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VERGOGNA!!!!! QUANDO L’INGIUSTIZIA E’ AL POTERE.

Cronaca Basilicata

La Politica non sa cos’è l’imbarazzo

La via crucis del tenente Giuseppe Di Bello e le passeggiate dei funzionari allineati al potere

di Redazione Basilicata24 

Luigi Scaglione Luigi Scaglione

Il tenente Giuseppe Di Bello, siamo nel 2010, è rimosso dalla sua funzione nella Polizia Provinciale ed è trasferito, con altre mansioni al Museo Provinciale. Il motivo del provvedimento disciplinare?

E’ scritto nell’articolo 3 della legge 97/2001:Quando nei confronti di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica è disposto il giudizio… l’amministrazione di appartenenza lo trasferisce ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti, per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera, a quelle svolte in precedenza. L’amministrazione di appartenenza, in relazione alla propria organizzazione, può procedere al trasferimento di sede, o alla attribuzione di un incarico differente da quello già svolto dal dipendente, in presenza di evidenti motivi di opportunità circa la permanenza del dipendente nell’ufficio in considerazione del discredito che l’amministrazione stessa può ricevere da tale permanenza.”. Per quale reato il tenente Di Bello è stato rinviato a giudizio? Rivelazione di segreto d’ufficio. Avrebbe cioè rivelato valori di elementi inquinanti riscontrati nella acque degli invasi di monte Cotugno, del Pertusillo, della Camastra, contenuti in un’informativa di reato nell’ambito di indagini in corso. Per questo reato viene condannato, a Potenza, sia in primo grado sia in secondo grado. La sentenza di secondo grado viene annullata dalla Cassazione con rinvio alla Corte di Appello di Salerno per nuovo giudizio. La corte di Appello di Salerno conferma la sentenza del tribunale potentino. Il 29 marzo 2017 la Corte di Cassazione annulla la sentenza della Corte di Appello di Salerno con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo giudizio. Questa volta però, la Cassazione, spiega che il nuovo giudice, in merito alla verifica della causa di non punibilità, deve considerare alcuni elementi di fatto prima esclusi dalla valutazione dei giudici potentini e salernitani. Quali sono questi elementi di fatto? La Cassazione ritiene che non siano stati sufficientemente valutati: l’incensuratezza dell’imputato, l’assenza di un proprio interesse privato, l’interesse pubblico perseguito dall’imputato, la mancanza di un nocumento all’indagine giudiziaria e ad altri interessi pubblici. Nei fatti, la suprema Corte, assolve il tenente.  In base alla sentenza della Cassazione del 29 marzo, Di Bello, in data 2 maggio 2017 ha inviato al presidente della Provincia di Potenza la richiesta di riammissione nei servizi e nei ruoli antecedenti il provvedimento disciplinare del maggio 2010. Vedremo come andrà a finire.

Due pesi e due misure

Fatto sta che il tenente Di Bello ha trascorso sette lunghi anni di “esilio in altra mansione”, ha dovuto affrontare quattro processi, mentre, sembrerebbe che per altri dipendenti, accusati di reati ben più gravi, rinviati a giudizio, alcuni pare rinviati per più di un giudizio, il trattamento sia stato completamente diverso. Ricordiamo che nel dicembre 2012, il prefetto di Potenza, revocò al Di Bello, la qualifica di agente di pubblica sicurezza. Revoca annullata grazie all’iniziativa del nostro giornale che raccolse quasi 4mila firme a sostegno dell’annullamento del provvedimento prefettizio. Dicevamo della disparità di trattamento. Ebbene, né i prefetti, né altri si sarebbero preoccupati di verificare il comportamento di alcune pubbliche amministrazioni lucane nei confronti di funzionari e dirigenti colpiti da indagini giudiziarie, rinviati a giudizio per reati ben più gravi i quali sembra non abbiano procurato né procurano discredito alla pubblica amministrazione. Vale a dire che la norma disciplinare applicata al tenente Di Bello, non sarebbe stata applicata nei confronti di altri. La politica lucana è distratta e sembra che abbia messo in soffitta la parola “imbarazzo”. Sì, perché, oltre gli aspetti giuridici, sindacali, disciplinari, vi sono ragioni di opportunità e di moralità che andrebbero considerate sempre, non solo quando conviene. Non si dovrebbero usare le leggi come armi di offesa, di intimidazione, di ricatto nei confronti di funzionari non allineati, né si dovrebbe far finta che quelle leggi non esistano quando si tratta di dirigenti e funzionari “amici”. Ci sarebbero decine di argomenti per giustificare certi comportamenti imbarazzanti della Regione e della Provincia, ma l’imbarazzo rimane.

Alcuni casi “imbarazzanti”

Non ci risultano provvedimenti disciplinari nei confronti di Salvatore Lambiase, oggi in pensione, ex dirigente Responsabile – Ufficio Compatibilità Ambientale – Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, quando è stato rinviato  a giudizio, nel 2014, nella vicenda Fenice, per omissione di atti di ufficio. Rimasto al suo posto, viene anche coinvolto nell’inchiesta Eni del marzo 2016. Neanche in questa circostanza ci risultano provvedimenti disciplinari da parte della Regione Basilicata. Che dire di Bruno Bove, ex coordinatore del dipartimento provinciale di Potenza dell’Arpab, rinviato a giudizio per la vicenda Fenice, poiché avrebbe commesso gravi reati in concorso con altri? Niente, è ancora all’Arpab. Imbarazzante anche la posizione di Domenico Santoro, ex dirigente alla Provincia settore ambiente, rinviato a giudizio, fino a due mesi fa sarebbe rimasto al suo posto per poi essere trasferito al settore informatico. Nessuno sembra essersi imbarazzato quando Emilia Piemontese, rinviata a giudizio per abuso d’ufficio, rimane al suo posto di dirigente alla Provincia e in seguito “promossa” dirigente alla Regione, Dipartimento Ambiente. L’elenco sarebbe lungo. Tanti altri, nonostante rinviati a giudizio, sono al loro posto, senza che sia mai stato adottato un provvedimento disciplinare. Ci basta ricordare un altro caso “imbarazzante”, che riguarda l’ex consigliere regionale Luigi Scaglione. Dipendete della Provincia di Potenza, condannato per peculato dalla Corte dei Conti, due rinvii a giudizio di cui uno per concorso esterno in associazione mafiosa, il quale riceve come “premio” la nomina, dal presidente Franco Mollica, a dirigente della Struttura di Coordinamento Informazione, Comunicazione ed Eventi del Consiglio regionale. La questione, per tutti, non riguarda il reato eventualmente commesso, per cui vale sempre la presunzione di innocenza. La questione è che la norma applicata al tenente Di Bello, non sembra sia stata applicata anche agli altri. E anche se quella norma non fosse pertinente ai casi qui descritti, la penuria di moralità e coerenza sarebbe comunque evidente. 

 

Gio, 11/05/2017 –