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Una holding della camorra per controllare tutto: ecco cosa stanno raccontando i pentiti

Una holding della camorra per controllare tutto: ecco cosa stanno raccontando i pentiti

In grado di ripulire il denaro sporco in società di comodo impegnate nel settore delle scommesse sportive, ristorazione, edilizia, finanziario, alberghiero, orafo ed estetico

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Alfonso Maria Liguori

31 ottobre 2017

Un unico grande clan per controllare gli affari illeciti nel vesuviano e allacciare rapporti “commerciali” con i potenti sodalizi partenopei: questa l’ipotesi investigativa da noi avanzata tempo addietro che oggi sembra assumere concretezza nelle dichiarazioni di pentiti eccellenti di camorra del calibro dei fratelli Lo Russo di Miano (alias i Capitoni di Miano) e del ras degli Scissionisti di Secondigliano Gennaro Notturno.

Anni e anni di intese a largo raggio svelate ai magistrati indurrebbero a pensare ad un’unica grande organizzazione criminale strutturata in modo piramidale. Una holding della camorra in grado di ripulire il denaro sporco in società di comodo impegnate nel settore delle scommesse sportive, ristorazione, edilizia, finanziario, alberghiero, orafo ed estetico.

Ai vertici di questo sistema verticistico – piramidale ci sarebbero intramontabili esponenti della Nuova Famiglia e nuove primule rosse del sistema partenopeo: padrini del calibro di Mario Fabbrocino, Ferdinando Cesarano, Valentino Gionta, Marco Di Lauro potrebbero comporre il ghota di un’organizzazione che potrebbe anche contare su “ras in ombra di prim’ordine”.

Nello specifico radio mala avrebbe in più occasioni evidenziato la figura mai eclissata dell’ex boss Pasquale Galasso. Secondo alcune indiscrezioni raccolte in ambienti vicini al boss Pasquale Galasso (collaboratore di giustizia dal 1992) sarebbe riuscito a monitorare tramite fedelissimi dei luoghi e prestanome insospettabili quello che una volta era il suo regno.

Tra i capi della Nuova Famiglia, braccio destro di Carmine Alfieri, corruttore di politici nazionali e alte cariche dello Stato, in stretti rapporti con la massoneria e (secondo alcuni pentiti) con i servizi, Pasquale Galasso gestirebbe una serie di attività nel settore alimentare non lontano dalla sua Poggiomarino. Un modo per riavvicinarsi a quello che fu il suo impero criminale e forse mostrare ai clan avversari come la propria leadership sia tutt’altro che tramontata.

Quando parliamo di Pasquale Galasso tocchiamo i vertici della malavita campana (e non solo): interessi stratosferici in attività pseudo legali sparse ovunque sul territorio nazionale e all’estero, proventi delle attività illecite secondi solo a quelli di Cosa Nostra, rapporti diretti con Totò Riina negli anni in cui il padrino corleonese rappresentava il deus ex machina della mafia nel mondo. Parliamo di un volume di affari valutato all’epoca dell’arresto del boss di 1500 miliardi di lire distribuito in società immobiliari, finanziarie e turistiche.

Noti professionisti, grossi imprenditori, amministratori pubblici, politici nazionali, “funzionari di Stato” infedeli: tutti per decenni sul libro paga dei Galasso pronti a favorire la potente famiglia di Poggiomarino negli affari e nelle varie vicende giudiziarie. Oggi ci si chiede che fine abbiano fatto questi contatti influenti e che ruolo potrebbero avere nel ritorno in auge di uno dei padrini di camorra più temuti di sempre.

Tutto ancora da decifrare il suicidio (non avrebbe convinto persone vicine al sistema) di Martino Galasso, fratello dell’ex ras Pasquale che si sarebbe tolto la vita impiccandosi. Chi conosceva direttamente Martino Galasso stenta a credere che una persona dotata di tale piglio criminale, determinata e spietata nelle azioni camorristiche possa aver compiuto un simile gesto.

Un ulteriore tassello da aggiungere al già intrigato mosaico della storia criminale dei Galasso. Un nuovo capitolo nella storia della mala vesuviana potrebbe essere scritto, nuove alleanze sancite al fine di unire risorse umane e materiali in un progetto volto al controllo assoluto delle attività illecite sul territorio.

Alfonso Maria Liguori

fonte: Il Gazzettino vesuviano