studi. Qualcosa che con la «famosa relazione» sembra essersi inceppato. Il documento infatti è stato presentato in sintesi a maggio dello scorso anno.
Quindi, due mesi più tardi, la stesura integrale suscita molte remore, in particolare (sembra) tra le forze dell’ordine che come tutti gli altri votano il documento. Forse troppi i dettagli contenuti. Certo daqui scatta la decisione del presidente Ciconte di chiedere un parere all’Avvocatura regionale che, in un primo momento, si dice non in grado di pronunciarsi e poi «suggerisce di non pubblicare i nomi delle famiglie in odore di mafia per un discorso di privacy». Fatto sta che il documento, con molti omissis e l’indicazione delle fonti su cui si basano gli episodi criminali citati, finisce comunque nelle mani del presidente della Regione e lì resta da oltre 4 mesi. Nel silenzio totale, con il rischio oggi di essere ormai datato. «In tutti questi anni – precisa Laurelli – l’organo ha dato dimostrazione di un’autonomia nelle sue ricerche che va salvaguardata anche nel futuro».
D’altronde, dall’istituzione del 2001, molte cose sono cambiate. Il budget innanzitutto, cresciuto a 350mila euro con 900 euro di gettonedi presenza almese per ogni componente.

Ma anche i risultati raggiunti.
«Ai tempi della presidenza Storace si faceva una relazione l’anno in cui di fatto si monitorava la presenza dei presidi di sicurezza sul territorio, ora invece si parla di mafie, si producono analisi sulla percezione di insicurezza dei cittadini,sulla violenza sulle donne».

(Tratto da Indymedia Lombardia)