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.Valorizzare la figura dei Testimoni di Giustizia vuol dire combattere le mafie e la corruzione ma questo Governo TACE:Lei ha ragione,dr.Davigo,nel sostenere che per combattere la corruzione bisogna istituire,come per la mafia,la figura del Testimonem di Giustizia.Il problema é che dalla classe politica e dai governi i Testimoni di Giustizia vengono trattati a pesci in faccia.La prova sta nel fatto che sono anni ormai che il numero dei Testimoni di Giustizia resta fermo e non se n’é avuto più nemmeno uno in più.

Tangentopoli, Davigo: “Come in guerra, gli anni peggiori della mia vita” 

Piercamillo Davigo, magistrato del pool di Mani Pulite, si racconta a 25 anni dall’inizio dell”inchiesta

Tangentopoli, Davigo:

“Sono stati anni terribili, assolutamente i peggiori, come essere in guerra: dal ’94, o forse gia’ dal ’93, una delle cose peggiori e’ stata l’offensiva contro di noi, esposti, denunce, ispezioni, tentativi di farci finire in galera: tentarono di aprire un conto in Svizzera a nome di Colombo. Ne hanno fatte di tutti i colori”. Cosi’ Piercamillo Davigo, all’epoca magistrato del pool ‘Mani pulite’ di Milano, ricorda gli anni di ‘Tangentopoli’ che videro l’inizio proprio 25 anni fa, con l’arresto di Mario Chiesa.

“Sono stati anni di scontro da parte della politica contro la magistratura – osserva Davigo, intervistato dall’Agi – i magistrati fanno il loro mestiere, la politica ha cercato di impedirglielo. Di questo si tratta”. Il magistrato, oggi presidente di sezione in Cassazione (e da quasi un anno presidente dell’Associazione nazionale magistrati), ricorda di aver avuto “38 procedimenti penali in simultanea a mio carico davanti alla Procura di Brescia: neanche Riina ne ha avuti tanti aperti contemporaneamente. Ho ricoperto tutti i ruoli possibili nel processo penale: giudice di primo grado e d’appello, pubblico ministero, testimone, ho deposto 150 volte, persona offesa, indagato, difensore alla disciplinare dove si applica il codice di procedura penale”.

C’e’ un aneddoto in particolare che Davigo racconta: “Come persona offesa che doveva costituirsi parte civile in processi per calunnia e diffamazione a mio danno andai da un notaio, vicino al palazzo di giustizia di Milano, per autenticare la firma. Il notaio leggendo nella procura speciale le ragioni della mia domanda sbotto’ ‘ma che vita! Come fate ad andare avanti cosi?’ E io risposi: ‘non praevalebunt, non prevarranno’. E lui: ‘Lei lo dice perche’ ha una formazione culturale cristiana, io invece sono di formazione ebraica e le dico che secondo il libro del Sinedrio, nel Talmud, neanche i giusti possono vincere in questo mondo, senno’ non ci sarebbe bisogno della redenzione”.

La corruzione, ricorda il magistrato, “e’ un reato occulto, puo’ essere disvelato solo con strumenti quali intercettazioni, perquisizioni, rogatorie, sequestri, che la Costituzione riserva all’autorita’ giudiziaria, ma tutto questo non basta, servono altre cose che non vengono fatte: lo ripeto da 25 anni – ribadisce – c’e’ bisogno di un sistema premiale forte, l’ideale sarebbe applicare le norme sui testimoni di giustizia anche nel settore della corruzione, si tratta di proteggerli, anche di fare sconti forti di pena o addirittura arrivare alla non punibilita’, perche’ chi collabora realmente raccontando cio’ che ha fatto non potra’ piu’ pagare o prendere tangenti”. E ancora: secondo Davigo bisognerebbe pensare anche a “operazioni sotto copertura per smontare i cartelli di imprese che si dividono gli appalti. Alzare il massimo delle pene non serve, sono i minimi che mettono paura”.

Tra i cittadini che all’epoca di Tangentopoli sostenevano in gran parte l’azione delle toghe, “sembra subentrata oggi in molti la rassegnazione, non hanno visto migliorare la situazione”. Nel nostro Paese ci sono poche condanne per corruzione: “L’Italia ha un numero di condanne riferito al numero di abitanti inferiore alla Finlandia, che e’ uno dei Paesi in cui c’e’ meno corruzione al mondo”, rileva il magistrato. La legalita’, dunque, resta uno dei grandi temi nel nostro Paese: “Viaggio spesso sulla tratta Milano-Roma di Trenitalia – racconta Davigo – subito dopo la partenza del treno un annuncio ricorda che e’ severamente vietato fumare. Severamente vietato non si dice da nessuna parte: una cosa o e’ vietata o e’ permessa, dire che e’ severamente vietata e’ dare per scontato che se e’ solo vietata non importa niente a nessuno”.