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Una congiura per screditare il superpoliziotto.

Due mafiosi avevano rivelato in anticipo che il pentito Salvatore Lo Russo avrebbe lanciato le sue false accuse contro l’ex capo della mobile di Napoli, Vittorio Pisani (e uno di loro è poi morto per uno strano suicidio). Perché in 3 anni nessuno li ha voluti ascoltar

AnsaVittorio Pisani, al termine dell’udienza –  Ansa

L’ex capo della Squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani, è stato vittima di un complotto? Un mese prima che esplodesse l’inchiesta che dal luglio 2011 per quasi 3 anni ha massacrato il superpoliziotto, ingiustamente accusato di corruzione e favoreggiamento della camorra dal pentito Salvatore Lo Russo, un detenuto calabrese di nome Massimo Amato aveva lanciato un allarme, inascoltato: “C’è un progetto per screditarla e sporcare la sua credibilità” aveva scritto Amato in una lettera del 5 giugno 2011, indirizzata a Pisani e al questore di Napoli.

Il 29 giugno, interrogato per un’altra vicenda, Amato ci aveva riprovato. Confidando al pm napoletano Antonello Ardituro che “il falso pentito da utilizzare contro il dottor Pisani” era Lo Russo. Ma, ancora, nessuno gli aveva creduto.
Ventiquattr’ore dopo, l’inchiesta aveva travolto il capo della mobile costringendolo a un mortificante divieto di dimora a Napoli. Il pentito Lo Russo aveva denunciato ai pm di avergli allungato 160 mila euro per tenerlo lontano dagli affari del clan. Pisani era accusato inol”tre di avere “coperto” un imprenditore sospettato di riciclaggio mafioso. Come faceva Amato a saperlo in anticipo? E perché nessuno lo ha ascoltato?
Ma lasciamo per un attimo il detenuto calabrese, e facciamo attenzione alle date. Passano 2 anni dall’invio della lettera. Agli inizi del 2013 i pm di Napoli Sergio Amato ed Enrica Parascandolo chiedono una prima archiviazione per Pisani: riconoscono che non è mai stato a libro paga della camorra e che i suoi conti sono immacolati. Il giudice archivia ai primi di marzo. Lo Russo, insomma, viene smentito dagli stessi pm che hanno raccolto le sue dichiarazioni.
In quelle settimane, il padrino della camorra di Scampia Domenico Antonio Pagano, recluso a Opera (Milano) in regime di carcere duro, chiede di parlare con un agente. Pagano incontra un ispettore della polizia penitenziaria che, terminato il colloquio, scrive: “Il recluso raccontava che il Pisani è una brava persona accusata da un infame, il collaboratore di giustizia Lo Russo”.

È la seconda volta che in carcere qualcuno parla di una congiura ai danni di Pisani. Ma, ancora, non accade nulla. Poi, il 14 marzo 2013, Pagano viene visitato dai familiari. È denutri”to, sta male. Intercettato, racconta ai parenti di essere stato avvicinato da due carabinieri che gli hanno proposto di pentirsi. Il boss dice di avere rifiutato (così c’è scritto nella relazione di servizio) ricordando che “lui si chiama Domenico Pagano” e che “altrimenti con le notizie che sono a sua conoscenza avrebbe fatto cadere la questura”. A moglie e figli il capocamorra confida anche che, di proposito, sta evitando la cura antirigetto dopo un trapianto di fegato: spiega che “ha iniziato a ballare e non può fermarsi” perché è quello “l’unico modo per farsi trasportare in ospedale”. Il giorno dopo quella visita, a sorpresa, Pagano viene trovato impiccato nella sua cella: morirà poche ore dopo, portando nella tomba i segreti su Lo Russo.

Ma torniamo ad Amato. L’11 aprile 2013, mentre è in corso quel che resta del processo a Pisani e dopo il suicidio di Pagano, i pm napoletani lo interrogano. Il calabrese spiega che, come affiliato al “clan catanese dei Pillera-Cappello”, a Napoli ha partecipato a due incontri nel novembre 2010 e nel febbraio 2011 (ma sulle date è confuso) fra mafiosi siciliani e camorristi sul caso Pisani. I catanesi volevano uccidere il capo della mobile, preoccupati dalle sue indagini sui poliziotti corrotti; poi era passata la linea dei boss di Scampia che propone”vano “una macchinazione destinata a screditarlo sul piano giudiziario”.

Come? “Qualcuno” racconta Amato “giunse a ipotizzare d’incolpare Pisani di corruzione versando sul suo conto denaro, naturalmente a sua insaputa”. E perché ad accusarlo avrebbe dovuto essere Lo Russo? “Era più credibile, in quanto era stato confidente di Pisani”. Di quegli incontri Amato dice di con”servare due registrazioni: la prima, cu”stodita in una pen-drive, sarebbe stata cancellata dagli agenti subito dopo il suo arresto. La seconda, riversata in un cd-rom nascosto nel doppiofondo di un mobile in casa sua, non verrà mai trovata. Ai due summit, sostiene Amato, avrebbero partecipato agenti corrotti, delle cui auto riferisce i numeri di targa.

Il 18 dicembre 2013 il Tribunale di Napoli assolve Pisani perché il fatto non sussiste. Intanto il pm di Benevento Tartaglia Polcini lavora in silenzio alla denuncia del superpoliziotto contro Lo Russo. E ai primi di aprile ne ha chiesto il rinvio a giudizio per calunnia.